venerdì 4 Ottobre 2024

Il Regno Unito vieta le false pubblicità “green” delle multinazionali del fossile

Per difendere i consumatori dalle pubblicità ambientali che diffondono informazioni distorte, l’Advertising Standards Authority (ASA), l’organizzazione di autoregolamentazione del settore pubblicitario nel Regno Unito, ha deciso di vietare nel Paese la pubblicazione di una campagna pubblicitaria di Shell, una delle più grandi multinazionali al mondo operante nel settore petrolifero, nell’energia e nella petrolchimica, perché giudicata ingannevole. Secondo l’ASA, i video promozionali programmati per l’online e per la tv – così come le affissioni fisiche previste – non possono essere pubblicati perché sponsorizzano esclusivamente gli investimenti dell’azienda in energie rinnovabili e quanto questa si stia impegnando attivamente nella transizione ‘verde’ del Regno Unito, senza però menzionare tutto il resto delle attività inquinanti che quotidianamente porta avanti (e che ad oggi sono il fulcro e la fonte di guadagno della multinazionale).

L’Advertising Standards Authority dice che, con questo atteggiamento, Shell si pone in modo poco trasparente nei confronti del consumatore, cercando di celare ciò che in realtà è: un colosso che nei primi tre mesi del 2023 ha prodotto un milione e mezzo di barili di petrolio al giorno. Una decisione, quella dell’organizzazione, a cui i maggiori esponenti dell’azienda hanno tentato di replicare principalmente in due modi: dichiarando che in realtà la pubblicità sponsorizzava esclusivamente il lavoro condotto da una società sussidiaria, la Shell Energy UK, che si occupa di energia elettrica, e facendo appello al buon senso dei consumatori. Secondo la multinazionale, questi sarebbero consapevoli dell’impatto ambientale dell’azienda e del suo legame con i combustibili fossili, «ma ciò che molte persone non sanno è che stiamo anche investendo molto in energia a basse e zero emissioni di carbonio, inclusa la costruzione di una delle più grandi reti pubbliche di punti di ricarica per veicoli elettrici del Regno Unito».

Shell non è stata l’unica ad essere colpita dal veto dell’ASA. Negli scorsi giorni quest’ultima ha deciso di bloccare anche le campagne pubblicitarie della società spagnola Repsol, attiva in quasi trenta Paesi nei settori del petrolio e del gas naturale, e della Petronas, azienda petrolifera statale malaysiana, fondamentalmente per le stesse ragioni fino ad ora elencate. Tutti gli spot presi di mira dall’organizzazione, infatti, in qualche modo sono stati giudicati colpevoli di mettere in luce le ambizioni ‘verdi’ delle compagnie petrolifere, lasciando invece in ombra numeri e informazioni sulle loro emissioni di carbonio.

Invece, a detta dell’Advertising Standards Authority, i consumatori stanno cercando di avvicinarsi sempre di più alle aziende che vogliono prendere le distanze dai combustibili fossili, e quando una fra queste fa credere all’utente che sia così, quando non lo è, significa ingannarlo. Motivo per cui, tra marzo e aprile di quest’anno l’ASA ha anche bloccato una campagna pubblicitaria di Etihad Airways, la compagnia aerea di bandiera degli Emirati Arabi Uniti, e una della tedesca Lufthansa, accusate entrambe di nascondere il vero impatto ambientale dei voli.

Nel resto d’Europa sul tema del greenwashing – il nome con cui si identifica la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale – sembra muoversi qualcosa.

Di recente la Commissione europea ha presentato una proposta per stabilire criteri comuni per contrastare il fenomeno e le asserzioni ambientali ingannevoli, così da fornire ai consumatori maggiore chiarezza e maggiori garanzie del fatto che un prodotto venduto come ecologico lo è effettivamente. Una misura che avrebbe una certa fretta di venire approvata visto che, secondo uno studio (dati 2020), il 53,3% delle asserzioni ambientali esaminate in UE sono vaghe, fuorvianti o infondate e che il 40% sono del tutto false.

[di Gloria Ferrari]

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