venerdì 3 Maggio 2024

Colesterolo negli alimenti: davvero dobbiamo preoccuparci?

Fra i termini nutrizionali, la parola colesterolo è senza dubbio una delle più conosciute dal grande pubblico. Intorno a questo termine c’è però parecchia confusione: lo si ritiene impropriamente un grasso e non è sempre chiara la differenza fra quantità di colesterolo contenuta negli alimenti e colesterolo serico, ovvero concentrazione di colesterolo nel sangue, misurata con test clinici.

Innanzitutto il colesterolo non è un grasso, ma uno sterolo. La sua struttura chimica è diversa da quella dei grassi e non ha funzione energetica. Né si tratta di un composto tossico: esso è infatti un componente naturale dei tessuti animali ed anche del nostro organismo ove svolge un ruolo essenziale a livello metabolico. Ad esempio, esso è il precursore di un composto poi trasformato in vitamina D, quando la nostra pelle viene esposta alla luce del sole. Le nostre ghiandole sessuali e surrenali impiegano il colesterolo per costruire alcuni ormoni. Il fegato converte il colesterolo in sali biliari, sostanze indispensabili per una corretta funzione digestiva. Inoltre il colesterolo è un componente ubiquitario di tutte le membrane cellulari del nostro organismo e svolge una funzione strutturale anche a livello della guaina mielinica, che protegge i nostri neuroni e consente la trasmissione corretta degli impulsi nervosi.

Il colesterolo negli alimenti influenza la colesterolemia?

 

Il colesterolo è componente di molti alimenti, sempre e tutti di origine animale. Ma anche se noi non consumassimo alimenti di origine animale, il nostro organismo continuerebbe a produrre colesterolo in certe quantità, essendo questa sostanza indispensabile al metabolismo. Il colesterolo viene introdotto nell’organismo in parte attraverso gli alimenti animali dunque, ma è anche prodotto dal fegato, dalla corteccia surrenale e da tutte le cellule dell’organismo, qualora ne avessero bisogno per un uso diretto al loro interno. Il colesterolo è talmente prezioso, per le funzioni fondamentali citate pocanzi, che il fegato si è riservato l’indipendenza e il diritto di costruirselo autarchicamente, a prescindere da quanto se ne introduca con gli alimenti. Il colesterolo è infatti per il 75% autoprodotto dal corpo (produzione endogena) e solo il 25% è la parte esogena, che proviene cioè dall’alimentazione quotidiana. Si stima che dalla dieta ricaviamo tra 0,1 e 0,5 grammi al giorno di colesterolo, contro gli 1 o 2 grammi prodotti quotidianamente dall’organismo.

Un vecchio assioma nutrizionale diceva che troppo colesterolo assunto con la dieta aumenta il colesterolo nel sangue che a sua volta poi aumenta il rischio cardiovascolare, ossia la probabilità di avere infarti o ictus. Oggi però sappiamo che questo non è vero, perché un’elevata assunzione di colesterolo alimentare non fa aumentare in modo significativo il colesterolo nel sangue. A conferma di tutto ciò basti sapere che circa il 60% dei pazienti con infarto negli ospedali ha dei valori di colesterolo nel sangue che sono entro i range di normalità. Pertanto è bene togliersi subito dalla testa che le uova facciano aumentare il colesterolo nel sangue, questo non è vero e non succede, semplicemente. Possiamo mangiare tranquillamente 2 o più uova al giorno, tanto più che le uova oltre al colesterolo contengono anche la lecitina, un antidoto rispetto all’assorbimento di colesterolo nell’intestino.

La correlazione tra colesterolo negli alimenti e colesterolo del sangue è molto debole, perché l’assorbimento di questa sostanza dal cibo è limitato e non è molto efficiente: solo una parte del colesterolo che mangiamo viene assorbito, e se ne mangiamo tanto l’assorbimento raggiunge un plateau, cioè il nostro intestino non è più in grado di assorbirlo. Oltre a ciò, all’aumentare del colesterolo assorbito dagli alimenti, si attivano molteplici meccanismo omeostatici che riducono la produzione endogena e ne aumentano l’eliminazione attraverso la bile. Risultato: variazioni anche molto elevate di colesterolo alimentare, risultano in oscillazioni estremamente contenute della colesterolemia. Con l’eccezione di un ristretto numero di individui, che per uno svantaggio genetico chiamato isoforma 4 dell’apoproteina E, hanno un funzionamento non efficiente di questi meccanismi omeostatici, e per questo finiscono con avere livelli molto elevati della colesterolemia (da valori di 400 a 1000 mg/dl di colesterolo). 

La dieta quindi non c’entra niente?

Da dove arriva dunque il colesterolo che abbiamo nel sangue? Abbiamo appena capito che i cibi contenenti colesterolo non danno un grande contributo ad elevare i valori nel sangue. Non c’è nessun mistero al riguardo, da decenni sappiamo che è il nostro stesso corpo a produrre ogni giorno il colesterolo. La produzione principale la fa il fegato, al fine di mandare colesterolo in circolo nel sangue di modo che possa poi arrivare a tutti i tessuti e le cellule del nostro organismo. La nostra colesterolemia quindi è determinata in massima parte dal colesterolo prodotto dal fegato. Grosso modo il 90% del colesterolo circolante nel sangue viene dal fegato e il 10% viene dagli alimenti che mangiamo. A questo punto non bisogna però fare un errore di ragionamento che è molto frequente: mangio come mi pare perché tanto la dieta non ha un impatto rilevante dal momento che è il fegato a decidere quale quantità di colesterolo produrre. Questo è del tutto sbagliato! La dieta ha al contrario un grande impatto nella produzione di colesterolo da parte del fegato. Dire che le uova e altri cibi ricchi di colesterolo non hanno un grosso impatto sul valore di colesterolo nel sangue non equivale a dire che la dieta nel suo complesso non abbia un impatto rilevante. Il fegato infatti non decide a casaccio quanto colesterolo produrre e riversare nel sangue. Lo fa, al contrario, sulla base di alcuni input ben precisi, che sono sia di tipo alimentare che extra-alimentare.

I fattori o input di tipo alimentare sono i seguenti: 

  • Eccesso di zuccheri e carboidrati a base di farine raffinate, che determinano una secrezione troppo alta di insulina. L’insulina attiva l’enzima del fegato preposto alla produzione di colesterolo (HMG-CoA reduttasi). Ecco perché un eccesso di zuccheri e cereali raffinati nella dieta porta ad un aumento della colesterolemia. Ad esempio se noi mangiassimo una mezza baguette, tutta bella bianca da farina raffinata e con il suo indice glicemico di 95, questa farà schizzare il glucosio nel sangue, schizzare l’insulina, la quale attiva l’enzima del colesterolo nel fegato, che a sua volta prende lo zucchero derivato dalla baguette e ne fa colesterolo e trigliceridi. E così con la nostra mezza baguette abbiamo fatto molti più danni alla colesterolemia che con una frittata di 4 uova. 
  • Un altro fattore alimentare che fa alzare la colesterolemia è l’eccesso di grassi nella dieta, in particolare di grassi saturi e grassi trans. Questo infatti deprime la sintesi endogena di acidi grassi, spostando l’utilizzo dell’enzima “HMG-CoA reduttasi” verso altri utilizzi e in particolare la sintesi di colesterolo. 
  • Un fattore alimentare che al contrario stimola il fegato a produrre meno colesterolo sono le fibre derivanti dai cibi come le verdure, legumi, frutta secca. Infatti la fermentazione della fibra alimentare, nel colon, ad opera dei batteri intestinali, dà luogo ad alcuni acidi grassi a corta catena (come ad esempio l’acido butirrico, proprio quello contenuto nel burro, guarda caso) che agiscono inibendo l’enzima del fegato che avvia la produzione di colesterolo. Questa è appunto una delle ragioni per cui la fibra alimentare è capace di far abbassare i livelli di colesterolo nel sangue. 

I fattori non di tipo alimentare che alzano i livelli di colesterolo nel sangue sono legati allo stile di vita. Lo stress cronico ad esempio determina un aumento di produzione del colesterolo, per poter costruire poi, a partire proprio dal colesterolo, gli ormoni mediatori dello stress, come il cortisolo e altri. Il fumo e lo stile di vita sedentario sono anch’essi forti attivatori dell’enzima del fegato che spinge la produzione di colesterolo. Infine anche alcuni farmaci possono contribuire ad un aumento dei valori nel sangue di questa sostanza.   

Dobbiamo aver paura del colesterolo alto?

Non sono i valori di colesterolo totale che dovremmo temere e nemmeno quelli di colesterolo LDL, cosiddetto “colesterolo cattivo”, ma che cattivo non può essere dato che lo produce il corpo stesso e serve per portare il colesterolo all’interno di tutte le cellule del nostro corpo. Quello che dovremmo invece tenere sotto controllo sono i processi di ossidazione e infiammazione del colesterolo stesso. Questi processi sono tipici delle persone che hanno un’alimentazione squilibrata e stili di vita non curati: non dormono bene, mangiano cibi spazzatura e molti zuccheri. Un altro aspetto molto importante da capire a livello dietetico è cosa ci ha portato la tendenza delle diete low-fat, cioè a basso contenuto di grassi, perorate ormai da decenni in tutto l’ambiente medico e dei nutrizionisti. In pratica ci hanno detto che i grassi fanno male e sono da evitare, infatti vi sarà capitato senz’altro di sentire spesso affermazioni del tipo:

  • “Olio extravergine di oliva? Non abusarne, solo un filo d’olio per condire l’insalata o i piatti a tavola.
  • La frutta secca? Per carità, è troppo calorica perché ricca di grassi.”
  • “Il burro? Da evitare, tappa le arterie e porta all’infarto, meglio le margarine.”
  • “Latte e yogurt intero? Assolutamente no, comprate quello scremato e le versioni Light.”
  • “Formaggi? Non più di qualche grammo a settimana, sono ricchi di grassi saturi che alzano il colesterolo.”

In definitiva è stato suggerito l’eliminazione dalla nostra alimentazione di praticamente tutti i grassi, e come risultato che cosa abbiamo fatto? Abbiamo aumentato l’introito di carboidrati, nella maggior parte dei casi quelli raffinati e industriali (specie di prodotti da forno come crackers, biscotti, merendine…), arrivando all’eccesso. Anche perché se andiamo a vedere la percentuale di macronutrienti nei cosiddetti alimenti low-fat, vedremo un aumento sproporzionato in una particolare categoria, quella dei carboidrati e degli zuccheri. Provate a vedere ad esempio quanti zuccheri aggiunge l’industria negli yogurt Zero o light, utilizzatissimi da tutti su base quotidiana per colazioni e spuntini (vedi immagine qui sotto).

Ma cosa è successo dopo decenni di diete low-fat e demonizzazione dei cibi grassi? Le malattie croniche sono aumentate, gli infarti sono aumentati. Gli unici grassi da temere, in realtà, sono gli oli industriali e raffinati (margarine, olio di palma, oli vegetali raffinati come quello di girasole, colza, mais, arachidi), in quanto essi sono gli unici che nella loro produzione e commercializzazione subiscono grossi processi di ossidazione e trasformazione in un senso negativo che favorisce l’infiammazione dell’organismo. Se pensiamo che questi grassi sono impiegati proprio nei cibi che le persone usano ogni giorno per colazione, spuntini, spesso anche ai pasti principali e nel dopocena, ecco che i giochi sono fatti.

Fino a pochi anni fa, tutte queste informazioni relative al colesterolo, alle malattie cardiovascolari e infarto, alle uova, dovevano essere comunicate sottobanco e sottovoce. Tantissimi medici infatti non si sono mai esposti su questo argomento perché sapevano che le linee guida ufficiali erano abbastanza rigide. E cioè ad esempio dichiaravano che non si mangiano più di 2 uova a settimana, perché le uova avrebbero aumentato il rischio di infarto. Oggi le stesse linee guida sono diventate assai meno rigide, basti pensare che quelle del ministero della salute americano, che fino al 2015 raccomandavano l’assunzione al massimo di 300 mg di colesterolo al giorno dai cibi, dopo tale data hanno finalmente rimosso completamente questa inutile raccomandazione, senza dare più alcun limite per l’assunzione di colesterolo con gli alimenti. I medici della Harvard School of Public Health dichiarano sul loro sito web che “il consumo di 1 uovo al giorno non aumenterà il rischio di malattie cardiovascolari”. È già qualcosa, se si considera che i medici in Italia per decenni hanno detto che al massimo si dovrebbero consumare 2 uova a settimana! Certo, non è ancora la verità. La verità è che le uova non aumenteranno mai il rischio di malattie cardiovascolari, anche qualora se ne consumino 3 ogni giorno. 

Cibi contenenti colesterolo e contesto alimentare

Un aspetto importante, come sempre, è che invece di pensare ai singoli alimenti in maniera isolata, occorre capire in che contesto alimentare essi vengono assunti. È chiaro per esempio che se le uova vengono assunte assieme a mezzo chilo di pancetta, una fetta di crostata e un caffè con 8 cucchiaini di zucchero, è ovvio che hanno un effetto metabolico ben diverso dall’assumerle in un contesto di alimentazione sana. Si sa ad esempio che l’assunzione di grassi in un contesto metabolico in cui l’insulina tende ad essere sempre elevata perché si mangiano in parallelo anche tanti zuccheri, essa produce degli effetti – per esempio sulle nostre arterie – molto diversi da un consumo più elevato di grassi ma nel contesto di un’alimentazione povera di zuccheri. Mai isolare dunque un singolo alimento e fare grandi congetture filosofiche, ma vederlo in un contesto più ampio e di realtà nutrizionale. La stessa cosa può essere applicata al burro, ai latticini, e tutti i cibi contenenti colesterolo e grassi saturi.  

[Tabelle di composizione degli alimenti (CREA): https://www.alimentinutrizione.it/tabelle-nutrizionali/ricerca-per-nutriente ]
[di Gianpaolo Usai]

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5 Commenti

  1. Ottimo articolo. Per quel che mi riguarda da oltre 15 anni mangio burro biologico a colazione (acido butirrico…), in primavera un uovo al giorno, non disdegno né lo speck né il lardo di Colonnata, non bevo bevande zuccherate, amo ogni tipo di verdura, le noci e le mandorle, pasta e riso in modica quantità, pane secco di segale. I trigliceridi sono bassi, il colesterolo totale sotto i 200mg/dl. Una vera catastrofe per l’ industria farmaceutica. Forse per questo sono sopravvissuto a due dosi obbligatorie subletali di Spikevax…

  2. Ottimo articolo, che dovrebbe essere pubblicato su siti quali “Quotidiano sanita” in rete…
    E che dire delle continue diminuzioni di tolleranza laboratoristica sui valori colestolemici massimi ?…Forse che il mercato delle statine non c’entri in alcun modo?…

  3. Mi pare che i medici italiani siano all’oscuro completo di queste novità in fatto di alimentazione e attribuiscano ancora indici elevati di colesterolo agli alimenti. Quanti di loro si aggiornano sistematicamente? Mi sembra più probabile che leggano e riportino ai pazienti le linee guida fornitegli come se fossero le ricette dei dolci della nonna da seguire scrupolosamente e che queste linee guida siano sempre poco aggiornate.

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