sabato 14 Giugno 2025

Il Club Bilderberg torna a riunirsi a porte chiuse a Stoccolma

Transenne, camionette della polizia, barricate metalliche e agenti armati a presidiare ogni accesso. Attorno al Grand Hotel di Stoccolma, nel cuore della capitale svedese, si percepisce un clima di tensione. L’apparato di sicurezza è da zona rossa: la città si è blindata per accogliere la settantunesima edizione della Conferenza del Club Bilderberg, il summit più discusso (e taciuto) dell’élite globalista occidentale. Qui, lontano da occhi indiscreti e soprattutto da microfoni scomodi, si sono dati appuntamento i vertici della NATO, i commissari dell’Unione Europea, ministri e banchieri, capi dell’intelligence, insieme agli amministratori delegati delle più potenti multinazionali del pianeta.

Le riunioni del Gruppo rimangono un evento di quattro giorni estremamente riservato, frequentato dal gotha della politica e della tecnocrazia mondialista. Un incontro che dovrebbe catalizzare l’attenzione dei media globali. E invece? Il nulla. Nessuna troupe, nessun inviato, nessuna domanda, giusto qualche curioso, e qualche giornalista indipendente. Scorrendo la rassegna stampa internazionale, troviamo soltanto un breve articolo di Reuters, che prova a rassicurare i lettori descrivendo l’evento come una semplice piattaforma di dialogo euro-atlantica, e a spiegare che, secondo gli organizzatori, «la segretezza serve a permettere ai partecipanti di parlare liberamente in un clima di fiducia».

Una lettura minimalista che mal si concilia con l’ingente dispiegamento militare, il contenuto delle discussioni mantenuto rigorosamente secretato e l’impossibilità per la stampa indipendente di assistere ai lavori o quantomeno di averne resoconti accurati.

Fondato nel 1954, il Gruppo è una sorta di “NATO economica”: lo si può considerare come il consiglio d’amministrazione delle oligarchie mondialiste, che incarna lo spirito più estremo del neoliberismo e della globalizzazione. The Times, nel 1977, lo descrisse come «una congrega dei più ricchi, dei più economicamente e politicamente potenti e influenti uomini nel mondo occidentale, che si incontrano segretamente per pianificare eventi che poi sembrano accadere per caso».

Quello a cui somiglia il Bildenberg, secondo molti detrattori, è un consesso dove si applica una logica neofeudale del potere: creare un potere economico mondiale, superiore a quello politico dei singoli governi nazionali, che ha il malcelato obiettivo di dettare l’Agenda globale.

Quello che è stato divulgato è che tra i temi all’ordine del giorno di quest’anno figurano: la guerra in Ucraina, la sicurezza nazionale, l’intelligenza artificiale, l’economia statunitense, l’industria della difesa, i minerali strategici. Facile ipotizzare che vi sarà spazio anche per parlare delle tensioni in Medio Oriente, acuite dall’attacco israeliano all’Iran. Questioni che influenzano direttamente la vita di miliardi di persone e che, in una democrazia degna di questo nome, dovrebbero essere affrontate nei Parlamenti o sui tavoli istituzionali – non nei saloni ovattati di un hotel extralusso, lontano da ogni controllo democratico.

A confermare la portata dell’evento, basta scorrere la lista dei partecipanti. Tra i nomi più rilevanti figura Mark Rutte, segretario generale della NATO e ospite d’onore del summit, fresco di missione in Italia – dove ha incontrato la premier Meloni e il vicepremier Tajani – per chiedere nuovi fondi militari. Ricordiamo che lo scorso dicembre l’ex capo della NATO, Jens Stoltenberg, è stato nominato nuovo co-presidente del Gruppo Bilderberg: la sua investitura consolida il ruolo del Gruppo nel cuore della strategia transatlantica. Il Bilderberg ha sempre avuto stretti legami con le forze armate: i suoi fondatori includevano alti membri dell’intelligence britannica e americana, e un precedente leader della NATO, Lord Carrington, ha presieduto il gruppo dal 1990 al 1998.

Tra i delegati nell’elenco di quest’anno figurano anche Satya Nadella, CEO di Microsoft, e Christopher Donahue, comandante dell’esercito statunitense per l’Europa e l’Africa. Presenti anche otto esponenti di spicco dell’Unione Europea: Luis Maria Albuquerque (servizi finanziari), Magnus Brunner (affari interni), Wopke Hoekstra (clima), Michael McGrath (democrazia), Maros Sefcovic (commercio), Nadia Calvino (BEI), Paschal Donohoe (Eurogruppo) e Sophie Wilmes (vicepresidente del Parlamento europeo).

Non manca la delegazione italiana. Spicca il ritorno di Mario Monti e di Enrico Letta, nomi noti nel firmamento europeista e già habitué del Bilderberg. Confermata anche la presenza del giornalista Stefano Feltri. La vera novità, però, è la partecipazione ufficiale di un membro del governo Meloni: Valentino Valentini, viceministro alle Imprese e al Made in Italy.

Il problema non è tanto che le élite si incontrino – lo fanno da sempre – quanto che lo facciano al riparo da ogni forma di controllo democratico, nell’assenza totale di trasparenza, tra complici silenzi e connivenze giornalistiche. Non è certo una teoria del complotto sottolineare che il Club Bilderberg rappresenti l’incarnazione del potere opaco: un consesso in cui le decisioni che cambieranno il mondo vengono prese rigorosamente a porte chiuse. Ed è proprio questo il punto: il problema non è  tanto che il Bilderberg esista, ma che nessuno ne parli – nemmeno quei giornalisti che vengono invitati a partecipare alle riunioni del Gruppo e che dovrebbero, in base alla deontologia professionale, riferire cosa accade dietro le quinte del potere anziché presenziarci solo per banchettare.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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4 Commenti

  1. Il Grand Hotel di Stoccolma in questi giorni sarebbe un buon obiettivo da colpire per migliorare le sorti del pianeta. Missilino chirurgico, qualche morto civile, militare certo, forse qualche civile, inaccettabile… ma quante teste del Male decapitate in un sol colpo?
    Pensateci signori BRICS, leader mediorientali e soprattutto all’Ayatollah Iraniano: non cadere nella trappola di zio Trump, non vendicarti su Israele, colpiscili al cuore questo demoni, in modo chirurgico: a Stoccolma, alla Casa Bianca, a Roma, Parigi, Londra, Berlino. E lavora sulle masse, tanto oramai il Re è nudo e già buona parte della popolazione occidentale sarebbe disposta a ghigliottinare i propri criminali capi di Stato.

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