sabato 14 Dicembre 2024

Nei fondali dell’Oceano Pacifico è stato scoperto un nuovo ecosistema

Nei fondali dell’Oceano Pacifico, al largo dell’America centrale, un nuovo ecosistema marino è stato scoperto da un team internazionale di scienziati, i quali grazie all’aiuto di un robot sono riusciti a fare luce su ciò che si trova nelle cavità poste sotto le bocche idrotermali di un vulcano sottomarino. È proprio lì, precisamente a 2.500 metri di profondità, che si nasconde l’ecosistema, brulicante di vermi, lumache e batteri chemiosintetici che vivono in acqua ad una temperatura di 25 gradi centigradi. Una scoperta di fondamentale importanza, che conferisce nuove certezze alle nostre conoscenze sul mondo marino: adesso, infatti, è stata sostanzialmente certificata la presenza di habitat attorno alle sorgenti idrotermali esistenti nelle grande profondità marine, una ipotesi che fino ad ora non poteva essere data per certa. Una scoperta che, inoltre, chiama a interrogarsi sull’importanza di preservare gli oceani, proprio nel momento in cui sempre più Paesi si stanno lanciando in progetti di esplorazione delle acque profonde per l’estrazione di minerali.

Gli scienziati hanno trascorso gli ultimi 46 anni a studiare le bocche idrotermali e la vita microbica nel sottosuolo, ma non hanno mai cercato animali sotto queste sorgenti termali vulcaniche”:  si legge a tal proposito in un comunicato dello Schmidt Ocean Institute (l’istituto che ha favorito la ricerca), il quale non a caso definisce “storica” la spedizione di 30 giorni che gli scienziati hanno effettuato grazie alla sua nave da ricerca “Falkor”.

Un lavoro a quanto pare faticoso, ma che alla fine ha generato i risultati citati grazie alla collaborazione di scienziati provenienti dai più disparati paesi, ovverosia Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi, Francia, Costa Rica e Slovenia. Questi ultimi, inoltre, hanno trovato prove che portano a pensare che i cosiddetti vermi tubolari si spostino attraverso le bocche idrotermali con lo scopo di colonizzare nuovi habitat: si tratta di animali tipici delle sorgenti idrotermali, anche se finora “pochissimi dei loro piccoli erano stati rinvenuti nelle acque sovrastanti le bocche idrotermali”. Il team di esperti ipotizza che gli animali possano spostarsi sotto il fondale con il fine di creare nuove comunità idrotermali, le quali del resto si formano in tempi relativamente brevi. “Quando appare una nuova bocca idrotermale, l’ecosistema si forma rapidamente mentre gli animali colonizzano l’area in pochi anni”, afferma infatti lo Schmidt Ocean Institute, precisando come il team sia stato “il primo a esaminare e confermare che le larve tubolari possono stabilirsi e persino vivere sotto il fondale marino”.

Le sorgenti idrotermali sono fratture nella superficie terrestre da cui fuoriesce acqua geotermicamente riscaldata che si trovano comunemente anche nelle profondità marine: nei pressi di aree vulcanicamente attive, in zone in cui le placche tettoniche si stanno muovendo, nelle dorsali oceaniche o nei punti caldi della crosta terreste.

«La nostra comprensione della vita animale nelle bocche idrotermali in acque profonde si è notevolmente ampliata con questa scoperta», ha dunque dichiarato la dottoressa a capo della spedizione, Monika Bright, sottolineando come l’aver trovato «un nuovo ecosistema, nascosto sotto un altro ecosistema, fornisca nuove prove che la vita esiste in luoghi inaspettati». Ovviamente, però, quanto emerso dalla spedizione rappresenta solo la punta dell’iceberg, motivo per cui la presidente e co-fondatrice dello Schmidt Ocean Institute – Wendy Schmidt – ha specificato che scoperte del genere «rafforzano l’urgenza di esplorare a fondo l’oceano in modo da sapere cosa esiste nelle profondità marine». C’è ancora molto da scoprire «sul nostro Oceano», ha inoltre affermato la presidente dell’istituto, sottolineando «quanto sia importante proteggere ciò che non conosciamo o non comprendiamo ancora».

Basterà ricordare che secondo lo Schmidt Ocean Institute ecosistemi del genere “potrebbero essere vulnerabili all’estrazione mineraria in acque profonde”, la quale del resto sembrerebbe in grado di arrecare i più disparati danni agli ecosistemi marini. La buona notizia è rappresentata dal fatto che nelle scorse settimane l’estrazione mineraria in acque profonde internazionali è stata bloccata dall’ISA (l’Autorità internazionale per i fondali marini), anche se il via libera ai processi estrattivi potrebbe arrivare nel prossimo futuro. Eppure attività del genere dovrebbero essere bandite in base a quanto comunicato dagli scienziati, secondo cui da un lato si dovrebbero tutelare preventivamente gli oceani e dall’altro si dovrebbero condurre sempre più ricerche a riguardo: solo così potremo avere informazioni maggiori sui fondali marini e conseguentemente tutelare in maniera più efficace gli oceani, che evidentemente al momento conosciamo solo superficialmente.

[di Raffaele De Luca]

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