domenica 28 Aprile 2024

Riecco la prescrizione sostanziale: la commissione Giustizia approva la riforma Nordio

Il ritorno della prescrizione sostanziale nei processi è ormai a un passo. Nella notte, infatti, la commissione Giustizia della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti alla proposta di legge con cui, in un colpo solo, la maggioranza intende superare la riforma Bonafede (che ha interrotto il decorso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado), e la riforma Cartabia (che ha inaugurato una prescrizione “processuale” tramite il meccanismo dell’improcedibilità). La proposta di modifica che è passata in commissione, risultato di un accordo raggiunto tra i responsabili Giustizia delle forze politiche che sostengono il governo, prevede il ritorno a un sistema di prescrizione del reato molto simile a quello disegnato nel 2017 dalla riforma dell’ex guardasigilli Andrea Orlando (Pd), ma con una serie di modifiche sui tempi di sospensione. Il testo approderà ufficialmente in Aula il 6 novembre.

Mettendo sul piatto un “bonus” temporale per consentire il completamento del processo, la nuova norma prevede che, in caso di condanna di primo grado, abbia luogo una sospensione “per un tempo non superiore a due anni” e, in caso di sentenza di appello che confermi la condanna inferta in primo grado, “per un tempo non superiore a un anno” del termine di prescrizione (che nella maggior parte dei casi è pari al massimo della pena prevista per il reato più un quarto). Nella riforma Orlando, in entrambi i casi il periodo di sospensione era inquadrato in 18 mesi. Dunque, se la sentenza di impugnazione non venisse pronunciata entro tali limiti – oltre che nel caso di successivo annullamento della condanna in secondo o terzo grado – il corso della prescrizione riprenderebbe a galoppare e, nel calcolo, sarebbe ricompreso anche il precedente periodo di sospensione. Vi è poi un allungamento dei termini per i reati di violenza commessi contro le donne: le lesioni personali e la deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti come quelle da acido vengono infatti prescritti in un lasso temporale pari al massimo della pena aumentato della metà (e non di un quarto) se le vittime sono ex partner.

La riforma Orlando, che di fatto, seppure con qualche modifica, viene riproposta nei suoi elementi fondamentali, era stata superata nel 2019 dalla “Spazzacorrotti” targata Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia del governo giallo-verde Conte I. La riforma del ministro pentastellato prevedeva il blocco del corso della prescrizione del reato dopo la sentenza di primo grado, sia che fosse di condanna sia che fosse di assoluzione. Sotto il governo Draghi, però, tutto cambiò con la riforma della nuova guardasigilli Marta Cartabia Cartabia, con cui è stato introdotto nell’ordinamento il controverso meccanismo dell’improcedibilità: una vera e propria “tagliola” per i processi in appello (si è previsto che, dal 2025, essi potrebbero durare di base fino a due anni, con una proroga di un anno al massimo) e in Cassazione (un anno di base, con una proroga di sei mesi). Il M5S riuscì ad “aggiustarne” il tiro ottenendo che, fino al 2024, i termini previsti per l’improcedibilità fossero più lunghi e, per alcuni reati gravi – mafia, terrorismo, violenza sessuale e associazione criminale finalizzata al traffico di droga – non si prevedesse alcun limite al numero di proroghe. Per quelli con aggravante mafiosa, invece, furono previste due proroghe ulteriori a quelle previste per gli altri reati. Ma se è vero che la riforma Cartabia potrebbe essere presto superata, se il nuovo testo approvato in commissione dalla maggioranza diventasse legge una sorta di “improcedibilità” verrebbe riproposta in altra forma: la “tagliola” prevista per i termini di sospensione dopo le pronunce di primo e secondo grado, infatti, la ricordano molto.

[di Stefano Baudino]

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