sabato 14 Dicembre 2024

L’Italia tradisce gli impegni ambientali: finanziamenti alle fossili almeno fino al 2028

L’Italia continuerà ad erogare sussidi pubblici al comparto dei combustibili fossili, in barba a quanto promesso nel 2021 in occasione della 26esima Conferenza delle parti sul clima (Cop26) di Glasgow. Il governo guidato da Giorgia Meloni, infatti, proseguirà almeno fino al 2028 a finanziare progetti concernenti estrazione e trasporto di carbone, petrolio e gas all’estero: l’impegno italiano è stato adottato a gennaio 2023, ma reso pubblico soltanto il 20 marzo sui portali online della coalizione internazionale Export finance for future (E3F), di cui fa parte anche il nostro Paese.

Il ruolo cardine ce l’avrà il SACE, ente assicuratore controllato dal ministero dell’Economia e primo finanziatore a livello europeo (sesto a livello globale) per il sostegno pubblico alle fonti fossili, che tra il 2016 e il 2021 ha emesso garanzie per più di 13,7 miliardi di euro verso tali settori. Forse non a caso, il presidente del Cda di SACE è Filippo Giansante, che da tre anni è anche consigliere e amministratore non esecutivo di Eni. E dunque in forte odore di conflitto d’interessi.

Gli aspetti più critici riguardano, in particolare, il settore del gas. Il finanziamento a progetti di centrali elettriche a metano proseguirà fino al 2023; l’esplorazione e l’estrazione, invece, saranno supportate fino al 2026; per quanto concerne il trasporto, la distribuzione e il raffinamento di questo combustibile, invece, non sono stati posti vincoli, in quanto la data di uscita sarà “da definire in seguito all’inclusione del gas nella Tassonomia dell’Ue e alle attuali discussioni sulla sicurezza energetica”.

La decisione è stata resa nota lo stesso giorno in cui il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (Ipcc) ha diffuso il riassunto del suo sesto rapporto sulla crisi climatica, in cui il nostro Paese figura tra quelli più esposti agli effetti nocivi degli sconvolgimenti climatici. “Le strategie dell’Italia sono tra le più inadeguate tra quelle adottate fino a questo momento – ha evidenziato in un comunicato ReCommon, associazione che combatte contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori –. Come avevamo già denunciato a novembre 2021, l’iniziativa era lungi dall’essere perfetta, con una serie di scappatoie che avrebbero fatto gola al Sistema-Italia, che si basa sul triangolo tra finanza privata, industria fossile e finanza pubblica. Così è puntualmente avvenuto”.

Sulle barricate ci sono i deputati di Alleanza Verdi e Sinistra. “Abbiamo presentato un’interrogazione ai ministri delle Imprese e del Made in Italy e al ministro dell’Ambiente – recita una nota del deputato Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde – per chiedere se non ritengano che l’azione del Governo e della SACE di conferma dei sussidi pubblici al comparto fossile, contrasti palesemente con gli impegni presi in sede di Cop26; se non intendano avviare le necessarie iniziative per interrompere gli investimenti pubblici e le garanzie SACE, per progetti esteri legati all’estrazione e al trasporto di combustibili fossili; se non si ravveda un potenziale conflitto di interessi laddove il Presidente del Cda di SACE è anche membro del Cda dell’Eni”. Si è fatta sentire anche Unione Popolare di Luigi De Magistris: “Il governo Meloni parla di sicurezza energetica, utilizzando la guerra con la Russia come alibi emergenziale per continuare a finanziare i progetti legati ai combustibili fossili, peggiorando così la salute già precaria della nostra Terra – si legge sul post pubblicato sulla pagina Facebook dell’associazione politica –, peccato che solo una piccola parte del gas prodotto arriverà in Italia”.

Durante la Cop26, 34 Paesi e cinque istituzioni finanziarie pubbliche avevano sottoscritto la “Dichiarazione di Glasgow“, una risoluzione non vincolante e su base volontaria attraverso cui si erano impegnati ad ultimare gli investimenti pubblici internazionali nei combustibili fossili entro la fine del 2023. Tra gli obiettivi della Cop26, vi è quello della cospicua riduzione delle emissioni entro il 2030, in vista dell’azzeramento delle emissioni nette a livello globale entro il 2050. Gli Stati, nello specifico, si sono impegnati ad accelerare il processo di fuoriuscita dal carbone, ridurre la deforestazione, accelerare la transizione verso i veicoli elettrici e incoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili. Ma il governo italiano, come dimostrano le sue ultime mosse, sembra volersi muovere in tutt’altra direzione.

[di Stefano Baudino]

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