giovedì 12 Dicembre 2024

Assange: l’Alta Corte Britannica respinge l’appello contro l’estradizione

Un giudice dell’Alta Corte del Regno Unito ha respinto tutti e otto i motivi dell’appello di Julian Assange contro l’ordine di estradizione negli Stati Uniti. Il giornalista australiano, caporedattore di WikiLeaks (che nel 2010 pubblicò documenti segreti su torture e crimini di guerra USA), è accusato di spionaggio e intrusione informatica. Dall’11 aprile 2019 è incarcerato presso la prigione Belmarsh nel Regno Unito e, circa un anno fa, l’allora ministra degli Interni britannica Priti Patel aveva firmato l’ordine di estradizione negli Stati Uniti, dove il giornalista potrebbe scontare fino a 175 anni di carcere duro. Nonostante il ricorso a suddetto ordine sia appena stato respinto, Stella Assange, la moglie di Julian, ha annunciato che verrà presentata una nuova domanda di appello all’Alta Corte la prossima settimana e, in quel caso, sarà valutata da due nuovi giudizi in un’udienza pubblica.

Quasi 13 anni fa il sito WikiLeaks pubblicava oltre 250 mila documenti segreti contenenti informazioni sensibili. Da episodi di spionaggio a danni di Paesi alleati a prove di uccisioni indiscriminate, torture e crimini di guerra degli Stati Uniti in Iraq e Afghanistan. Dopo anni trascorsi cercando di sfuggire all’arresto degli Stati Uniti e ai tentativi dei servizi segreti di porre fine alla sua vita, dall’11 aprile 2019 Julian Assange è incarcerato presso la prigione Belmarsh, nel Regno Unito. La battaglia per la sua libertà è divenuta così il simbolo della lotta per la libertà di stampa, con forti proteste sia da parte dell’opinione pubblica sia da parte di organizzazioni per i diritti umani, tra cui l’ONU e Amnesty International. Il 5 gennaio 2021 la giustizia inglese negò l’estradizione per motivi di salute, in quanto c’era il rischio di tendenze suicide. La sentenza però venne poi ribaltata il 10 dicembre 2021 dall’Alta Corte di Londra e il 22 giugno 2022 l’allora ministra degli Interni Priti Patel firmò l’ordine di estradizione negli Stati Uniti.

Secondo il ricorso formulato dal team di legali di Assange, la ministra avrebbe commesso un errore procedurale nel decidere di approvare un ordine di estradizione che violerebbe il criterio di specificazione e l’articolo 4 del Trattato USA-Regno Unito. Inoltre, il giornalista verrebbe processato e punito per le sue opinioni politiche, nonostante quello alla libertà di espressione sia un diritto che andrebbe tutelato (come prescritto nell’articolo 10 del Trattato di estradizione e come stabilito dagli articoli 1 e 14 della Costituzione USA). Infine, sempre secondo il ricorso, la richiesta sarebbe incentrata su reati di natura politica (e quindi inapplicabile): il governo statunitense avrebbe travisato i fatti principali riguardanti il caso davanti ai tribunali britannici e l’estradizione (e le conseguenze da essa provocate) avrebbero costituito una procedura abusiva, ovvero un uso sproporzionato e fuori luogo di mezzi legali per finalità persecutorie.

Tuttavia, martedì 6 giugno il giudice monocratico Jonathan Swift ha respinto tutti e otto i motivi dell’appello, emettendo una decisione di tre pagine. Il team legale di Assange, oltre a dover individuare eventuali nuove strategie per la difesa, ha ora tempo fino a martedì 13 giugno per presentare un appello di 20 pagine massime ad una giuria di due giudici, che convocherà un’udienza aperta al pubblico. Stella Assange, moglie di Julian, ha dichiarato: «Martedì prossimo mio marito Julian Assange presenterà una nuova richiesta per essere udito davanti all’Alta Corte. Rimaniamo fiduciosi di avere la meglio e che Julian non sarà estradato negli Stati Uniti, dove dovrà affrontare accuse che potrebbero portarlo a trascorrere il resto della sua vita in un carcere di massima sicurezza per aver pubblicato informazioni veritiere, che hanno rivelato crimini di guerra commessi dal governo degli Stati Uniti». Oltre a confidare nella giustizia, l’ultima speranza per la liberazione sembrerebbe essere nelle mani di Re Carlo. Infatti, nonostante il rigoroso controllo su ogni comunicazione che entra ed esce dall’edificio di detenzione, la prigione Belmarsh ha incredibilmente concesso la diffusione della lettera che Julian ha scritto al re. La speranza, alla luce delle recenti ricostruzioni de L’Indipendente, è che la lettera contenga in realtà un messaggio in codice per iniziare una trattativa per la liberazione del giornalista.

[Roberto Demaio]

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