lunedì 29 Aprile 2024

Per il Ponte sullo Stretto lo Stato pagherà indennizzi a ‘ndranghetisti e parenti dei boss

Nell’ambito degli espropri per la realizzazione del Ponte sullo Stretto, parenti dei boss della cosca Mancuso e condannati per reati di ‘ndrangheta otterranno – in maniera del tutto legale – denari da parte dello Stato. Sulla base del progetto definitivo pubblicato dalla società Stretto di Messina Spa e dal Consorzio Eurolink guidato da Webuild, emerge infatti che nella zona rurale chiamata “Petto”, a Limbadi (Vibo Valentia) sorgerà il deposito di materiale inerte (Cra3). Per poter procedere, però, lo Stato dovrà espropriare più di 70mila metri quadrati di territorio, di cui circa 60mila appartengono ai familiari dei capi della potentissima cosca dei Mancuso. Nella lista figura anche il nome dell’imprenditore Francesco Naso – cui saranno espropriati circa 2. 700 metri quadri di terreni – il quale è stato punito, in primo grado, con 18 anni di carcere per associazione mafiosa al Maxiprocesso Rinascita Scott. Secondo le risultanze dell’inchiesta, attraverso la sua azienda Naso riforniva il clan di materiali edili, ricevendo in cambio di vantaggi sul territorio.

All’interno del progetto definitivo, pubblicato dalla Stretto di Messina S.p.A., si spiega che alcune zone, anche molto lontane da dove sorgerà il ponte – fino a decine di chilometri di distanza -, verranno utilizzate come deposito per i materiali di scarto dei cantieri per la costruzione dell’opera, in Calabria come in Sicilia. Sul versante calabrese, il sito più distante dal ponte sarà quello disegnato tra i comuni di Limbadi e Nicotera, in provincia di Vibo Valentia, dove sorgerà un’area funzionale a “deposito e recupero ambientale”, denominata Cra 3. Proprio in tale cornice, in vista della realizzazione del Ponte sullo Stretto, lo Stato esproprierà due terreni – uno nel territorio di Nicotera, l’altro in quello di Limbadi – a Carmina Antonia Mancuso, figlia dello storico capo mafia Francesco Mancuso, morto nel 1997, che da latitante riuscì addirittura a diventare il candidato più votato alle elezioni amministrative di Limbadi all’inizio degli anni Ottanta. Sulla base di quanto scritto nel progetto, l’area che verrà espropriata ai Mancuso, di circa 60mila metri quadrati, è “una superficie posta su un rilievo collinare, un tempo utilizzata come cava di inerti per la produzione di calcestruzzo e dei rilevati compresi nelle opere di costruzione del porto di Gioia Tauro“. Si tratta di un sito che ora “giace in stato di degrado e abbandono”, dal momento che l’attività estrattiva “nel corso degli anni ne ha modificato l’assetto originario e oggi appare profondamente deturpata, con spaccature e fratture ben visibili, anche a molti chilometri di distanza”. Ma, per espropriarla e poi lavorare per restituirla “all’ambiente naturale e alla collettività”, lo Stato dovrà pagare i suoi proprietari – le cifre alla base dell’operazione non sono ancora note –, i quali portano un cognome a dir poco pesante.

Oltre alla figlia di Francesco Mancuso, verranno risarciti anche altri appartenenti alla famiglia, tra cui nipoti e pronipoti di Luigi Mancuso, altro storico capo ‘ndrangheta, attualmente recluso al 41-bis. In alcuni casi ci sarà una perdita irreversibile dei beni immobili, in altri solo un’occupazione temporanea dei terreni. Altro beneficiario degli indennizzi sarà Francesco Naso, imprenditore su cui pesa una condanna a 18 anni di carcere al Maxiprocesso “Rinascita Scott”. Secondo la DDA di Catanzaro, che aveva allora a capo Nicola Gratteri, Naso che (sempre in primo grado), ha rimediato una condanna a 18 anni per associazione mafiosa. Per la Dda di Catanzaro, allora guidata da Nicola Gratteri, Naso avrebbe fornito in maniera gratuita cemento e materiali edili al clan, che a sua volta gli avrebbe garantiti una “posizione dominante” sul territorio. A Naso verranno espropriati circa 2.700 metri quadri di terreni, comprendenti pascoli o uliveti, dietro il pagamento di una cifra. Un meccanismo assolutamente legale – occorre ovviamente ricordarlo -, ma che fisiologicamente desta molte perplessità. E, probabilmente, anche qualche imbarazzo.

[di Stefano Baudino]

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