venerdì 26 Aprile 2024

In Perù la resistenza indigena ha sequestrato due petroliere

In Perù un gruppo di indios ha assaltato e sequestrato due petroliere in transito per protestare contro l’approvazione di un regolamento che autorizza lo sfruttamento di un nuovo giacimento petrolifero all’interno del loro territorio. Il gruppo indigeno, che ha anche attaccato una nave della Marina militare, chiede di ricevere maggiori profitti e indennizzi per lo sfruttamento del petrolio estratto nelle loro terre e che si ponga fine ai continui sversamenti di greggio che inquinano corsi d’acqua e foreste. L’attacco, in particolare, è stato rivolto alle petroliere della compagnia petrolifera canadese PetroTal ed è stato effettuato con bombe Molotov lungo un affluente del Rio delle Amazzoni. Pronte le accuse di terrorismo alle quali gli indios hanno risposto: «Quel che accade nel distretto di Puinahua è di esclusiva responsabilità della compagnia PetroTal e dello Stato, che ne è diventato complice con l’azione o l’inazione, permettendo alla compagnia di uccidere la nostra popolazione e distruggere l’ambiente nella totale impunità».

Al momento, infatti, la compagnia PetroTal e il governo hanno messo a disposizione per lo sviluppo del distretto interessato, quello di Puinahua, appena il 2,5% delle entrate, tra l’altro, a patto che le attività petrolifere non siano più contestate. Ma il motivo celato dietro una protesta così intensa affonda le sue radici nel passato e, in particolare, nel massacro della Curva del Diablo. Nell’Amazzonia Peruviana, 14 anni fa, vennero sterminati gli indios delle comunità che si erano schierate contro uno Stato restio a riconoscere i loro diritti. Diritti da sempre violati allo scopo di incentivare lo sfruttamento delle risorse esistenti. «14 anni in cui, lungi dall’aver imparato la lezione e prevenire eventi come quelli citati – ha dichiarato l’Asociación Indígena de Desarrollo y Conservación del Bajo Puinahua – si continua ad alimentare situazioni simili, rifiutandosi di ascoltare e comprendere le comunità e imponendo progetti estrattivi nei loro territori senza consultazione. Ad un certo punto abbiamo pensato che il sangue versato dai peruviani il 5 giugno 2009 fosse servito a comprendere meglio i nostri problemi e l’urgenza di garantire i nostri diritti».

In Perù, una legge sulla consultazione preventiva effettivamente esiste, ma a quanto pare è lo Stato stesso che si rifiuta di rispettarla. In molti casi, adducendo la mancanza di regolamentazione della legge, non viene attuata e si cerca un accordo preventivo tra investitori e collettività come mezzo per giustificarne la non applicazione. In altri invece, anche laddove le popolazione indigene vengono interpellate prima dello sviluppo di un qualsivoglia progetto, la consultazione è stata ridotta ad un atto amministrativo privo di dialogo. Per questo l’attacco è stato indirizzato anche alla Maina Militare: «Lo Stato continua ad essere assente e permette alle aziende di violare impunemente i nostri diritti collettivi – ha aggiunto l’associazione indigene promotrice della protesta – non solo non si è imparata la lezione dal massacro del 2009, ma lo Stato e le compagnie continuano ad alimentare situazioni simili in cui gli unici o coloro che ci perdono per la maggior parte sono le comunità. Da parte nostra continuiamo e continueremo a lottare affinché lo Stato e le imprese non continuino a ritenerci cittadini di serie B e che quindi non abbiamo diritto a nulla. Il Sangue versato non sarà mai dimenticato e non permetteremo più abusi».

[di Simone Valeri]

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