domenica 28 Aprile 2024

Immaginario o ragione?

Giacomo Leopardi, dal Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere (1832)

Venditore: “Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?”
Passeggere: “Almanacchi per l’anno nuovo?”
Venditore: “Si signore.”
Passeggere: “Credete che sarà felice quest’anno nuovo?”
Venditore: “Oh illustrissimo si, certo.”

Passeggere: “Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?”
Venditore: “Signor no, non mi piacerebbe.”
Passeggere: “Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?”
Venditore: “Saranno vent’anni, illustrissimo.”
Passeggere: “A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?”
Venditore: “Io non saprei.”
Passeggere: “Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?”
Venditore: “No in verità, illustrissimo.”
Passeggere: “E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?”
Venditore: “Cotesto si sa.”
Passeggere: “Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?”
Venditore: “Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.”
Passeggere: “Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?”
Venditore: “Cotesto non vorrei.”
Passeggere: “Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?”
Venditore: “Lo credo cotesto.”
Passeggere: “Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?”
Venditore: “Signor no davvero, non tornerei.”
Passeggere: “Oh che vita vorreste voi dunque?”
Venditore: “Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.”
Passeggere: “Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?”
Venditore: “Appunto.”
Passeggere: “Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?”
Venditore: “Speriamo.”
Passeggere: “Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.”
Venditore: “Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.”
Passeggere: “Ecco trenta soldi.”
Venditore: “Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.”

In questa ‘operetta morale’ Giacomo Leopardi lavora su un paradosso. Il passeggere, il viandante, carico di una visione illuministica, razionale pensa che tutto è irreversibile e che il piacere non è calcolabile, dato che siamo nelle mani di un destino che non conosciamo e che la felicità è un’ideale che deve ancora presentarsi, facendo parte del futuro mai del passato.

Il venditore di almanacchi, immerso nel pensiero arcaico, nell’idea che gli orizzonti sono aperti alla varietà e all’incognito sa che le domande sul futuro sono inutili, che la felicità è un augurio non una attesa, che bisogna comunque ringraziare Dio, ma accondiscende benevolmente alla saggezza del viandante.

Il paradosso consiste poi nel fatto che costui alla fine comprerà l’almanacco chiedendone uno bello, come se quelli dello stesso anno non fossero tutti uguali.

E se gli astri e le tradizioni allora, e non soltanto la ragione, avessero una loro verità da indicare? ‘Almanacco’ è dall’arabo ‘lunario’ e la luna, come sappiamo, è per Leopardi quella ‘silenziosa luna’ che nel canto del pastore errante va ‘contemplando i deserti’ e poi si posa. Spostando la risposta su una visione metafisica, su un assoluto silenzioso che sembra non possiamo del tutto capire.

[di Gian Paolo Caprettini]

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