lunedì 2 Dicembre 2024

Stop agli omicidi sul lavoro: parte la raccolta firme per la proposta di legge popolare

È stata ufficialmente lanciata la raccolta firme per l’introduzione del reato dell’omicidio e delle lesioni gravi o gravissime sul lavoro nell’ordinamento italiano. A promuoverla sono USB e Rete Iside, insieme ad altre forze politiche e sociali, che annunciano che la campagna partirà lunedì 4 settembre con eventi e banchetti in centinaia di posti di lavoro. La proposta di legge di iniziativa popolare – che potrà essere sottoscritta nelle postazioni fisse e, dal prossimo mese, anche con firma digitale (tutte le info sul sito che contiene i dettagli dell’iniziativa) – è stata partorita lo scorso maggio dal comitato costituito ad hoc. Lo slogan è “Fermiamo la strage, firma ora!”.

Il cuore della proposta di legge consiste nell’introduzione, con la creazione dell’art. 589-quater, del reato di omicidio sul lavoro. “Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni“, viene scritto nel testo. Essa prevede, inoltre, delle aggravanti: il datore di lavoro che – non avendo adempiuto agli obblighi base della tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro, avendo violato gli obblighi in tema di agenti fisici, sostanze pericolose, esposizione ad agenti biologici, rischio incendio, atmosfere esplosive, avendo fornito ai lavoratori strumenti, attrezzature o Dpi non conformi alla normativa comunitaria e nazionale, modificato per esigenze produttive i sistemi di protezione delle macchine o non effettuato la formazione e l’addestramento adeguati per i lavoratori rispetto all’utilizzo in sicurezza di attrezzature e Dpi – provochi per colpa la morte di un lavoratore “è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni“. Per quanto riguarda il reato di lesioni personali sul lavoro, il datore di lavoro che le cagiona per colpa a un lavoratore con violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali “è punito con la reclusione da due a quattro anni per le lesioni gravi, e da quattro a sette anni per le lesioni gravissime”.

Il testo contiene poi una serie di modifiche al Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tra queste, vi è l’introduzione dell’articolo 20-bis, in cui si legge che, “In caso di preventiva verifica di mancata attuazione da parte del datore di lavoro degli adempimenti a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, i singoli RLS, gli organismi territoriali delle organizzazioni sindacali nazionali, le rappresentanze sindacali aziendali e le Rsu possono ricorrere al giudice del lavoro, con la procedura d’urgenza di cui all’art. 28 della legge 300/70, perché ne ordini l’immediata applicazione“. Dunque, ove riconosca la fondatezza della denuncia proposta, il giudice “intima al datore di lavoro l’immediata rimozione del pericolo o l’attuazione immediata degli adempimenti non rispettati e decide la sanzione in caso di mancata ottemperanza entro sessanta giorni dalla sentenza”.

I dati delle morti sul lavoro, in Italia, sono drammatici. Secondo il monitoraggio effettuato da USB e Rete Inside, dal 1 gennaio 2023 ad oggi se ne contano ben 740. Il 2022 – dati Inail – si era chiuso a quota 1.090. Complessivamente, nell’ultimo quinquennio, sul posto di lavoro sono morte oltre 4mila persone, e dal 2017 al 2021 si contano 74 minori rimasti uccisi mentre lavoravano. Coloro che hanno subito lesioni, ferite e traumi sul lavoro sono invece oltre 4 milioni. “Vogliamo portare al centro del dibattito pubblico questo tema fondamentale, coinvolgendo direttamente lavoratrici e lavoratori nei posti di lavoro – affermano i promotori dell’iniziativa -. In Italia esiste una cultura padronale che vede, troppo spesso, le misure di sicurezza come un costo da ridurre per aumentare i profitti: la nostra proposta vuole essere un deterrente, che abbia un effetto pratico immediato, contro chi continua a speculare sulle vite di chi lavora”.

[di Stefano Baudino]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria