mercoledì 10 Dicembre 2025

Caso David Rossi, svolta in Commissione d’inchiesta: «La pista è l’omicidio»

David Rossi non si sarebbe suicidato, ma sarebbe stato buttato giù dal terzo piano di Rocca Salimbeni, sede di MPS, a due passi da Piazza del Campo. A sgombrare definitivamente il campo su quello che è successo la sera del 6 marzo 2013 a Siena, nel sancta sanctorum della più importante banca italiana, è un colonnello dei carabinieri del RIS che ha collaborato con la Commissione parlamentare d’inchiesta bis insieme al medico legale Robbi Manghi. Nell’audizione plenaria, i due consulenti hanno anticipato e illustrato gli esiti della perizia da loro curata nei mesi scorsi – la Commissione di inchiesta è stata istituita nel marzo 2023 – e che, secondo loro, porta in modo inequivocabile a parlare di “pista dell’omicidio”.

Il capo della comunicazione di Monte Paschi, 52 anni, non è quindi precipitato dal suo ufficio al quartier generale della banca, non si è buttato nel vuoto per farla finita: qualcuno lo ha prima tenuto sospeso sul vicolo e poi mollato giù. Questa è la convinzione non solo degli esperti che hanno svolto accertamenti e rilievi, elaborando la nuova perizia, ma anche della Commissione stessa che, nella persona del suo presidente, l’avvocato (penalista) Gianluca Vinci, si è espresso in modo altrettanto perentorio: «La pista adesso è quella dell’omicidio o dell’omicidio come conseguenza di altro reato, sicuramente l’hanno tenuto appeso fuori dalla finestra e le lesioni che ha sul polso sono state create o perché in maniera estorsiva volevano esporlo fuori dalla finestra per spaventarlo e poi ritirarlo all’interno, oppure è stato lasciato andare, in ogni caso si può comunque parlare di omicidio».

Lesioni non compatibili

Nel dettaglio, come ha spiegato il tenente colonnello Gregori, l’attenzione dei consulenti si è focalizzata sull’orologio di David Rossi che è piombato al suolo spezzato, in due momenti diversi. Prima la cassa, poi il cinturino. L’ipotesi fatta è che l’uomo sia stata letteralmente sospeso nel vuoto, dalla finestra, e che nel farlo gli siano state procurate tre lesioni, o meglio ferite, sul polso sinistro dove portava l’orologio. I sopralluoghi effettati nel vicolo Monte Pio, dove è precipitato David Rossi, sono stati svolti sulla dinamica del volo fatale, sulla tenuta del cinturino che si è spezzato, staccandosi dalla casa, e sulla natura delle lesioni riportate dal Rossi. E’ un dato di fatto che il responsabile comunicazione MPS non avesse quelle lesioni quando è entrato in ufficio quel giorno e le lesioni stesse non sono state causate dalla caduta. E le ferite al braccio repertate sul cadavere di Rossi sono in effetti difficilmente compatibili con quelle di una persona che decide di commettere un suicidio lanciandosi dal terzo piano.

“Lo tenevano per il polso e poi lo hanno fatto cadere”

«La perizia è molto chiara: le ferite sul polso e l’esame del video mostrano come l’orologio non fosse più al polso al momento della caduta e che, di fatto, non si possa più parlare di suicidio» ha aggiunto il presidente Vinci specificando che «grazie all’impegno e all’attività investigativa dei RIS è stato riesaminato il filmato e si vede che la cassa dell’orologio casca prima e il cinturino dopo, quindi lui cade al suolo con il polso completamente lacerato ma questo non può essere dovuto dall’impatto a terra». Che David Rossi non fosse solo al momento di cadere da Rocca Salimbeni, così come fino adesso era stato detto e scritto, tanto da portare all’archiviazione delle indagini sulla sua morte, lo ha ribadito anche il tenente colonnello Gregori: «Il dato certo è che quando David Rossi è precipitato qualcuno lo teneva per il polso sinistro appeso al balcone, era appeso al balcone con qualcuno che lo sorreggeva, almeno nell’ultimo istante, e lo teneva per il polso sinistro provocando le lesioni e il distacco dell’orologio».

Serata di morte e di misteri

Il punto fermo di queste risultanze investigative e peritali, quindi, è che in buona sostanza Rossi sia stato tenuto per il braccio e sospeso nel vuoto, prima di essere letteralmente mollato per poi cadere rovinosamente al suolo. E quindi che non fosse solo al momento dei fatti, come era stato sostenuto fino adesso. Va anche ricordato che la parte finale del suo volo, la caduta sul selciato e la sua agonia di oltre venti minuti, e quanto accaduto quella sera è stato ripreso dalle videocamere collocate dietro al palazzo MPS. La numero sei, in particolare, fa vedere tra l’altro due uomini avvicinarsi al corpo riverso per terra, guardarlo, guardarsi in giro e poi scomparire. E’ solo una delle tante anomalie di quello che è stato definito suicidio anomalo e poi giallo, prima di diventare – grazie al lavoro della Commissione del presidente Vinci – un caso da valutare sotto alla luce dell’omicidio. Organo bis perché creata dopo che una prima Commissione era già stata istituita, e forse una delle prime nella storia repubblicana, se non la prima in assoluto, che porta elementi concreti per fare luce su un caso e su un mistero italiano, a differenza di (quasi) tutti gli organismi parlamentari che in precedenza hanno cercato inutilmente di fare luce sui tanti misteri e dolori di questo Paese nel dopoguerra. Non a caso, ha detto qualcuno, «se in questo Paese vuoi insabbiare qualcosa, crea una commissione».

Guardia di Finanza a Rocca Salimbeni

La morte di David Rossi è una vicenda costellata di elementi mai chiariti e di indizi che non hanno trovato un approfondimento giudiziario e rientra in una vicenda molto più grande, che all’epoca dei fatti riguardava MPS, il colosso bancario senese che aveva il fiato sul collo della Guardia di Finanza per le indagini sull’acquisizione di Banca Antonveneta e della quale si parlava di scandali con sospetti di bancarotta. I finanzieri avevano perquisito casa e ufficio di David Rossi, che non era indagato, oltre a quelle del presidente, Giuseppe Mussari e del direttore generale Antonio Vigni. La sera dei fatti, peraltro, sono successe cose molto strane proprio nell’ufficio di Rossi, che aveva mandato una mail nel corso di quella stessa giornata annunciando il suo suicidio, se non fosse stato aiutato. Un particolare sull’autenticità del quale sono stati sollevati molti dubbi, così come ci si è chiesti a lungo come mai non siano mai stati fatti accertamenti ematici e biologici sui fazzoletti intrisi di sangue e trovati nella stanza della vittima. In quel contesto, tra l’altro, le dichiarazioni del comandante provinciale dei carabinieri, Pasquale Aglieco, rilasciate alla precedente Commissione parlamentare, hanno scatenato a suo tempo polemiche e veleni, oltre a porre le premesse per un’inchiesta giudiziaria che ha riguardato nientemeno che tre pubblici ministeri. Aglieco infatti ha ricordato che quella sera, per caso, si è trovato a passare nelle vicinanze del vicolo – dove erano in funzione dodici telecamere, anche se una sola ha ripreso i fatti –, ha riconosciuto il corpo di Rossi a terra e ha gestito nei primi momenti la situazione. Ha raccontato, anche, che tre pm – che indagavano sui fatti della banca – sono stati nell’ufficio di Rossi prima dell’arrivo degli inquirenti, e la mancata verbalizzazione di questo particolare, oltre ad altri fatti, ha portato la procura di Genova ad aprire un fascicolo – poi archiviato – proprio sui tre pm per falso ideologico aggravato e omissione del sopralluogo.

Nuova inchiesta

Una serie di circostanze mai chiarite e che hanno reso impossibile squarciare il velo plumbeo intorno alla fine del responsabile comunicazione MPS, ma che ora potrebbero essere rivalutate e di nuovo verificate se sarà accolta la richiesta dei familiari di riaprire la vicenda e procedere ad una nuova inchiesta. Tutto da rifare e tutto da capire, quindi, dopo 12 anni e tra l’altro un coprifuoco mediatico che aveva sbrigativamente tacitato i tanti dubbi su un suicidio che è apparso da sempre molto strano. Perché se sembra ormai assodato che David Rossi non si sia suicidato, restano da chiarire i motivi per i quali potrebbe essere stato ucciso: se c’è un delitto, ci deve essere per forza anche un movente.

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Salvatore Maria Righi

Giornalista professionista dal 1992, è stato per 15 anni caposervizio e inviato della redazione romana del quotidiano L’Unità, occupandosi di inchieste di cronaca e criminalità. Per L'Indipendente cura la rubrica "pagine oscure d'Italia"

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