martedì 15 Ottobre 2024

I nativi americani pretendono giustizia per la devastazione subita da uranio e test atomici

Una delegazione composta da membri della comunità della Nazione Navajo, dei Pueblo di Laguna e dei Pueblo di Acoma, così come delle tribù Hopi e Zuni, si è recata a Washington per incontrare il Presidente della Camera degli Stati Uniti, Mike Johnson. Il motivo della visita è stato discutere l’estensione del Radiation Exposure Compensation Act (RECA), una legge approvata per la prima volta nel 1990, che avrebbe dovuto garantire risarcimenti e prestazioni sanitarie alle vittime dell’esposizione alle radiazioni causata dall’estrazione dell’uranio e dai test nucleari, legati a un aumento significativo di malattie. Tuttavia, le vittime dell’esposizione all’uranio sono state trascurate dalla burocrazia e continuano a lottare per soddisfare le loro esigenze mediche. Al punto che, ad esempio, tra i minatori Navajo la probabilità di sviluppare il cancro o malattie rare è di 28,6 volte maggiore rispetto al resto della popolazione.

Il 24 settembre, la delegazione si è riunita nell’atrio del Cannon House Building con l’intento di consegnare direttamente al Presidente della Camera, Mike Johnson, le storie di sofferenza vissute dalle proprie comunità. La richiesta formulata è quella di estendere la durata del Radiation Exposure Compensation Act (RECA), in scadenza a giugno prossimo, affinché le persone malate non siano lasciate senza mezzi economici per le cure.

La marcia dei delegati indigeni si è conclusa con una conferenza stampa insieme ad alcuni senatori. Nella sala, le persone tenevano le foto dei loro familiari perduti a causa delle radiazioni. «Erano circa le 3 del mattino quando il sole è sorto nel New Mexico. Non era l’alba a cui eravamo abituati. Era il Trinity Test», ha detto Gabe Vasquez, riferendosi al  test atomico condotto nell’ambito del Progetto Manhattan, che portò alla costruzione della prima bomba atomica. Il 16 luglio 1945, nel deserto della Jornada del Muerto, in New Mexico, l’alba arrivò prima del solito. L’esplosione avvenne nel sito militare USAAF Alamogordo Bombing and Gunnery Range. Da quel momento, gli Stati Uniti hanno condotto circa un migliaio di test atomici, la maggior parte dei quali in siti militari situati nei deserti, ai confini delle riserve indiane.

Uno studio condotto dal Dipartimento dell’Energia nel 2022 ha rivelato che l’11% delle miniere di uranio si trova su terreni tribali e che queste miniere rappresentano la maggior parte della produzione di uranio degli Stati Uniti. Dei 75,9 milioni di tonnellate di minerale estratto per scopi legati alla difesa, quasi 52 milioni di tonnellate provengono dalle miniere situate sui territori Navajo e Pueblo. Lo studio si basa sul lavoro iniziato dal Dipartimento dell’Energia nel 2014, quando ha pubblicato vari rapporti sull’estrazione dell’uranio.

Anche a fini di controllo e repressione molte delle riserve indiane sono state collocate in prossimità di basi militari statunitensi. Proprio ai margini delle zone dei test atomici risiedono ampie comunità nativo-americane confinate all’interno di queste riserve. Inoltre, a causa delle difficili condizioni economiche, per decenni le comunità locali sono state impiegate principalmente come forza lavoro nell’estrazione dell’uranio. In particolare, le popolazioni indigene del Sud-Ovest degli Stati Uniti continuano a subire le conseguenze delle radiazioni e chiedono che il governo federale non le abbandoni.

[di Michele  Manfrin]

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