giovedì 25 Aprile 2024

La legge europea contro la pedopornografia rischia di alimentare la sorveglianza

L’Unione Europea è al lavoro su di una legge il cui scopo finale è il contrasto della diffusione dei materiali pedopornografici sulla Rete, una nobile causa che però pone i legislatori davanti alla necessità di identificare dove sia opportuno segnare il confine tra la tutela del diritto alla privacy e la sorveglianza poliziesca. Secondo gli stessi organi di controllo UE, l’attuale bozza finirà con il favorire gli interessi delle forze dell’ordine alla libertà individuale. L’intensificazione dell’integrazione al digitale in periodo pandemico ha d’altronde avuto come inevitabile conseguenza anche un aumento sensibile di molteplici crimini informatici, tra cui la diffusione di contenuti pornografici riguardanti minori. Al di là della crescita quantitativa del fenomeno, è importante inoltre rimarcare che le dinamiche della raccolta e della condivisione di simili contenuti stiano anche cambiando pelle. Sempre più frequentemente foto e video sono “autoprodotti”, ovvero vengono ricavati da interazioni dirette con le vittime, quindi è necessario pensare a soluzioni che stiano al passo con i tempi.

La lotta alla pedopornografica digitale è necessaria, tuttavia molteplici Governi hanno fatto leva proprio sul desiderio di tutelare gli infanti al fine di ampliare i confini di manovra delle proprie agenzie di sicurezza. Tra i punti di attrito più marcati del rapporto tra sorveglianza e riservatezza spicca quello della crittografia dei messaggi, una pratica capace di difendere la privacy, ma che complica non poco l’estrazione di informazioni, sia da parte degli agenti coinvolti in eventuali indagini, sia dagli algoritmi che potrebbero prevenire automaticamente la diffusione dei contenuti proibiti. Il senso della crittografia è d’altronde proprio quello: garantire la possibilità alle persone di comunicare senza che queste siano sottoposte al vaglio di un organo autoritario e censorio.

Lo stralcio normativo presentato dalla Commissione europea nel maggio del 2022 non era piaciuto allo European Data Protection Supervisor (EDPS) e allo European Data Protection Board (EDPB), gli organi che si occupano di supervisionare il rispetto del diritto fondamentale alla privacy. Secondo le due agenzie, la proposta conteneva molteplici problemi formali, primo tra tutti l’approccio estremamente ambiguo nel definire quale genere di “rischio significativo” fosse in grado di valicare i normali confini di legge. Nello specifico, le entità UE vorrebbero assicurare che simili urgenze possano trasformarsi in mandati giudiziari attraverso cui un tribunale imponga ad aziende quali Meta e Google di scandagliare i messaggi degli utenti, cosa che di fatto vanificherebbe o annullerebbe l’efficacia del criptarne i contenuti.

EDPS ed EDPB sono quindi fortemente contrari all’introduzione della norma per come è al momento discussa, tuttavia nessuno dei due organi ha poteri esecutivi, solamente consultivi, quindi sono costretti a portare avanti la loro crociata su un piano che è prettamente diplomatico. In tal senso sono innegabilmente molto attivi: recentemente è emerso il contenuto parziale di uno shadow meeting tenutosi il 14 dicembre 2022, contesto in cui il Supervisore dell’EDPS, Wojciech Wiewiórowski, ha adottato toni decisamente espliciti e incisivi. «Questa Proposta crea un’illusione di legalità introducendo numerose “tutele” procedurali che, tuttavia, non cambiano fondamentalmente la sostanza, ovvero la mole di accesso generalizzato ai contenuti delle comunicazioni interpersonali di molti, se non di tutti, gli utenti», ha esplicitato nella il tecnico nella sua dichiarazione d’apertura.

«Quando l’essenza di un diritto fondamentale è compromesso, non è possibile rimediare o assicurare il principio di proporzionalità adducendo a tutele», ha sostenuto esplicitamente Wiewiórowski. Il messaggio, neppure troppo velato, è che, qualora il progetto procedesse senza alterazioni, si finirà in un modo o nell’altro a dover interpellare la Corte di giustizia europea, entità che già in passato si era espressa contraria a simili interventi draconiani. Le insidie immediate non sono tuttavia così facilmente risolvibili, l’iter giudiziario richiede tempi relativamente lunghi, quindi la controversa legge non solo rischia di essere effettivamente passata, ma potrebbe addirittura rimanere valida per anni, prima che qualcuno possa attestare ufficialmente se le sue derive si muovano o meno in contrapposizione ai diritti fondamentali dell’uomo.

[di Walter Ferri]

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