Realizzare un Giardino della Memoria in via d’Amelio, a Palermo, nel luogo esatto in cui, il 19 luglio 1992, il tritolo spegneva la vita di Paolo Borsellino e dei ragazzi della sua scorta. È il piccolo-grande sogno di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato ucciso e fondatore del Movimento delle Agende Rosse, che si sta spendendo in prima persona per ridare dignità ad un “luogo sacro”, per troppi anni ostaggio della caotica quotidianità cittadina e ancora oggi irresponsabilmente utilizzato come parcheggio a cielo aperto. Per questo, Borsellino ha lanciato una petizione online su change.org (che si può firmare a questo link), che in soli 6 giorni ha raggiunto le 57.000 sottoscrizioni.
“Mentre nelle stanze del potere si discute sull’intitolazione di un aeroporto milanese ad una persona appena defunta e sulla quale sarebbe prima necessario che vengano alla luce almeno delle verità storiche se non delle risultanze processuali ormai superate dalla morte del suo protagonista – scrive Borsellino nell’incipit della petizione, riferendosi alla controversa proposta di intitolare a Silvio Berlusconi l’aeroporto di Linate -, voglio lanciare un appello a tutti i cittadini di buona volontà perché venga posto finalmente rimedio a quel mancato divieto di sosta che, ormai quasi trentuno anni fa, facilitò il compito a chi doveva preparare quell’attentato che spezzò la vita di Paolo e dei cinque agenti della sua scorta”. Ciò che non molti sanno è che prima della morte del giudice venne richiesta l’applicazione di un divieto di sosta in via D’Amelio, al fine di liberarla dalle macchine non sottoposte a controllo. Notoriamente, infatti, Paolo Borsellino si recava spesso dall’anziana madre, che risiedeva al civico 21, ma la misura di sicurezza non fu mai attuata. E ad esplodere, quel 19 luglio, fu proprio un’automobile – una Fiat 126 -, precedentemente parcheggiata davanti all’ingresso dell’abitazione.
“In quel luogo che quell’esplosione aveva trasformato in un inferno, in quella terra bagnata dal sangue mescolato insieme di Paolo dei suoi ragazzi, in quella terra dove erano disseminati i pezzi dei loro corpi smembrati, mia madre ha voluto che fosse piantato un ulivo, che fece venire apposta da Betlemme, perché quel luogo diventasse un simbolo di pace e di speranza piuttosto che di violenza e di morte – spiega il fondatore del Movimento delle Agende Rosse -. Quell’ulivo oggi è meta del pellegrinaggio delle tante persone che da ogni parte d’Italia e del mondo si recano in quel luogo e si raccolgono in meditazione, ma oggi come allora, la strada è sempre ingombra di macchine che lo circondano e lo soffocano”.
Il Movimento delle Agende Rosse, nel corso del tempo, ha lavorato con grande determinazione alla valorizzazione e alla salvaguardia di via D’Amelio, ma ciò non è bastato a porre rimedio alle storture che, nonostante i tre decenni trascorsi dall’efferata strage, sono sfociate nell’oggi senza soluzione di continuità. “Ogni mattina, appena accendo il computer, la prima cosa che faccio è collegarmi alla telecamera che dal Castello Utveggio inquadra quell’ulivo – racconta Borsellino – e ogni mattina mi si stringe il cuore a vederlo circondato dalle macchine che anche in sosta selvaggia, nonostante le strisce che dovrebbero indicare il divieto, riempiono quella strada. Ogni mattina mi torna in mente quel 19 luglio e quel divieto di sosta che allora non c’era e che oggi è come se non ci fosse perché continua a non essere rispettato“.
Borsellino spiega dunque il significato e l’obiettivo della sua battaglia: “Mi è nato dentro un sogno, che quello che oggi è soltanto un posteggio di auto possa diventare finalmente un Giardino della Memoria dove le centinaia di persone che ogni giorno, a tutte le ore del giorno, vengono davanti a quell’albero, possano sostare in raccoglimento, magari sedendosi a riposare su delle panchine che lo circondino delle aiuole che lo delimitino, senza doversi districare in mezzo alle auto, facendo ritornare quel luogo quello che è e che deve essere, un luogo sacro che ricordi il sacrificio di quelli che oggi chiamano eroi, che chiedono soltanto un po’ di pace”. Nel giardino, aggiunge Borsellino, “porrebbero essere poi piantati degli altri ulivi che ricordino le altre vittime, gli altri martiri di questa lotta che ha fatto così tante vittime nella nostra città e non solo”.
Per adesso, quello di Salvatore Borsellino è “soltanto un sogno”. Ad ogni modo la sfida, simbolica ma dalla grande portata etico-culturale, è lanciata: “Se davvero in tanti firmeremo questa petizione, ignorare la nostra richiesta sarà più difficile per chi pensa soltanto ad intitolare aeroporti a chi non merita neanche di avere intitolato un vicolo”, chiude il fratello di Paolo. In questo modo, il sogno “potrà diventare realtà“.
[di Stefano Baudino]
Il tuo sogno , Salvatore , diventerà realtà ,perchè questo nostro strano Paese , ha anche una coscienza civile e vuole in ogni modo dimostrarlo , non so dire se sia una minoranza , ma senza dubbio ha una voce molto alta . Ben venga un ricordo per le vittime della Mafia ,a cominciare da tuo fratello , il giudice che ha dato la sua vita per contrastarla . Sono ancora scossa e commossa perchè ricordo bene quando annunciarono alla radio il misfatto . E i consapevoli eroi della scorta , uomini e donne volti al sacrificio per onorare la loro divisa e lo Stato.