sabato 27 Aprile 2024

In Lombardia l’inquinamento atmosferico aumenta del 25% a causa degli allevamenti intensivi

Una nuova ricerca ha fatto chiarezza sul ruolo giocato dagli allevamenti intensivi nel determinare la pessima qualità dell’aria in Lombardia. Lo studio, pubblicato su Environmental Impact Assessment, specifica che l’allevamento di bovini e suini potrebbe aumentare anche di oltre il 25% l’inquinamento atmosferico locale. Secondo i risultati dell’analisi, in particolare, un aumento di 1000 unità di bestiame, corrispondente rispettivamente all’1% e allo 0,3% della popolazione media di bovini e suini in una data unità di area, provoca un corrispondente aumento giornaliero delle concentrazioni di ammoniaca e polveri sottili PM10. L’aumento è risultato più marcato nel caso degli allevamenti bovini, ovvero, +0,26 microgrammi su metro cubo (μg/mc) per l’ammoniaca e +0,29 μg/mc per il PM10, contro i +0,01 e +0,04 μg/mc registrati per i suini. Un dato di particolare rilievo, specie se guardato nell’attuale contesto di politiche di contrasto alle emissioni inquinanti. Risulta ad esempio ancor più paradossale che l’Unione Europea, sotto pressione dell’Italia e altri Paesi conservatori, abbia approvato la nuova direttiva per la riduzione delle emissioni inquinanti tenendo fuori proprio gli allevamenti intensivi di bovini.

È noto da tempo che la zootecnia contribuisce significativamente alle concentrazioni di inquinanti atmosferici pericolosi per la salute, tuttavia l’opinione pubblica fa ancora fatica a mettere alla gogna il settore. Allevamento e agricoltura, soprattutto attraverso la gestione delle deiezioni animali e l’uso di fertilizzanti, sono in particolare responsabili di copiose emissioni di ammoniaca, una sostanza che fa da precursore al più grave inquinamento atmosferico da polveri sottili. Stiamo parlando del cosiddetto particolato, fine (PM10) o ultra-fine (PM2,5), che in Italia è responsabile di oltre 50 mila morti premature l’anno. Il dato peggiore, come ormai è noto, lo registra proprio la Pianura Padana. «I suoi livelli record di particolato, soprattutto in inverno – ha spiegato Jacopo Lunghi, primo autore della ricerca – la rendono una delle aree più inquinate d’Europa. Indagare le fonti di quest’aria malsana è fondamentale per ridurre l’inquinamento e aumentare il benessere degli individui attraverso un’azione politica efficace». Finora, nel mirino della politica si sono trovati perlopiù i settori energetico e dei trasporti che, comunque sia, rappresentano delle indubbie e copiose fonti di inquinanti atmosferici. «Si sta facendo molto per mitigare le emissioni dei settori dell’energia e dei trasporti e, in una certa misura, anche del settore residenziale. L’agricoltura, e più specificamente il settore dell’allevamento – ha però precisato la ricercatrice Lara Aleluia Reis – non può essere lasciata da parte e deve essere inclusa in politiche più severe di mitigazione dell’inquinamento atmosferico».

Nel complesso, lo studio ha fornito un’inedita valutazione dell’impatto del settore zootecnico sulle concentrazioni di ammoniaca e particolato, fondamentale per guidare la scelta di politiche più coerenti ed efficaci in una delle aree più critiche in termini di inquinamento atmosferico. La Lombardia è infatti una regione particolarmente soggetta a minacce ambientali e sanitarie a causa della sua densa popolazione, delle condizioni di scarsa ventosità e dell’intensa attività agricola. Considerando che non è possibile agire modificando il numero di abitanti o le condizioni orografiche, è importante puntare a una riduzione delle concentrazioni inquinanti minimizzando gli effetti delle attività antropiche, comprese però quelle zootecniche. In quest’ultimo caso, per provare a ridurne l’impatto, gli autori dello studio suggeriscono di adottare una gestione integrata delle attività agricole ,che preveda una maggiore qualità dell’alimentazione per gli animali, un più efficiente smaltimento di liquami, letame e dell’intero sistema di produzione e, soprattutto, una riduzione dell’intensività degli allevamenti.

[di Simone Valeri]

 

 

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3 Commenti

  1. “È noto da tempo che la zootecnia contribuisce significativamente alle concentrazioni di inquinanti atmosferici pericolosi per la salute”: quali? PM10 origianti da cosa ? sistemi di riscaldamento delle stalle? Ammonica per forza come prodotto di degrazdazine dell’urea da urina e feci animali, comeunque tossica a concentrazioni elvatissime. Temo che ci sia qualche cosa da chiarire e smussare nella ricerca. In realtà tutte le attivita umane intensive portano a problematiche di accumulo, indipendentemente che sia zootecnia o altro. Un esempio sono le coltivazioni di uva nella zona di Valdobbiadene dove la scelta della tecnica di coltivazione, non espressamente “biologica”, ha portato ad un uso massiccio di antiparassitari su una superficie ristretta e molto a ridosso delle abitazioni, con un conseguente inquinamento delle falde acquifere e del terreno, e quindi inevitabili ripercussioni sulla salute uman. Quindi il problema va visto a 360 gradi, senno il richio è quello di demonizzare un settore senza capire che il problema non è l’attività in se ma le scelte gestionali del settore, intensivo o meno. L’incontro tra esigenze primarie e risposta a tali esigenze, nel rispetto della salute umana, sono la chiave del tutto, indipendentemente dal settore. Ciononostante ci sono attività e scelte alimentari assolutamente da bandire, perchè a priori contrarie alla salute di un un’intero popolo.

  2. Da non credere!!!! Sono tutti fuori di testa, la prova provata che sono tutte strumentalizazioni dei media è stato il fermo della circolazione nel periodo del covid. Stagione invernale spettacolare e frutta sugli alberi naturale, come non si vedeva da anni e i bovini della pianura padana hanno prodotto latte e carne anche in quel periodo i riscaldamenti erano accesi, per cui l’inquinamento è sicuramento dovuto a quei milioni di veicoli / aerei che circolano in una zona fortemente industrializzata, ma hai signori che sfruttano questo settore, il cibo lo vanno a prendere sull’imalaia? Invece che demonizzare il settore che ci nutre fareste meglio a indagare sull’inutilita di certe produzioni, che arricchiscono pochi e inquinano tanto e lo sapete benissimo, ma quelle pagano, l’agricoltura no.

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