lunedì 7 Ottobre 2024

Ex Ilva, processo da rifare: annullata la condanna per disastro ambientale

Tutto da rifare per il processo sul presunto disastro ambientale causato dall’Ilva. Nella giornata di ieri la Corte d’Assise d’Appello di Taranto, sede distaccata della Corte di Appello di Lecce, ha infatti deciso di annullare il verdetto di primo grado con cui, nel maggio del 2021, erano state comminate significative condanne a 26 dei 37 imputati al processo denominato “Ambiente svenduto”. I giudici hanno accolto la richiesta avanzata dalla difesa della famiglia Riva – che ha gestito l’azienda dal 1995 al 2012 – di spostare il processo a Potenza, dal momento che i giudici di primo grado, residenti a Taranto, sarebbero stati a loro volta «parti offese» nel procedimento, ovvero vittime dello stesso potenziale reato che avevano il compito di giudicare, non potendo dunque avere la «giusta serenità» per pronunciarsi.

Dando lettura del dispositivo dell’ordinanza (le motivazioni verranno pubblicate entro due settimane), i giudici hanno dichiarato la competenza funzionale del Tribunale di Potenza, dove il processo ripartirà da zero. Si è arrivati a tale decisione dopo che, in sede di appello, i legali di alcuni imputati avevano rilevato che una serie di giudici risiedevano nei medesimi quartieri in cui abitavano persone che, costituitesi parti civili nel processo, si erano visti riconoscere il diritto a ricevere un risarcimento per il danno subìto. Gli imputati dovevano rispondere di diversi reati, fra i quali concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. In primo grado, il 31 maggio 2021, si arrivò alle condanne dei vertici dell’ex Ilva, in particolare di Fabio e Nicola Riva, cui furono inflitti rispettivamente con 22 e 20 anni di carcere, e di altre 24 persone. Tra queste, anche il capo delle relazioni istituzionali dell’azienda, poi deceduto, Girolamo Archinà (21 anni e sei mesi) e l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso (21 anni). A subire condanne erano stati anche noti esponenti del mondo della politica come l’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola (3 anni e 6 mesi per concussione aggravata) e l’ex presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido (3 anni). Con la sentenza fu inoltre disposta la confisca degli impianti e dell’equivalente di 2,1 miliardi di euro per illecito profitto di tre società dell’ex Ilva. Appresa la notizia del pronunciamento dei giudici di appello, le associazioni ambientaliste hanno fatto sentire la loro voce. In particolare, Peacelink ha evidenziato il rischio impunità per molti personaggi coinvolti, affermando che l’annullamento del processo di primo grado e il suo spostamento a Potenza «significherebbe un allungamento dei tempi della giustizia e un rischio concreto di prescrizione per reati gravissimi come la concussione e, probabilmente, l’omicidio colposo».

Il primo intervento della magistratura sulla questione Ilva ha avuto luogo nel 2012, quando la procura di Taranto ordinò il sequestro degli altiforni, valutati come altamente inquinanti. Dall’anno successivo, in seguito al decreto di commissariamento approvato dal governo, la capacità produttiva degli impianti dell’acciaieria si è ridotta; al contempo, si è cercato di mettere mano a programmi per il risanamento degli ambienti. Nel 2018 è intervenuto l’acquisto dello stabilimento del colosso dell’acciaio franco-indiano Ancelor Mittal, che avrebbe dovuto risanare l’azienda ma che ha fallito nell’impresa. Nel marzo 2023 il Parlamento ha approvato un decreto con cui ha consentito lo stanziamento da parte dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo del Ministero dell’Economia di 680 milioni ad Acciaierie d’Italia come anticipazione dell’aumento di capitale previsto per il 2024. Nel febbraio 2024, il Tribunale fallimentare di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza per Acciaierie d’Italia spa. Nemmeno due settimane dopo, il Parlamento ha approvato il decreto salva-Ilva, con cui sono divenute definitive le misure urgenti per consentire l’avvio della procedura di amministrazione straordinaria per Acciaierie d’Italia e lo stanziamento del prestito-ponte di 320 milioni. Un mese e mezzo fa, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha infine pubblicato il bando per la vendita dell’Ex Ilva di Taranto, dando ufficialmente il via alla procedura per cedere Acciaierie d’Italia. Le manifestazioni di interesse dovranno essere presentate entro il 20 settembre, richiedendo un impegno da parte dei partecipanti per lo sviluppo della società e delle sue controllate, oltre che per la decarbonizzazione e il mantenimento dei livelli occupazionali.

[di Stefano Baudino]

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