giovedì 19 Giugno 2025

7 azioni che tutti possono fare per aiutare Gaza

Davanti alle immagini desolanti della popolazione di Gaza costretta alla fame dallo Stato di Israele, davanti ai bombardamenti che hanno ucciso più di 50 mila persone, tra cui 20.000 bambini, niente sembra fermare l’impunità di cui gode il governo israeliano. Seguendo quanto accade dal flusso degli smartphone, il rischio di far vincere sconforto e inerzia è concreto, ma sarebbe un errore. Molti ci scrivono quotidianamente per chiedere cosa si può fare concretamente per provare a incidere: per aiutare concretamente la gente di Gaza; per spingere i governi che fiancheggiano il genocidio israeliano a cambiare le proprie politiche; per colpire le aziende che non agiscono in modo responsabile e finanziano l’occupazione. La buona notizia è che è possibile farlo, che decine di migliaia di persone nel mondo lo stanno già facendo e che – come vedremo – stanno già cambiando molte cose. Per questo abbiamo preparato un breve vademecum, compilato con l’aiuto di attivisti e organizzazioni che si occupano dei diritti dei palestinesi, completo di sette azioni che tutti quanti possono facilmente mettere in atto per aiutare la Palestina (e sanzionare Israele e chi la fiancheggia) in modo concreto.

1. Spesa critica e boicottaggio

Manifestazione davanti a un supermercato Carrefour per il boicottaggio in solidarietà con la Palestina

Il potere dei cittadini passa anche dall’essere consumatori, ed esserlo in modo critico è fondamentale. Il boicottaggio è una forma di protesta estremamente efficace, perché può essere portata avanti da tutti (ognuno di noi è un consumatore) e perché colpisce le aziende dove sono più vulnerabili: nel profitto. Il consumo critico e il boicottaggio sono armi non violente che funzionano. La prova è data dal fatto che Israele le teme al punto da aver inserito l’organizzazione BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), che mobilita le campagne di boicottaggio contro l’occupazione della Palestina, nella lista delle “organizzazioni terroristiche”.

Su internet girano molte liste dei prodotti da boicottare, ma è essenziale, per avere efficacia, che le campagne di boicottaggio siano strategiche e con obiettivi chiari. Per questo la lista di marchi e aziende da evitare proposta da BDS è circoscritta, in modo da avere un reale impatto. Non sono troppi i marchi da tenere a mente quando si fanno acquisti, e basta un minimo di attenzione per seguirla.

Ad esempio: quando si fa la spesa è importante evitare i supermercati della catena francese Carrefour, azienda che sostiene l’approvvigionamento dei militari israeliani e trae profitto dall’occupazione illegale (il boicottaggio l’ha colpita al punto che ha dovuto chiudere i battenti in diversi Paesi). Mentre tra i prodotti da evitare figurano quelli del marchio Danone, della Nestlé e di Coca-Cola.

Anche le catene di fast food McDonald’s, Burger King e Starbucks collaborano attivamente nel rifornimento dell’esercito israeliano, e sono incluse nella lista.

Quando acquistate un computer, una stampante o altri dispositivi tecnologici, è importante evitare i prodotti a marchio HP, multinazionale statunitense che fornisce a Israele le tecnologie biometriche utilizzate per sorvegliare i palestinesi. Sotto boicottaggio c’è anche la Siemens, azienda attiva nella proliferazione delle colonie israeliane in territorio palestinese attraverso la costruzione del progetto dell’Interconnettore EuroAsia. Mentre, a testimoniare che il boicottaggio funziona, c’è il caso della multinazionale Intel, che, dopo essere stata al centro della campagna BDS, è corsa ai ripari sospendendo un investimento da 25 miliardi di dollari in Israele, ma rimane ancora tra i marchi da evitare fino a quando non cesserà anche le altre collaborazioni in atto.

Tra le piattaforme video è sotto boicottaggio Disney+. Mentre tra i prodotti sportivi figura Reebok. Non c’è più Puma, che proprio a causa della campagna BDS ha rinunciato al contratto che aveva siglato per divenire sponsor tecnico della Federazione Calcio israeliana.

Se dovete affittare, vendere o acquistare casa, va evitato di affidarsi all’agenzia immobiliare Remax, che trae profitti dalla compravendita di case costruite nelle colonie israeliane, sulle terre rubate ai palestinesi.

La lista completa dei marchi interessati dal boicottaggio si trova sul sito della campagna BDS e anche su L’Indipendente. In aggiunta è possibile utilizzare applicazioni per lo smartphone come Boycat o No Thanks che identificano i marchi corresponsabili del genocidio in corso.

2. Scegliere coscientemente la propria banca

Oltre alla spesa consapevole, è bene prestare attenzione anche agli istituti bancari ai quali affidiamo i nostri soldi; molte delle banche più note collaborano attivamente con gli interessi israeliani e, più in generale, con il mercato delle armi. Intesa Sanpaolo, Unicredit, BPER, Allianz, BNP Paribas, Crédit Agricole sono i principali istituti bancari che non presentano sufficienti regole etiche. Affidare i propri risparmi a istituti bancari alieni da finanziamenti ad aziende produttrici di armi o banche attive in campagne per la Palestina può fare la differenza. Banca Etica è l’unico istituto bancario in Italia che esclude qualsiasi finanziamento all’industria delle armi, mentre Cassa Centrale Banca, Banco BPM e Cassa Depositi e Prestiti propendono a ridurre il supporto diretto al settore militare e ad adottare una maggiore trasparenza operativa. Maggiori informazioni sulle banche da evitare e da scegliere sono presenti in questo articolo.

3. Azioni di diffusione e mail bombing

Affinché le campagne di boicottaggio producano effetto, può essere importante anche fare un passo ulteriore: non solo astenersi dall’acquisto dei prodotti indicati, ma anche comunicare le ragioni della scelta. Se avete in corso un abbonamento a Disney+ e intendete disdirlo, ad esempio, spiegate via mail che la vostra rinuncia è dettata dalla vostra adesione alla campagna di boicottaggio. Per le aziende, avere la consapevolezza che il motivo per il quale stanno perdendo profitti è la loro complicità con Israele è essenziale per indurle a cambiare atteggiamento.

Inoltre, può essere importante aderire alle campagne di pressione che vengono organizzate, sotto forma di mail bombing, petizioni e altre azioni comunicative.

L’Indipendente ha messo in atto la campagna “Netanyahu criminale di guerra”, attraverso la quale è possibile scaricare un kit dell’attivista dove si trovano file da stampare e far girare. Inoltre, si può trovare un messaggio di testo da diffondere via mail a tutte le principali redazioni giornalistiche italiane e far sentire la propria voce. Inondare le caselle mail delle varie istituzioni mediatiche e politiche può essere un’ulteriore maniera per alzare la voce.

4. Informare e condividere

Apprendere e diffondere notizie corrette è essenziale per diffondere un’informazione veritiera su quanto sta accadendo. Sappiamo che la grande maggioranza della stampa non fa un lavoro corretto quando parla di Palestina. Per questo, anche per quanto riguarda le fonti d’informazione, è importante scegliere bene e attuare un boicottaggio selettivo.

Non sta a noi dirvi quali testate seguire o meno. Ma possiamo suggerirvi qualche buona pagina in lingua italiana (ottimo il lavoro del centro di documentazione Invicta Palestina e dell’agenzia di stampa InfoPal), nonché qualche pagina social come Eye On Palestine.

Se invece volete conoscere a fondo la storia della Questione Palestinese e comprenderla per bene, potete leggere e consigliare i libri di Ilan Pappè, Francesca Albanese, Edward Said e Arturo Marzano. Oppure il libro curato direttamente dalla redazione de L’Indipendente: Palestina Papers.

5. Entrare in azione

Azione del gruppo Palestine Action contro una sede scozzese dell’azienda di armi italiana Leonardo SPA(foto di Palestine Action)

In tutto il mondo sono attivi gruppi che, in forme più o meno radicali, cercano di fare atti concreti per aiutare Gaza e per colpire gli interessi israeliani e delle aziende che cooperano attivamente al genocidio. Dai gruppi BDS, attivi anche in molte città italiane, ai tanti comitati e gruppi locali che in ogni città praticano azioni concrete per sensibilizzare l’opinione pubblica o sanzionare le aziende complici, fino ai sindacati di base che cercano di fermare, nei porti di tutta Europa, merci e armamenti destinati a Tel Aviv. Unirsi ai gruppi locali che cercano di attuare strategicamente campagne per sanzionare e colpire l’apartheid israeliana è importante. In alternativa, molte di queste esperienze hanno attive raccolte di fondi che vengono usati per organizzare azioni o sostenere le spese legali degli attivisti colpiti dalla repressione: anche un aiuto monetario rappresenta un’azione concreta per aiutare indirettamente il successo di queste iniziative.

6. Manifestare

Scendere in piazza e far sentire la propria voce resta un’azione importante, quantomeno per far vedere che tantissimi cittadini non intendono assistere senza far nulla e obbligare i media a parlare di Palestina. Da mesi, le manifestazioni sono tante e ripetute su tutto il territorio italiano, incluse le città più piccole. Spesso le manifestazioni sono coordinate e supportate dall’Associazione dei Palestinesi in Italia (API) e da Giovani Palestinesi Italia (GPI). Seguirle su internet o sui social vi terrà informati.

7. Aiutare raccolte fondi e campagne di solidarietà

Ultimo, ma non per importanza: aiutare, ognuno secondo le proprie possibilità, le organizzazioni che agiscono concretamente per assistere i palestinesi con delle donazioni. Le possibilità sono tante; noi, in questa breve guida, ne citiamo alcune, scelte per il fatto di essere direttamente presenti a Gaza, sufficientemente trasparenti e degne di fiducia.

Tra queste vi sono gli Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese, associazione che lavora attivamente in Palestina specializzandosi sull’infanzia e la maternità, e contribuisce al sostegno delle bambine e dei bambini palestinesi; SOS Gaza e 100×100 Gaza, promossa dall’ONG Associazione di Cooperazione e Solidarietà e Gaza Freestyle; EmergenzaGaza, rete italo-gazawi che conduce progetti umanitari nella Striscia di Gaza; eSims for Gaza, promossa da Connecting Humanity, un’iniziativa finalizzata a garantire accesso a Internet alla popolazione di Gaza, costretta a frequenti blackout di rete generati dalle milizie israeliane.

La nostra azione per Gaza

Anche noi de L’Indipendente abbiamo scelto di fare la nostra parte, nella convinzione che lo scopo del giornalismo non sia solo raccontare, ma agire concretamente per migliorare le cose. Per questo, destineremo tutto l’incasso dei nuovi abbonamenti al nostro giornale sottoscritti dal 16 al 22 giugno 2025 direttamente alla Al Awda Health and Community Association (AWDA), organizzazione non governativa di medici palestinesi che gestisce l’Ospedale Al-Awda di Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, e l’ospedale da campo Al-Awda Field Hospital 1 a Gaza City. Abbonarvi in questi giorni è quindi un modo concreto per aiutare direttamente i medici palestinesi che ogni giorno operano per salvare vite a Gaza e, insieme, per garantirvi un’informazione imparziale e senza padroni, non solo sulla Palestina. Tutti i dettagli dell’iniziativa (improntati alla massima trasparenza) sono disponibili a questo link, mentre per aderire si può cliccare sulla finestra interattiva sottostante.

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