lunedì 29 Aprile 2024

La Turchia rimpatria cinque italiani colpevoli di solidarietà verso il popolo curdo

Sono stati rimpatriati nella notte di sabato i cinque giovani torinesi che erano stati arrestati in Turchia il 12 ottobre durante una conferenza stampa indetta dal partito di opposizione YSP per protestare contro le operazioni militari di Ankara nei territori curdi nel nord della Siria. Come mostrano i video, in quell’occasione la polizia turca era intervenuta picchiando con manganelli i partecipanti e arrestando almeno 30 persone, secondo la Rete Defend Kurdistan. Tra di loro anche 15 giovani provenienti da Italia, Francia e Germania appartenenti alle reti internazionaliste di solidarietà al popolo curdo sono finiti in manette.

Nella stesa giornata erano state organizzate varie conferenze in tutto il paese proprio per condannare la guerra di aggressione turca all’Amministrazione Democratica della Siria del Nord-Est e alla regione del Rojava che ha visto numerosi attacchi aerei nelle scorse settimane come rappresaglia in seguito all’attentato del PKK a un ufficio ministeriale ad Ankara il 1 ottobre. Anche nelle altre città la polizia ha cercato di impedire o di reprimere le conferenze. «Sono circa 1000 gli esponenti o i simpatizzanti dei partiti d’opposizione curda che sono stati arrestati dai primi di ottobre» dichiara all’Indipendente un membro della Rete Defend Kurdistan di Torino.

Il 1 ottobre il PKK aveva cercato di compiere un attentato agli uffici della Direzione Generale della Sicurezza del Ministero degli Affari Interni, attacco rivendicato come «un avvertimento contro il massacro e le pressioni fasciste sul popolo del Kurdistan», di fatto neutralizzato dalle forze di polizia turche. «Se il regime fascista dell’Akp continuerà a commettere questi crimini, le azioni legittime della giustizia rivoluzionaria continueranno» diceva il comunicato del PKK.

Il governo turco non ha esitato a utilizzare l’attentato come pretesto per attaccare i territori curdi e il 5 ottobre il ministro degli Esteri Hakan Fidan ha dichiarato che ogni infrastruttura civile del Rojava sarà considerata obiettivo militare legittimo da colpire. Da inizio ottobre sono stati effettuati vari raid aerei nel nord dell’Iraq e si contano già più di 40 località colpite, almeno 15 vittime e molti feriti.

La repressione é fortissima e coinvolge chiunque cerchi di denunciare o opporsi al massacro in atto in Kurdistan. Anche i partiti di opposizione sono sotto attacco, e l’HDP (il partito che riunisce i curdi ed altre forze di sinistra che si oppongono ad  Erdoğan) sta subendo la sesta procedura di scioglimento, mentre molti suo deputati si trovano in prigione.

Tornando ai fatti che hanno visto coinvolti i cinque torinesi, gli internazionali sono stati accusati di aver partecipato a una manifestazione non autorizzata, e dopo essere stati arrestati sono rimasti due giorni senza poter parlare con il loro avvocato in attesa dell’espulsione. I tedeschi sono atterrati nel pomeriggio di ieri in Germania, e i torinesi sono arrivati a Milano Malpensa in serata. «Lo stato turco ha cercato di mantenere il segreto sul fatto che li stavano rimpatriando, e ha iniziato le procedure di espulsione senza nemmeno avvisare l’Ambasciata» dichiara la Rete Defend Kurdistan di Torino, che ha prontamento convocato una manifestazione in Piazza Castello, svoltasi nella giornata di ieri, domenica 15 ottobre. Il regime turco «colpisce quotidianamente il popolo curdo e tutte le minoranze in Turchia, le forze di opposizione, le donne e i popoli continuamente bombardati a attaccati per le loro aspirazioni democratiche e pacifica convivenza – scrivono nell’appello per la giornata – La Turchia va isolata e per farlo bisogna far conoscere il suo ruolo di sponsor globale al jihadismo, alla repressione del dissenso democratico che arriva fino ai nostri stati europei».

[di Monica Cillerai]

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