martedì 30 Aprile 2024

Gli indigeni hanno sconfitto il progetto di legge genocida del governo peruviano

«Uno straordinario colpo di scena», come lo ha definito l’organizzazione per i diritti umani Survival International scrivendo di quanto accaduto in Perù. Il Congresso – il parlamento unicamerale del Paese – ha bocciato il Progetto di Legge 3518, quello che gli indigeni – non senza ragioni – avevano rinominato «genocida» perché, se entrato in vigore come auspicavano i deputati legati alle compagnie fossili e del gas, avrebbe sterminato le popolazioni incontattate che abitano alcune zone del territorio.

Difatti la normativa, se approvata, avrebbe concesso l’autorizzazione ad estrarre petrolio e minerali in aree oggi protette, disboscate per far posto a escavatori e ruspe – un processo che, secondo i sostenitori della legge, avrebbe favorito la promozione e lo sviluppo economico del Perù. Di riflesso, i popoli incontattati residenti in quelle porzioni di terreno – che si stima siano 25 – avrebbero perso ogni diritto sulla terra, riconosciutogli di recente: le riserve indigene non sarebbero più state considerate come tali, e di certo non ne sarebbero state create di nuove – un’azione estremamente necessaria invece per quelle comunità i cui territori ad oggi non sono ancora stati protetti.

Pare che dietro la proposta di legge ci fosse la controversa compagnia petrolifera anglo-francese Perenco. Questa, infatti, già opera nelle terre dei popoli incontattati nel Perù settentrionale e in passato ha più volte chiesto al Governo nazionale di abrogare la normativa che garantisce protezione ai popoli indigeni in isolamento, non credendo nella loro esistenza. «Questo progetto di legge è un palese furto di terra da parte dell’industria del gas e del petrolio, e dei suoi alleati, e avrebbe distrutto completamente i popoli incontattati del Perù. Nulla di simile è mai stato tentato, in nessuna parte del mondo», ha commentato Teresa Mayo di Survival international. «I popoli indigeni non sarebbero sopravvissuti a questa totale distruzione».

D’altronde la storia ha già vissuto uno scenario simile. Le comunità incontattate, costituite da persone che volontariamente hanno scelto di vivere in isolamento, sono estremamente protettive nei confronti della loro terra e della loro gente, proprio per via del loro rifiuto ad avere qualsiasi tipo di contatto con il mondo esterno. È prima di tutto una questione di sopravvivenza. Tribù così antiche come quelle peruviane vivono lontane dalla società industrializzata ormai da secoli. Il loro corpo ha imparato a sopravvivere a certi tipi di batteri e malattie, ma non alle nostre: il sistema immunitario di una persona indigena sarebbe in grado di cedere anche per un banale raffreddore.

Possiamo affermarlo con certezza perché è già capitato. Quando i colonizzatori europei, dopo la scoperta di Colombo, iniziarono la conquista di quel territorio che oggi chiamiamo Stati Uniti d’America, la popolazione nativa fu praticamente decimata – non si hanno stime precise, ma si parla di milioni di vittime. Una delle cause principali dello sterminio fu la diffusione di nuove malattie, per cui gli occidentali avevano già sviluppato una certa quantità di difese immunitarie. Gli indigeni, invece, morirono colpiti da vaiolo, morbillo, e influenza.

Un enorme perdita che ha riguardato – e riguarda – anche la questione ambientale: garantire la sopravvivenza delle comunità indigene significa garantire protezione ai terreni che abitano. Proprio agli inizi di giugno in Perù un gruppo di indios ha assaltato e sequestrato due petroliere in transito, per protestare contro l’approvazione di un regolamento che ha autorizzato lo sfruttamento di un nuovo giacimento petrolifero all’interno del loro territorio. Il gruppo indigeno, che ha anche attaccato una nave della Marina militare, ha chiesto di ricevere maggiori profitti e indennizzi per lo sfruttamento del petrolio estratto nelle loro terre e che si ponga fine ai continui sversamenti di greggio che inquinano corsi d’acqua e foreste.

In generale, il Paese sta vivendo ormai da mesi un periodo di grande instabilità politica: lo scorso dicembre Pedro Castillo, presidente socialista democraticamente eletto, è stato deposto dopo aver tentato di sciogliere il Congresso. L’attuale presidente Dina Boluarte, che ne ha preso il posto, è bersaglio di grandi proteste nel paese – più volte represse nel sangue, con decine di morti – e invisa ai parlamentari di sinistra, che a gennaio ne hanno chiesto l’impeachment. La bocciatura del Progetto di Legge 3518 ha suscitato stupore anche per questo motivo: fino ad ora la politica del nuovo presidente ha mostrato un atteggiamento di chiusura nei confronti dei popoli indigeni. Tuttavia questi ultimi, nonostante la recente vittoria, di certo non possono comunque ritenersi al sicuro.

[di Gloria Ferrari]

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