giovedì 12 Dicembre 2024

L’altra guerra: in un anno l’Ucraina ha perso 3 milioni di ettari di foreste

La guerra, qualunque essa sia, non comporta solo morti e danni alle infrastrutture. Nonostante se ne parli poco, a rimetterci vi è anche una vittima silenziosa: il già martoriato ambiente naturale. Motivo per cui l’organizzazione internazionale Greenpeace e l’ucraina Ecoaction hanno deciso di pubblicare una “Mappa dei danni ambientali” causati dalla guerra. L’obiettivo è quello di denunciare i gravissimi impatti sugli ecosistemi ucraini e chiedere l’istituzione di un fondo per il ripristino dell’ambiente. Elaborando le informazioni ufficiali, è emerso come il conflitto abbia già danneggiato circa il 20% delle aree naturali protette dell’Ucraina e 3 milioni di ettari di foresta. Altri 450 mila ettari si trovano poi in zone occupate o interessate dai combattimenti. Nel complesso, si hanno incendi, danni agli habitat, inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo.

Le esplosioni, in particolare, rilasciano nell’atmosfera anidride carbonica, la quale contribuisce al cambiamento climatico, e ossidi di zolfo e di azoto, che possono provocare piogge acide andando ad alterare il pH del suolo. Inoltre – spiegano le organizzazioni ambientaliste – «anche i frammenti metallici delle granate sono pericolosi per l’ambiente, la ghisa mista ad acciaio è il materiale più comune per i bossoli delle munizioni e non contiene solo ferro e carbonio, ma anche zolfo e rame. Queste sostanze si infiltrano nel terreno e possono finire nelle acque sotterranee, entrando nelle catene alimentari di esseri umani e animali. L’intera regione è pertanto a rischio di catastrofe e presenta gravi pericoli per la salute della popolazione circostante». Alla luce di questi presupposti, con l’occasione, gli ambientalisti hanno quindi anche chiesto al governo ucraino e alla Commissione europea l’istituzione di un fondo per il ripristino dell’ambiente, il quale dovrebbe andare di pari passo con la già preannunciata ricostruzione delle città distrutte.

Già dal 2014, anno dell’inizio del conflitto nel Donbass, parte dell’Ucraina è stata progressivamente esposta ad un elevato rischio di contaminazione ambientale. Soprattutto poiché, nella sola area del Donbass, vi sono oltre 4.500 imprese minerarie metallurgiche e chimiche. Nel complesso, infatti, oltre ai già descritti impatti ecologici intrinseci del conflitto, vi è un aumentato rischio di danneggiamento dei siti industriali. Rischio che, tra l’altro, si è già concretizzato. Il 13 marzo del 2022, ad esempio, le bombe russe hanno colpito e gravemente danneggiato i centri di produzione e le tubature della centrale a carbone di Avdiivka, il principale centro di gestione del combustibile in Ucraina. La stessa sorte è toccata a Sumy, città nord orientale, dove i bombardamenti hanno provocato nuvole di ammoniaca tossica, mentre nella regione di Ternopil il danneggiamento di alcuni serbatoi di fertilizzanti ha riversato nell’acqua una quantità della medesima sostanza 163 volte superiore rispetto alla media. Lo scorso anno, ONG ed osservatori internazionali hanno stimato che, in generale, sul territorio ucraino si siano verificati danni a più di 100 infrastrutture, quali centrali elettriche, depositi di carburante e impianti per il trattamento e depurazione dell’acqua. Ad allarmare, in particolare, ci sono poi le 465 installazioni di stoccaggio, situate vicino a centri abitati o fonti di acqua (come i fiumi Dniester, Dnipro e Siverskyi Donets), che contengono 6 miliardi di tonnellate di rifiuti tossici.

[di Simone Valeri]

 

 

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