sabato 27 Luglio 2024

Controinformazione: la lunga ma inevitabile strada per l’alternativa

L’opinione pubblica è ciò che si crede pensi la maggioranza dei cittadini, o il giudizio e il modo di pensare della maggioranza di essi: essa si riferisce e fa parte della cosiddetta sfera pubblica. L’opinione pubblica è l’estrinsecarsi della cosa pubblica ed è intrinseca ad essa. Il concetto stesso di opinione pubblica risale al XVII secolo, ai tempi dell’affermarsi dello Stato-nazione e della nascita dell’idea moderna di democrazia rappresentativa, nondimeno all’espandersi del capitalismo industriale e ad un nuovo ordine mondiale, quindi con il configurarsi di un nuovo assetto socio-politico. La sfera pubblica è quel luogo ove si forma l’opinione pubblica attraverso la discussione di temi di interesse tra privati individui, per negoziare insieme le regole di vita comune. Chiaramente la comunicazione riveste un’importanza fondamentale in questo processo, andando sia a selezionare i temi di interesse sui quali si discute, sia a facilitare la formazione di determinate opinioni sugli stessi.

Contrariamente alla prassi degli arcana imperii tipica dei regimi assolutisti, il fatto che determinati discorsi da privati divenissero pubblici era necessaria all’instaurazione e al mantenimento di una legislazione fondata sulla ratio, la ragione. J. Locke, nel Saggio sulla intelligenza umana, attribuì all’opinione pubblica una funzione di controllo nella società, stabilendo una distinzione precisa tra la legge morale, espressa appunto dall’opinione pubblica, e la legge civile, emanazione del potere politico, con la prima, quindi, come funzione di controllo della seconda. Anche I. Kant pose l’accento sulla necessità dell’uso pubblico della ragione in tutti i campi. Si andava affermando l’importanza della sfera pubblica come funzione di controllo politico dei cittadini nei confronti del potere costituito. Il dibattito pubblico veniva quindi utilizzato come strumento per la sfera politica, coinvolgendo anche coloro che in realtà non avevano alcun diritto politico.

In Inghilterra, questo fu reso possibile da alcuni eventi sul finire del XVII secolo, tra cui l’abolizione dell’istituto della censura preventiva, rendendo possibile l’introduzione del dibattito nella stampa e aumentando lo sviluppo della sfera pubblica, oltre i pamphlet, in una sempre maggior sistematizzazione e istituzionalizzazione del dibattito. Numerosi giornali iniziarono ad occuparsi quotidianamente delle questioni politiche, sociali ed economiche della Nazione. Se in Inghilterra il dibattito pubblico, con i suoi spazi e i suoi mezzi, andò formandosi lungo un secolo intero, in Francia – e sul resto del continente – le cose andarono un po’ diversamente. La sfera pubblica – e il dibattito pubblico – francese si affermò con la forza della rivoluzione, dopo che gli embrioni di essa erano già stati creati dai rivoluzionari stessi, con i loro giornali come primi rappresentanti dell’opinione pubblica. Così, già gli Stati Generali rendono pubblici i loro dibattiti. Ovviamente la democrazia rappresentativa, ove resisteva, era all’epoca la democrazia borghese – e della vecchia, ma pur sempre ricca e potente, nobiltà e aristocrazia – accessibile per classe, censo, ceto ed educazione, ed escludente la maggior parte delle persone, come contadini e proletari. Nei primi decenni dell’Ottocento il dibattito delle correnti liberali inglese e francese, continua a sottolineare il rapporto tra opinione pubblica e potere costituito, tra informazione e libertà di stampa, mentre nella seconda metà del secolo il pensiero liberale cominciò a evidenziare come l’opinione pubblica avesse la possibilità di condizionare il grado di autonomia degli individui, nel pensiero come nell’azione.

Nel corso del Novecento, le grandi guerre e la partecipazione delle masse, oltre che una sempre più vasta presenza e influenza dei mezzi di comunicazione sulla società, propaganda politica e marketing sono stati elementi cardine degli studi effettuati, particolarmente incentrati sugli aspetti della sociologia e della psicodinamica. Infatti, con il diffondersi delle nuove tecnologie di comunicazione di massa, l’opinione pubblica diventa un soggetto da studiare nella sua interazione con i flussi d’informazione della sfera pubblica nonché negli esiti di questa interazione sulla struttura della società. Nel corso del XX secolo, quindi, cresce sempre di più la consapevolezza di come i mezzi di comunicazione possano essere utilizzati per la formazione, educazione e manipolazione collettiva in favore di interessi politici ed economici particolari. «Ciò che l’individuo fa si fonda non su una conoscenza diretta e certa, ma su immagini che egli forma o che gli vengono date», sono le parole del sociologo statunitense, W. Lippmann nel suo saggio L’opinione pubblica del 1922.

I mezzi di comunicazione, in quanto propagazione di forze economiche e politiche, sono quindi in grado di esercitare un controllo e un indirizzo sulla sfera pubblica all’interno della società di massa. E se la sfera pubblica, e quindi anche l’opinione pubblica, ha funzione di controllo sulla sfera politica, essendo oggi i mezzi di comunicazione di proprietà dell’élite neoliberista, il controllo sulla politica avviene secondo il quadro narrativo e valoriale riferito al neoliberismo. Nella sua opera del 1962, Storia e critica dell’opinione pubblica, il sociologo J. Habermas spiega come nelle società industriali avanzate l’opinione pubblica perda così in misura la sua funzione democratizzante a causa della impetuosa e pervasiva influenza dei mezzi di comunicazione di massa. La rivoluzione informatica e di Internet ha impresso una svolta nel mondo della comunicazione e nel rapporto con il pubblico. Un processo complesso, dal potenziale emancipatore ma non privo di forti squilibri e di contraddizioni tra ciò che potrebbe essere e ciò che effettivamente è, dato il generarsi da una precisa società e frutto di una emanazione politico-economica. Come che sia, nel XXI secolo vediamo nascere una sfera pubblica digitale ove ogni privato può discutere, potenzialmente, con qualunque altro privato nel mondo e in tempo reale: l’informazione viaggia istantaneamente e ovunque.

La controinformazione è informazione

[Il sociologo Jurgen Habermas.]
Secondo la definizione dell’enciclopedia Treccani, la parola controinformazione ha il seguente significato: “Espressione polemica del linguaggio politico, con cui viene indicata un’informazione che, da parte di particolari gruppi o anche organi di stampa, viene contrapposta a quella, ritenuta non obiettiva o tendenziosa o comunque unilaterale, data dagli organi di governo, dalla stampa o dai siti web ufficiali, dalla radiotelevisione, ecc., soprattutto in relazione a determinati fatti, fenomeni o situazioni di particolare rilievo politico o sociale”.

Come abbiamo visto, l’opinione pubblica emerge dalla critica pubblicizzata del vecchio ordine politico-economico, in un contesto culturale polemico-razionalistico per cui la sfera pubblica si è ampliata fino a diventare funzione di controllo della sfera politica e riuscire, con le buone o con le cattive, a sovvertire il vecchio ordine con quello nuovo di stampo liberale-borghese. In altre parole, l’opinione pubblica è emersa e si è affermata da un’opera di (contro)informazione di liberali e borghesi rispetto a gli arcana imperii dei regimi assolutistici e non democratici. Dunque, l’informazione che ha creato ciò che viene definito opinione pubblica è nata come controinformazione liberal-borghese rispetto ai dogmi e alla segretezza della sfera politica sotto l’assolutismo. Nell’era industriale, anche in età avanzata, l’opinione pubblica è sempre più spesso utilizzata per mantenere lo status quo. Al fine di perpetuare le posizioni dominanti, la narrazione divulgata dai mass media istituzionalizzati controllati dal potere politico-economico difende i privilegi persuadendo e manipolando le masse. «Ora che la sostanza dei vari regimi non si manifesta più in modi di vivere alternativi, essa si adagia in tecniche alternative di manipolazione e di controllo. Il linguaggio non soltanto riflette tali controlli ma diventa pur esso uno strumento di controllo, anche là dove non trasmette ordini ma informazioni, dove non chiede obbedienza ma scelta, non sottomissione ma libertà», è quanto nel 1964 scrive H. Marcuse ne L’uomo a una dimensione.

Tra gli anni Sessanta e Settanta diviene chiaro come i mezzi d’informazione servano più alla manipolazione delle masse anziché a diffondere conoscenze nella sfera pubblica e dibattito dell’opinione pubblica. Propaganda politica e marketing economico sono ciò che i mezzi di comunicazione di massa veicolano. La controinformazione inizia quindi ad emergere con forza in anni di spirito rivoluzionario e rivoltoso, tra lotte per diritti umani, sociali e politici. Vengono così pubblicate riviste e quotidiani così come si diffondono le radio libere. In Italia, nei decenni delle stragi, degli attentati e degli omicidi, quindi della strategia della tensione, nascono molti progetti di controinformazione aventi come obiettivo quello di diffondere informazioni, notizie e verità scomode al potere costituito. Al suo principio la controinformazione nasce in un ambiente politico connotato, ovvero quello della sinistra extraparlamentare. Nel 1969 nasceva il quotidiano Lotta Continua e la rivista La Classe che, dalla seconda metà dello stesso anno, divenne Potere Operaio, organo dell’omonima organizzazione fondata quello stesso anno da Toni Negri, Oreste Scalzone e Franco Piperno.

Nell’ottobre 1973 esce il numero zero della rivista Controinformazione, di cui Negri, assieme a Emilio Vesce, Fausto Tommei, Antonio e Luigi Bellavita, è uno dei fondatori. La pubblicazione conterrà nei suoi numeri una notevole documentazione di atti riservati del Servizio informazioni forze armate (SIFAR), nonché bollettini e proclami dei Nuclei Armati Proletari (NAP), delle Brigate Rosse (BR) e di molte altre organizzazioni di lotta, oltre a inchieste, caricature e fumetti. Nel 1973 vede la luce anche il Quotidiano dei lavoratori. Sempre in quegli stessi anni nascono le piccole radio con trasmissione locale che fanno controinformazione specialmente su tematiche territoriali. Tra queste vi sono Radio Aut di Peppino Impastato, che affrontava il problema della mafia, e Radio Alice, gestita dagli studenti di Bologna e appartenenti all’area libertaria e di Autonomia Operaia: fu la prima radio ad essere chiusa con la forza da parte della polizia durante una diretta. A Roma viene fondata Radio Città Futura, che raggiunge in breve tempo alti ascolti anche grazie alle dirette da cortei e manifestazioni. Nel 1979, subì un attacco da parte del gruppo neofascista Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), che entrarono nella sede della radio durante la trasmissione femminista Radio Donna sparando colpi di mitra e ferendo gravemente cinque donne. Controradio nasce invece a Firenze da militanti vicini all’area di Autonomia Operaia.

Globalizzazione e controinformazione

Con il definitivo avvento del neoliberismo e del suo processo di globalizzazione, l’accentramento e lo strapotere dei mezzi di comunicazione sotto l’ombrello di gigantesche corporation, l’opinione pubblica stessa diviene al contempo consumatrice di cultura e merce politica, con una crescente e inesorabile (seppur inizialmente lenta) disaffezione nei confronti dei propagatori di informazione e quindi di propaganda e marketing dell’ordine costituito. Con gli anni Novanta e l’avvento del web viene riacquisita una certa capacità di controinformazione riguardo le nefandezze e le ingiustizie da parte di governi e del sistema economico predatorio e sfruttatore globale. SchNEWS è stata una pubblicazione settimanale gratuita di Brighton, in Inghilterra, uscita dal 1994 al 2014. L’attenzione principale si concentrava sulle questioni ambientali e sociali nel Regno Unito – ma anche di livello internazionale – con un’enfasi sulla protesta ad azione diretta e sulle lotte politiche autonome al di fuori dei partiti politici formalizzati. «Creeremo una rete di comunicazione tra tutte le nostre lotte e resistenze. Una rete intercontinentale di comunicazione alternativa contro il neoliberismo. Questa rete intercontinentale di comunicazione alternativa sarà il mezzo attraverso il quale le diverse resistenze comunicheranno tra loro», disse il subcomandante Marcos nel 1996, nel corso di una conferenza anti-globalizzazione svoltasi in Chiapas, nella quale egli esponeva la sua visione di come i movimenti sociali avrebbero potuto sfruttare Internet.

Con l’avvento sulla scena mondiale del Movimento No-Global nel 1999, durante la protesta al vertice di Seattle dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, il discorso dell’opinione pubblica si mette al pari della globalizzazione stessa, ampliando così la sfera pubblica, che comincia ad avere anche connotati digitali, con la potenzialità democratizzante dello strumento web. “Non odiare i media, diventa i media”, era il motto di Independent Media Center, meglio conosciuta come Indymedia. Nel primo post pubblicato da Indymedia si legge: “La resistenza è globale. Il web altera drammaticamente l’equilibrio tra media multinazionali e attivisti. Con solo un po’ di codice e alcune attrezzature economiche, possiamo creare un sito Web automatizzato in tempo reale che rivaleggia con quello delle aziende. Preparatevi a essere sommersi dalla marea di giornalisti attivisti sul campo a Seattle e in tutto il mondo, che raccontano la vera storia dietro l’Accordo Commerciale Mondiale”.

Indymedia è un sito web di giornalismo partecipativo che promuove l’attivismo in contrasto con i media mainstream e la loro proprietà concentrata e corporativa. Il movimento Indymedia, dopo aver raggiunto il suo apice attorno al 2010, ha visto poi un declino di siti attivi, dopo le centinaia che erano stati attivati in tutto il mondo. Nel febbraio 2013, la rivista Ceasefire spiegava il declino di Indymedia con l’aumento dell’utilizzo dei social media da parte degli attivisti e dei giornalisti della controinformazione, oltre che per la repressione degli organi di polizia.

Facebook, Twitter, Youtube ed altre piattaforme private forniscono strumenti altrimenti molto costosi da sostenere per l’informazione alternativa, e sono stati accolti quasi con entusiasmo dalle esperienze di controinformazione. Oggi, però, possiamo renderci conto di quanto, almeno con il senno di poi, appariva già chiaro in partenza, ovvero che i privati fanno i propri interessi e quelli dei loro investitori economici e sostenitori politici. In tal modo, l’opinione pubblica nelle piattaforme digitali è indirizzata da regole imposte dal proprietario di quel luogo della sfera pubblica digitale, ed ecco che in maniera del tutto accettata si può censurare, bannare, zittire. Corporate Watch ha visto l’ascesa dei siti di social media e la normalizzazione dell’editoria aperta come una riconversione delle innovazioni chiave di Indymedia per l’industria culturale. «Nonostante l’aria quasi utopica che ha accompagnato l’arrivo di alcuni dei nuovi colossi di Internet – ad esempio Google e Facebook – solo i creduloni non potevano vedere che questi avrebbero potuto facilmente rivelarsi apparati di sorveglianza del tipo che Orwell non avrebbe potuto sognare. Naturalmente i sospetti sono stati confermati da Snowden nel caso ci fosse stato qualche dubbio. Se stai usando Internet solo per pubblicare foto di gattini soffici probabilmente non hai nulla di cui preoccuparti, ma se sei una potenziale minaccia per i poteri forti, allora puoi essere facilmente monitorato», è quanto scrive Corporate Watch nel 2014.

Nel 2019, in occasione del 20° anniversario di Indymedia, April Glaser scrisse che il declino del movimento anti-globalizzazione è alla base del crollo di Indymedia. Anche oggi la controinformazione si muove prevalentemente su Internet, non su piattaforme libere e aperte ma in special modo su social network o piattaforme come YouTube, quindi in una sfera pubblica digitale privata sulla quale penzola continuamente la ghigliottina pronta a rimuovere e bloccare i contenuti non ritenuti in linea con il pensiero unico dell’ideologia neoliberista. Il fatto che l’informazione che agisce al di fuori delle imposizioni e delle logiche del sistema economico e politico utilizzi in maniera sempre più massiva piattaforme dalle quali può essere espulsa con un click da quel medesimo sistema è certamente una contraddizione in termini, sulla quale sarà necessario riflettere e possibilmente prendere delle contromisure nel prossimo futuro.

[di Michele Manfrin]

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5 Commenti

  1. Ottimo articolo. Proprio qualche giorno fa ricordavo in un commento, su questa testata, degli esempi di controinfirmazione presenti in Italia negli anni ‘70/‘80. Senza citarlo espressamente mi riferivo proprio al periodico Controinformazione. Un “semplice” collage di documenti, presentati integralmente, senza censure, senza commenti più o meno espliciti. Ma soprattutto ciò che non veniva pubblicato da nessuna testata giornalistica. Prenderò spunto da alcune indicazioni utili dell’articolo, mi permetto solo di suggerire il grande lavoro che svolge Chomsky (e i suoi collaboratori) proprio sull’informazione di massa, il senso comune e il “buon senso”.

  2. Grande articolo e se posso far notare l’abbonamento all’Indipendente non è alla portata di tutti, mi permetto di proporre di aumentarlo di un 10% ed usare questa entrata ulteriore per dare l’abbonamento gratuito a tutti quelli che commentando gli articoli riceveranno i maggior numeri di like, così che anche il diciottenne possa leggere l’unico giornale Italiano che non ha padroni, né padrini, né pubblicità.

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