A quasi sei anni dalla morte di Jeffrey Epstein, il milionario pedofilo al centro di un vasto giro di traffico sessuale internazionale, le indagini ufficiali dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia statunitense sembrano voler chiudere definitivamente il caso, con una conclusione tanto semplice quanto disarmante: nessuna prova di omicidio, nessuna lista clienti, nessun ricatto ai danni di élite politiche o finanziarie. In particolare, negare l’esistenza di una lista clienti e il conseguente ricatto dei potenti equivale a cancellare la parte più esplosiva dell’inchiesta che riguarda Epstein e la sua ex compagna, ancora in carcere, Ghislaine Maxwell.
Considerato il volume e la gravità delle irregolarità emerse negli anni successivi al decesso, la mossa dell’FBI sembra voler mettere a tacere le inchieste e le rivelazioni sconcertanti che si sono susseguite nel tempo, e sta suscitando un mix di perplessità e indignazione collettiva, a due mesi e mezzo dallo “strano” suicidio di Virginia Giuffrè, la principale accusatrice di Epstein e del principe Andrea.
Tra chi vede la vicenda come l’ennesimo cover-up globale troviamo Elon Musk, ora nemico giurato di Trump, che su X ha sbeffeggiato le conclusioni dell’indagine. In un post appare l’immagine di un timer azzerato con la scritta: «Che ore sono? Oh, guarda, è di nuovo l’ora in cui nessuno è stato arrestato…». Dopo la rottura pubblica del 5 giugno scorso con il presidente americano, l’imprenditore sudafricano aveva accusato Trump di essere «nei file di Epstein. Questo è il vero motivo per cui non sono stati resi pubblici», per poi scusarsi e cancellare il tweet.
Un decesso pieno di incongruenze
Sul caso Epstein, il 27 febbraio 2025, l’attorney general Pamela Bondi aveva reso nota una prima parte di file declassificati che, però, contenevano in gran parte documenti già trapelati, anche se mai resi pubblici ufficialmente dal governo americano. Le carte hanno suscitato delusione generale, poiché non rivelavano nulla di nuovo. Ora, secondo quanto anticipato da Axios, l’amministrazione Trump ha diffuso un video che dimostrerebbe che nessuno sarebbe entrato nel carcere la notte della morte di Epstein. Il breve filmato, datato 9 agosto 2019, mostra il finanziere mentre viene accompagnato da una guardia nella sua cella.
La ricostruzione ufficiale parla di suicidio per impiccagione. Le circostanze in cui è avvenuta la morte – il 10 agosto 2019 presso il Metropolitan Correctional Center di New York, una struttura federale ad alta sicurezza – appaiono, a dir poco, misteriose, con una lunga serie di anomalie. Il primo a suggerire che si fosse trattato di omicidio fu proprio Donald Trump, che su Twitter rilanciò alcune teorie del complotto, puntando addirittura il dito contro i Clinton.

Poche settimane prima di morire, come riportato dal Daily Mail, Epstein aveva confidato alle guardie del carcere che qualcuno voleva ucciderlo. La stessa fonte lo aveva incontrato in varie occasioni durante la detenzione, affermando che il finanziere, solitamente riservato, sembrava di buon umore: «Non c’erano segnali che potesse tentare il suicidio».
Il 23 luglio, esattamente tre settimane prima della morte, Epstein fu trovato privo di sensi nella sua cella con lesioni al collo. Il finanziere sostenne di essere stato aggredito dal suo compagno di cella, l’ex poliziotto Nick Tartaglione, 52 anni. Tartaglione, accusato di aver ucciso quattro uomini, ha negato l’aggressione. L’episodio giustificò l’inserimento nel protocollo anti-suicidio, revocato inspiegabilmente il 29 luglio, solo 12 giorni prima della morte. La sorveglianza prevista ogni 30 minuti non fu rispettata: la notte tra il 9 e il 10 agosto, i controlli non furono effettuati per quasi nove ore. Come se non bastasse, le telecamere di sorveglianza esterne alla cella risultarono malfunzionanti. I video? Danneggiati o cancellati “per errore tecnico”.
Il compagno di cella di Epstein fu trasferito poche ore prima della morte, nonostante le norme prevedano la presenza obbligatoria di un secondo detenuto. Secondo fonti citate dal Washington Post, almeno otto membri del personale del Federal Bureau of Prisons avrebbero ignorato l’ordine di non lasciare Epstein da solo. In parallelo, due guardie furono successivamente accusate di falsificazione di documenti, mentre oltre 20 membri del personale carcerario furono oggetto di mandati di comparizione. La direttrice del carcere, Shirley Skipper-Scott, fu trasferita.
L’autopsia ufficiale, firmata da Barbara Sampson, confermò la morte per impiccagione. Ma un’analisi indipendente del patologo forense Michael Baden – già coinvolto in casi celebri come quello di O.J. Simpson – evidenziò lesioni atipiche per un suicidio:
- Tre fratture nella cartilagine tiroidea e nell’osso ioide, raramente riscontrate in impiccagioni volontarie, ma compatibili con strangolamento.
- Contusioni, ematomi e ferite su polsi, spalla, labbro e braccio, né spiegate né documentate nel rapporto ufficiale.
- Presenza di capillari esplosi su viso e occhi, ulteriore segnale di strangolamento manuale secondo Baden.
Secondo il noto patologo, le lesioni – in particolare le tre fratture al collo – non sarebbero compatibili con un suicidio: «Le prove indicano un omicidio piuttosto che un suicidio», ha dichiarato in un’intervista a Fox & Friends.
A tutto questo si aggiunge un altro dato inquietante: non esiste alcuna immagine del cadavere di Epstein all’interno della cella, come confermato dalla trasmissione d’inchiesta 60 Minutes, che ha dedicato un’intera puntata alla vicenda su CBS.
La questione della “lista clienti”
L’aspetto più controverso dell’indagine dell’FBI è l’affermazione secondo cui non esisterebbero prove che Epstein tenesse una lista clienti o praticasse ricatti ai danni dei potenti.
Un’affermazione in netto contrasto con:
- Le testimonianze giurate di numerose vittime, che parlano di personalità influenti (politici, reali, banchieri, imprenditori) coinvolte nei festini con minori.
- I documenti sequestrati nella residenza di Epstein: hard disk, video, fotografie compromettenti, registri di volo del jet privato (soprannominato Lolita Express).
- Le dichiarazioni di avvocati e investigatori indipendenti, che descrivono un sistema di raccolta di materiale compromettente da usare come strumento di pressione e ricatto.
Sostenere oggi che «non ci sono prove» equivale a rimuovere decine di elementi raccolti negli anni, trasformando un caso giudiziario esplosivo in un incidente burocratico archiviato per “mancanza di evidenze”. Negare l’esistenza di una lista clienti significa cancellare la rete e, con essa, ogni complicità.
Indagine o insabbiamento?
La chiusura del caso Epstein da parte dell’FBI rappresenta, a tutti gli effetti, un esempio da manuale di gestione del danno istituzionale. Invece di fare luce sulle ramificazioni globali di un sistema di abusi con protezioni ai più alti livelli, si è scelto di archiviare il caso, tra omissioni, “errori tecnici” e silenzi strategici.

La narrazione ufficiale riduce la morte di Epstein a un evento isolato, scollegato da tutto ciò che rappresentava in vita: un nodo nevralgico nel cuore di una rete internazionale di potere, sesso, pedofilia, ricatto e manipolazione.
La domanda resta aperta: se davvero non c’è nulla da nascondere, perché è stato fatto di tutto per non vedere?
Per i suoi legami oscuri con CIA e Mossad. Come ben documentato nel libro Robert Maxwell: Israel’s Superspy (2002), il padre di Ghislaine – compagna storica di Epstein – sarebbe stato un agente di alto livello del Mossad. Robert Maxwell, imprenditore ed editore, grande antagonista di Rupert Murdoch, morì il 5 novembre 1991 alle Canarie per un presunto infarto, anche se tre patologi forensi smentirono questa ipotesi.
Secondo un altro saggio, Dead Men Tell No Tales, a introdurre Epstein nei circoli dell’intelligence israeliana sarebbe stato proprio Maxwell. Da giovane, il finanziere frequentava la casa dell’editore, dove conobbe Ghislaine, con la quale ebbe una lunga relazione.
Secondo l’ex agente del Mossad Ari Ben-Menashe, Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell avrebbero procurato ragazze minorenni a politici e potenti di tutto il mondo, per poi ricattarli per conto dei servizi segreti israeliani.
Hanno lo stesso datore di lavoro, Israele.
Ora Hollywood ci farà pure un bel thriller con finale senza sorpresa ( o forse sì, dando la colpa ai servizi russi) e noi stupidi europei daremo pure dei soldi a MGM o WB per ascoltare le parole del Potere che domina l’ Occidente.