Frosinone, Torino e Treviso sono le città più a rischio smog d’Italia. È quanto emerso dal nuovo rapporto di Legambiente Mal’Aria di città 2024, redatto nell’ambito della Clean Cities Campaign, che ha preso in esame i dati del 2023 nei capoluoghi di provincia, sia per quanto riguarda i livelli delle polveri sottili (PM10, PM2.5) che del biossido di azoto (NO2). “I loro livelli attuali – spiega Legambiente – sono stabili ormai da diversi anni, in linea con la normativa attuale, ma restano distanti dai limiti normativi che verranno approvati a breve dall’Ue, previsti per il 2030 e soprattutto dai valori suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità”.
Il report di Legambiente ha evidenziato come la lotta allo smog nelle città italiane abbia ancora parecchia strada da fare. Secondo quanto emerso dal lavoro dei ricercatori del cigno verde, delle 98 città monitorate, ad oggi, 18 hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di Pm10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo). Nonostante sia stato rilevato un lieve miglioramento rispetto ai dati del 2022 (29 le città fuorilegge) e del 2021 (31 città), va sottolineato che quest’ultimo sarebbe “principalmente attribuibile alle condizioni meteorologiche favorevoli che hanno caratterizzato il 2023, anziché a un effettivo successo delle azioni politiche intraprese per affrontare l’emergenza smog”, dichiarano i ricercatori.
Secondo i parametri attualmente in vigore nell’UE, il rapporto di Legambiente vede in testa alla classifica Frosinone (con la centralina di Frosinone Scalo) con 70 giorni di sforamento, il doppio rispetto ai valori ammessi, seguita da Torino (Grassi) con 66, Treviso (strada S. Agnese) 63 e Mantova (via Ariosto), Padova (Arcella) e Venezia (via Beccaria) con 62. Anche le tre città venete, Rovigo (Centro), Verona (B.go Milano), e Vicenza (Ferrovieri), superano i 50 giorni: rispettivamente 55, 55 e 53. Milano (Senato) registra 49 giorni, Asti (Baussano) 47, Cremona (P.zza Cadorna) 46, Lodi (V.le Vignati) 43, Brescia (Villaggio Sereno) e Monza (via Machiavelli) 40. Chiudono la lista Alessandria (D’Annunzio) con 39, Napoli (Ospedale Pellerini) e Ferrara (Isonzo) con 36.
Se il 2030 fosse già qui e i parametri presi in considerazione fossero quelli che entreranno in vigore tra 6 anni, invece, il 69% delle città risulterebbe fuorilegge per il PM10, con le situazioni più critiche a Padova, Verona e Vicenza con 32 µg/mc, seguite da Cremona e Venezia (31 µg/mc), e infine da Brescia, Cagliari, Mantova, Rovigo, Torino e Treviso (30 µg/mc). Lo stesso vale anche per il PM2.5: saranno oltre i futuri limiti l’84% delle città, con i valori più alti registrati a Padova (24 µg/mc), Vicenza (23 µg/mc), Treviso e Cremona (21 µg/mc), Bergamo e Verona (20 µg/mc). L’NO2 è l’unico inquinante in calo negli ultimi 5 anni, ma il 50% delle città resterebbe comunque fuori legge. Napoli (38 µg/mc), Milano (35 µg/mc), Torino (34 µg/mc), Catania e Palermo (33 µg/mc), Bergamo e Roma (32 µg/mc), Como (31 µg/mc), Andria, Firenze, Padova e Trento (29 µg/mc) sono le città con i livelli più alti.
«Ancora una volta – ha commentato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – l’obiettivo di avere un’aria pulita nei centri urbani italiani rimane un miraggio, come dimostra la fotografia scattata dal nostro rapporto Mal’Aria di città. Le fonti sono note così come sono disponibili e conosciute le azioni e le misure di riduzione delle emissioni, ma continuiamo a registrare ancora forti e ingiustificati ritardi nel promuovere soluzioni trasversali. Serve quindi un cambiamento radicale, attuando misure strutturali ed integrate, capaci di impattare efficacemente sulle diverse fonti di smog, dal riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura e la zootecnia fino alla mobilità, dove le misure di riduzione del traffico e dell’inquinamento possono ben conciliarsi con una maggiore sicurezza per pedoni e ciclisti, come dimostra l’importante intervento della città a 30km/h di Bologna, voluto dal sindaco Matteo Lepore e dall’amministrazione comunale. Un intervento già realizzato in diverse città europee che chiediamo sia sempre più diffuso anche in quelle italiane».
Considerando, inoltre, che l’Italia conta 47.000 decessi prematuri all’anno a causa del PM2.5, è cruciale – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – determinare una svolta a livello nazionale e territoriale per ridurre l’impatto sanitario sulla popolazione italiana, il costo ad esso associato, e il danno agli ambienti naturali.
[di Iris Paganessi]