giovedì 26 Giugno 2025

La controversa nuova etichetta alimentare svizzera sui cibi animali

Dal 1° luglio 2025, in Svizzera (ma non nell’UE), entrerà in vigore una nuova norma che impone l’obbligo di indicare sugli imballaggi esterni dei prodotti di origine animale se, durante il ciclo produttivo dell’alimento, sono state impiegate pratiche dolorose per gli animali. Tra questi prodotti rientrano, per esempio, il latte proveniente da mucche sottoposte a cauterizzazione dell’abbozzo corneale senza anestesia, oppure la carne bovina di animali decornificati o castrati senza anestesia. Si tratta di pratiche molto diffuse negli allevamenti industriali e particolarmente dolorose se eseguite senza anestesia.

Basti pensare alla cauterizzazione delle corna, chiamata anche decornazione: consiste nell’eliminazione delle corna attraverso la distruzione dell’anello di crescita mediante calore. Questo intervento viene effettuato quando i bovini sono molto giovani, generalmente entro le tre o quattro settimane di vita, quando le corna non sono ancora sviluppate. Prima si esegue la cauterizzazione, minori saranno il dolore e lo stress per il vitello. Solitamente si utilizza un ferro caldo dopo avere anestetizzato la zona con anestesia locale, ma esistono anche altri metodi, come il taglio con coltelli o seghe, oppure l’applicazione di una pasta caustica. Quest’ultima viene usata nei vitelli di età inferiore ai due giorni: si rasano i peli attorno al corno e si applica la pasta sul germoglio e alla base, in corrispondenza delle cellule di crescita. La pasta uccide l’anello di crescita, e il corno si stacca come una crosta, una volta guarita la ferita. Tuttavia, questo metodo comporta il rischio di lesioni agli occhi o ad altri tessuti, specialmente in caso di pioggia.

Queste pratiche sono infatti vietate da tempo sul territorio svizzero, e il Governo federale ha voluto rafforzare la trasparenza verso i consumatori, permettendo loro di compiere scelte più consapevoli e informate attraverso l’obbligo di etichette che segnalino, quando presenti, tali interventi. È previsto un periodo di transizione di due anni per permettere ai produttori di adeguarsi al nuovo sistema, ma il provvedimento entrerà in vigore già a partire da luglio 2025, ovvero tra pochissimi giorni. Il Governo federale svizzero rivendica che, con questa legge, si vuole offrire maggiore trasparenza e informazione per guidare le scelte di acquisto dei cittadini:

«Al momento dell’acquisto di derrate alimentari di origine animale, come carne, latte o uova, i consumatori avranno accesso a informazioni supplementari sul metodo di produzione. In questo modo potranno sapere se tali alimenti sono stati ottenuti tramite interventi dolorosi eseguiti senza anestesia, come nel caso della castrazione o della decornazione, oppure senza stordimento. Anche il fegato e la carne derivanti dall’alimentazione forzata di oche e anatre saranno soggetti all’obbligo di caratterizzazione. La cosiddetta alimentazione forzata è vietata in Svizzera da oltre 40 anni, ma è ancora consentita all’estero».

Gli alimenti interessati

I prodotti soggetti al nuovo obbligo di etichettatura sono i seguenti:

  • carne bovina da animali sottoposti a decornazione o castrazione senza anestesia;
  • carne suina da animali che hanno subito il taglio della coda, la resezione dei denti o la castrazione senza anestesia;
  • uova e carne di pollame sottoposto a taglio del becco senza anestesia;
  • latte da vacche decornificate senza anestesia;
  • cosce di rana ottenute senza stordimento dell’animale;
  • fegato e carne di oche e anatre alimentate forzatamente.

In pratica, sulle confezioni di latte, uova, carne o formaggi verranno apposte diciture molto esplicite, simili a quelle presenti sui pacchetti di sigarette, del tipo: «sono state usate pratiche dolorose per l’animale».

Verso il benessere animale?

Dopo questa novità introdotta dal governo svizzero — uno dei primi tentativi in Europa (esiste un’etichettatura simile anche in Danimarca) e nel mondo — possiamo trarre alcune considerazioni più ampie, utili a comprendere meglio la questione.

Anzitutto, va apprezzata la volontà di promuovere maggiore trasparenza verso i consumatori: il benessere animale, i maltrattamenti e le sofferenze inflitte negli allevamenti intensivi sono ormai temi centrali per un’ampia fetta della popolazione. Un’etichetta chiara e dettagliata consente scelte di acquisto più consapevoli e volontarie. Tuttavia, si tratta solo di un primo, piccolo passo nella giusta direzione, non certo del traguardo finale. È un provvedimento ancora insufficiente se vogliamo parlare di vero benessere animale e di allevamenti privi di pratiche crudeli. Infatti, interventi come il taglio della coda o del becco, la castrazione, la decornazione, la stabulazione permanente all’interno di capannoni, l’inseminazione forzata ricorrente e altri tipici dell’allevamento industriale non verranno affatto eliminati da questo provvedimento, che peraltro riguarda solo la Svizzera.

Si continuerà quindi con gli allevamenti intensivi, un metodo intrinsecamente legato al maltrattamento animale, alla crescita forzata, alla reclusione in ambienti chiusi e alla somministrazione continua di farmaci, con conseguenze gravi per la salute e per l’ambiente. I prodotti alimentari derivanti da questo tipo di filiera continueranno a essere di qualità discutibile e talvolta persino dannosi, come ormai ampiamente noto. Il fatto che alcune di queste pratiche vengano ora esplicitamente indicate sulla confezione non equivale purtroppo al raggiungimento dell’obiettivo più importante: allevare gli animali in modo etico e rispettoso della loro biologia, senza forzarli per ragioni di profitto, come accade da decenni.

Certo, questo provvedimento della Svizzera rappresenta comunque un piccolo ma significativo passo, che potrebbe fungere da esempio per altri Stati e favorire futuri miglioramenti.

Infine, è bene ricordare che esistono già aziende e allevamenti che, per filosofia aziendale, adottano spontaneamente pratiche naturali e non dolorose nei confronti degli animali. Non tutti i prodotti di origine animale in commercio provengono dunque dall’industria, né rappresentano necessariamente un simbolo di maltrattamento. Sta a noi, consumatori consapevoli, informarci sulle modalità di produzione del cibo che acquistiamo. Abbiamo già affrontato in passato i temi dell’allevamento e dell’agricoltura rigenerativa, dei piccoli produttori e dei circuiti virtuosi come i GAS o i supermercati autogestiti, nei quali è possibile trovare alimenti provenienti da filiere molto diverse da quelle industriali della grande distribuzione.

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Gianpaolo Usai

Educatore Alimentare, ha conseguito nel 2014 il Diploma di Nutrizione presso il College of Naturopathic Medicine (UK). Fondatore di ciboserio.it, il portale sulla spesa sana e l’educazione alimentare. Si occupa dello sviluppo di progetti di educazione alimentare in tutta Italia.

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