lunedì 6 Maggio 2024

A Latina e Ragusa lo sfruttamento minorile è una vera e propria emergenza

Sono impietosi i dati diffusi dal XIII rapporto di Save The Children sullo sfruttamento minorile in Italia. Il report, pubblicato in occasione della Giornata Internazionale Contro la Tratta di Esseri Umani, è incentrato sulle violazioni del diritto alla salute e all’educazione di bimbi e adolescenti, figli di braccianti, in due specifiche zone del Paese: la provincia di Latina e la Fascia Trasformata di Ragusa. Aree in cui i giovanissimi, molto spesso, si trovano a trascorrere l’infanzia in dimore di fortuna nei terreni agricoli, isolati dal resto del mondo, con un accesso complicato alla carriera scolastica e ai servizi sanitari e sociali.

Nella Provincia di Latina, spiega il rapporto, “ci sono circa 20.000 operai agricoli censiti/regolari, di cui circa 13.000 di origine straniera e i restanti 7.000 circa di
origine italiana”. Molto diffuso è il fenomeno dei braccianti irregolari, estremamente difficile da stimare in termini numerici. Nel documento, gli operatori di Save The Children segnalano come i minori incontrati nella cornice dell’indagine, a 9-10 anni, “sono spesso già adulti. Al di fuori dell’orario scolastico trascorrono molto tempo soli. Crescono fratelli e sorelle più piccoli. Il livello di scolarizzazione è diffuso, almeno fino a 16 anni. Molti di loro non fanno sport, né altre attività ricreative”. Ma sono stati segnalati anche dei preoccupanti casi limite, come quelli di “bambini di 6-7 anni con depressione diagnosticata dal pediatra o con difficoltà a gestire la rabbia, a causa della situazione familiare disagiata“. Un problema che si acutizza nelle famiglie di origine straniera: “i braccianti sono soggetti fragili, come i loro figli, spesso non conoscono né l’italiano né il nostro sistema legislativo, non hanno la consapevolezza di avere dei diritti“. E, dunque, “a catena anche i figli non elaborano sin da piccoli il concetto di ‘diritto’, crescono avendo come modello quello genitoriale e sono quindi candidati a loro volta ad essere gli sfruttati del futuro“.

Il Procuratore capo di Latina ha confermato quanto il fenomeno dello sfruttamento, che va ad inserirsi in un territorio estremamente delicato dal punto di vista criminale, sia radicato. Addirittura, dalle analisi effettuate da Save The Children è emerso come in determinate zone si cominci a lavorare come braccianti a soli 13-14 anni. “A Bella Farnia, una delle aree di residenza indiana più importanti della zona, abbiamo realizzato diverse interviste a giovani di 16 e 17 anni che ci hanno raccontato di aver iniziato a lavorare nei campi subito dopo la fine dell’anno scolastico – continua il report -. Alla domanda: hai un contratto? Hanno tutti risposto: ‘Sì’. Ce lo fai vedere? ‘Non posso, ce l’ha il padrone‘”. Un altro fenomeno preoccupante, emerso dalle indagini dei carabinieri del Nas di Latina e confermato dallo studio dell’associazione, riguarda il massiccio “uso che i lavoratori agricoli fanno di oppiacei per sopportare la stanchezza fisica”, finendo per esserne dipendenti.

Un capitolo problematico è poi legato all’accesso alla scuola e alla dispersione scolastica. “I bambini del ghetto di Bella Farnia si iscrivono in un plesso distaccato della scuola – continua il rapporto. – Quest’anno si sono registrate le difficoltà maggiori perché è cresciuto il numero dei bambini stranieri senza un adeguato sostegno linguistico”. Eppure, le scuole rimangono chiuse al pomeriggio, sono concepite pochissime ore di mediazione linguistica e i servizi ricreativi finanziati sono accessibili solo per qualche ora a settimana. Il dato della dispersione scolastica è drammatico anche se si alza lo sguardo a livello regionale: nel Lazio si attesta al 7,4%. L’indagine di Save The Children ha anche posto in evidenza l’annoso problema delle violenze domestiche, che il più delle volte vedono come vittime mogli e figli all’interno dei nuclei familiari e sovente si consumano in case fatiscenti in campagna (spesso senza riscaldamento e acqua calda), lontano da tutto e da tutti.

Anche nel ragusano lo scenario fa rabbrividire. Nella provincia sorgono “5.200 aziende agricole” e sono attivi “28.274 lavoratori e lavoratrici di cui poco più di 15.000 italiani/e e 12.653 stranieri/e”. Anche qui fioccano gli irregolari: “nessuno sa precisamente quanti sono” e “sbarcano il lunario lavorando in campagna, più sfruttati degli sfruttati perché senza permesso di soggiorno”. L’associazione spiega che, “così come per la provincia di Latina, lo sfruttamento lavorativo che schiaccia i genitori ha conseguenze devastanti anche sui loro figli. C’è un dato peggiore però che abbiamo riscontrato qui: le evidenze di lavoro minorile trovate in provincia di Ragusa sono maggiori, una pratica radicata e diffusa“.

Intervistati dai membri dell’associazione, molti minorenni hanno candidamente “ammesso” di essere giovanissimi lavoratori. Una problematica che, però, non arriva sul tavolo delle istituzioni competenti: “Segnalazioni formali non ce ne sono, come ci raccontano all’Ispettorato del Lavoro della provincia di Ragusa – spiega Save The Children -. I pochi casi che emergono fanno seguito a attività ispettive, portate avanti dal Nucleo Ispettorato del Lavoro dei Carabinieri, perché di ispettori civili ce n’è uno solo per tutto il ragusano“. Tra le serre delle campagne del territorio compreso fra Marina di Acate e Scoglitti, frequentato dai turisti solo nei mesi di luglio e agosto, “restano solo decine di famiglie tunisine e romene che vivono in case, stalle, accampamenti, dentro le aziende stesse. Alcune in muratura, altre solo baracche fatiscenti“. A mancare sono presidi sanitari, scuole, chiese. Poco distante, uomini nordafricani “occupano le abitazioni più malandate, impossibili da chiamare ‘casa’”: fanno ingresso in “ruderi con le finestre sigillate dalla plastica” e “non hanno né acqua, né corrente“.

“Tutti i minori che vivono in questo territorio – dice ancora il rapporto – soffrono di povertà educativa, anche a causa della mancanza di servizi come una piazza, un’area verde, un centro sportivo. Vivono completamente isolati dai contesti urbani e dagli uni con gli altri”. Solo la Caritas, nella zona, è riuscita a smuovere qualcosa, attivando alcuni laboratori “per favorire la socializzazione tra i ragazzi”. La fascia più penalizzata è “quella 0-6 anni, perché non c’è attualmente né un asilo nido, né una scuola materna” né “un mezzo per raggiungere quella del Paese vicino”. Infatti, “le mamme che non lavorano tengono i bambini, quando invece lavorano entrambi i genitori tocca – come a Latina – ai fratelli più grandi badare ai più piccoli e questo significa automaticamente l’abbandono scolastico a partire dai 12/13 anni in su”. Molti minorenni “sono impiegati nell’azienda di famiglia già a partire dai 10 anni, non quotidianamente, ma sono obbligati a dare una mano nel periodo della raccolta”. Ci sono poi “pochi minori che invece supponiamo lavorino quotidianamente nell’azienda di famiglia”.

Non mancano, anche in questo caso, allarmanti episodi di violenze e segregazioni domestiche, di abusi sessuali e inserimenti forzati in giri di prostituzione, che riguardano sia italiani che stranieri. Una bambina costretta a prostituirsi, addirittura, era stata “venduta dai genitori alla suocera per 5.000 euro, un tacchino e dell’alcool”. Ovviamente, per le sue caratteristiche, la Fascia Trasformata “è terreno fertile per le organizzazioni criminali“, pronte a reclutare manodopera, destinandone poi una parte, ovvero “le donne e le ragazze anche in giovanissima età”, allo sfruttamento sessuale.

[di Stefano Baudino]

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