domenica 15 Giugno 2025

Oltre il Qatargate: come le lobby possono influire sulle politiche europee

La parola lobby deriva dalla parola latina lobium, (portico, galleria, chiostro, vestibolo) poiché nell’Inghilterra del XVI secolo indicava quei corridoi a fianco dell’aula del Parlamento in cui i vari portatori d’interesse si incontravano tra loro o con i parlamentari per cercare di influenzare l’esito del processo politico. La funzione delle lobby è infatti quella di spingere gli organi decisionali ad approvare leggi che favoriscano gli interessi che rappresentano. Dunque, molte leggi, regolamenti etc. risentono del lavoro di pressione effettuato dai lobbisti nei confronti degli organi politici. Non tutte le lobby sono uguali o rappresentano interessi oscuri: oggi i lobbisti possono essere portatori di interessi di una vasta porzione della cittadinanza, come categorie di lavoratori o di interessi pubblici, mentre altre volte di piccoli gruppi di persone e/o aziende private. Chi critica l’esistenza delle lobby e dei lobbisti sostiene che potenti aziende e centri di potere possano influire sui politici attraverso forme di corruzione o di ricatto, ad esempio la minaccia di finanziarie concorrenti alle elezioni. Chi invece sostiene la presenza delle lobby lo fa evidenziano l’utilità che l’ufficializzazione della loro presenza può avere, visto che altrimenti forme di pressione avverrebbero ugualmente ma senza alcuna trasparenza. In ogni caso si tratta di un tema sul quale è necessaria una riflessione, anche alla luce del recente scandalo che ha travolto il Parlamento europeo.

Il rapporto tra lobby e Unione Europea

L’Unione Europea legittima le lobby e le loro attività. Sul sito del Parlamento europeo (Pe) si legge: «Le istituzioni dell’UE interagiscono con un’ampia gamma di gruppi e organizzazioni che rappresentano interessi specifici e svolgono attività di lobbying. Si tratta di una parte legittima e necessaria del processo decisionale per garantire che le politiche dell’UE riflettano le reali esigenze dei cittadini. Tutti i tipi di rappresentanti di interessi possono fornire al Parlamento conoscenze e competenze specifiche in numerosi settori economici, sociali, ambientali e scientifici. Possono svolgere un ruolo chiave nel dialogo aperto e pluralista su cui si basa un sistema democratico». Già potremmo chiederci a quale scopo i cittadini vorrebbero dei gruppi di pressione che interloquiscono con i politici che sono stati eletti sulla base di specifici programmi politici dei partiti di appartenenza.

Come si svolgerebbe questo «dialogo aperto e pluralista» in cui operano tali gruppi di pressione? Nel 2011, la Commissione Europea ha attivato un registro per la trasparenza che traccia tutte le lobby che vogliano poter accedere alle istituzioni europee per poterne influenzare le decisioni da assumere. E già riscontriamo un problema: a tale registro ci si iscrive su base volontaria. L’obbligatorietà a cui si fa riferimento sul sito del Pe («la registrazione è obbligatoria per richiedere un badge di accesso al Parlamento europeo») è riferita alla sola possibilità di accedere fisicamente alle istituzioni europee da parte dei lobbisti, quindi per poter entrare all’interno dei palazzi del potere: nessuno vieta che gli incontri avvengano all’esterno dei palazzi istituzionali. Sul sito leggiamo: «Il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea dispongono di un registro comune per la trasparenza per dimostrare il loro impegno ad essere aperti e trasparenti. Il registro per la trasparenza rende più facile per i cittadini ottenere informazioni sulle attività di rappresentanza degli interessi che si svolgono presso le istituzioni dell’UE, nonché dati statistici su tutti i soggetti registrati. Tutti i rappresentanti di interessi sono invitati a registrarsi volontariamente se svolgono attività volte a influenzare l’elaborazione delle politiche, l’attuazione delle politiche e il processo decisionale nelle istituzioni dell’UE».

Inoltre, non vi è alcun divieto a carico del parlamentare europeo di svolgere egli stesso attività lobbistica a pagamento durante il mandato. Non sono nemmeno previste sanzioni a carico di chi non rispettasse le già fragilissime norme che disciplinano la materia lobbistica nelle istituzioni europee. Durante il mandato parlamentare non vi è neppure il divieto di svolgere lavori pagati da terze parti, ritrovandoci ad avere un quarto dei parlamentari attuali che dichiara di svolgere attività professionali retribuite per conto terzi. Non sono previsti nemmeno dei vincoli post-mandato parlamentare, nonostante sia prevista una generosa e cospicua indennità in favore del parlamentare uscente e che servirebbe proprio per non incorrere nella possibilità che qualcuno si faccia tentare dal denaro mettendo al servizio del privato le capacità di influenza acquisite durante la funzione pubblica. Questo comportamento finisce per compromettere i principi di indipendenza e integrità che si impongono al parlamentare creando relazioni strette che poi portano il politico in uscita dalle istituzioni pubbliche a mettersi al completo servizio del privato, dando spinta al sistema delle porte girevoli.

L’organizzazione Transparency International EU (TI EU),  dichiaratamente a favore della presenza delle lobby all’interno delle istituzioni democratiche («Il lobbismo fa parte di qualsiasi democrazia sana»), esprime profonda preoccupazione per l’impianto normativo che disciplina l’UE in tema lobby: «Nonostante un quadro normativo e istituzionale sofisticato, settori cruciali come le salvaguardie contro i conflitti di interesse e la trasparenza delle attività di lobbying lasciano molto a desiderare. Per colmare queste e più fondamentali lacune in materia di responsabilità nel tentativo di rendere l’Unione più reattiva ai contributi diretti dei cittadini sarà necessario apportare modifiche di ampia portata, compresi i trattati istitutivi dell’UE». TI EU, sull’onda dello scandalo di corruzione denominato Qatargate, e che definisce «di proporzioni epiche», ha lanciato una serie di proposte di riforma per «una supervisione etica indipendente per porre fine a un sistema di autoregolamentazione che chiaramente non funziona».

Le lobby nell’Unione Europea

Dal registro della trasparenza dell’Unione Europea si riscontra la presenza di più di 12.000 lobby ufficialmente accreditate. Sapendo che la registrazione è volontaria e che risulta essere necessaria solamente per l’accesso fisico ai palazzi di potere europei da parte dei lobbisti, possiamo facilmente dedurre che le lobby in attività possano essere molte di più e che queste preferiscano incontrare i politici all’esterno degli uffici istituzionali. Inoltre, ad oggi, la registrazione volontaria vale solo per coloro che svolgono la precisa funzione di lobbista mentre non è prevista per funzionari politici di paesi terzi all’Unione Europea. Detto questo, i lobbisti accreditati in possesso di badge per poter accedere ai luoghi del potere pubblico sono 7.500, con centinaia di gruppi di pressione che non hanno nemmeno un lobbista dotato di badge per l’accesso agli uffici. Dove svolgono la loro attività sebbene siano registrati? Figurarsi per i gruppi che nemmeno si sono iscritti al registro per la trasparenza dell’Unione Europea. TI EU ci dice infatti che, in realtà, il numero di lobbisti che svolge la propria attività a Bruxelles si aggira sulle 48.000 persone. Le lobby più numerose ufficialmente registrate sono legate a Organizzazioni non governative e organizzazioni no-profit (3.495), seguite da imprese e gruppi privati (3.034) e associazioni commerciali e di categoria (2.629); fette molto più piccole sono invece riferite a categorie diverse tra loro, come sindacati, think thank, istituti accademici e religiosi etc.

TI EU, come anche LobbyFacts, mostrano le attività lobbistiche e i dati ad esse collegate come la quantità di denaro utilizzata, il numero di badge in possesso dello specifico gruppo e il numero dei lobbisti alla propria dipendenza, così come il numero di incontri ottenuti con i politici europei. Per quanto concerne i fondi utilizzati per la propria attività di lobby, al primo posto si piazza CEFIC, ovvero l’European Chemical Industry Council, che rappresenta le aziende europee del settore chimico, con una spesa di 9 milioni di euro in un anno. Al secondo posto, con 7 milioni e 615mila euro, vi è Fleishmann-Hillard, azienda di consulenza nell’ambito della comunicazione e delle relazioni pubbliche; in sostanza sono professionisti del settore lobbistico che lavorano per associazioni, imprese, organismi di vario tipo che vogliono farsi sentire nelle sedi comunitarie. Subito dopo viene FTI Consulting Belgium, concorrente diretto della precedente, che ha speso 6 milioni e 805mila euro. Nelle posizioni successive troviamo invece grandissime multinazionali come Bayer, Apple, Google e Meta (Microsoft si piazza dodicesima). Dopo queste troviamo Insurance Europe, la federazione europea delle assicurazioni e delle riassicurazioni, BCW Brussels, specializzata in affari pubblici integrati e campagne di comunicazione e consulenza (quindi specificatamente un gruppo lobbista in favore di soggetti vari), seguita dalla European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations (EFPIA) rappresentate l’industria biofarmaceutica.

Il podio riguardante il numero di incontri tra lobby e politici vede al gradino più basso la compagnia aerea Airbus, poi Google e al gradino più alto Confederation of European Business, abbreviato BusinessEurope, la lobby delle imprese (la Confindustria di livello europeo, per intenderci), che quasi ogni giorno dell’anno ha incontrato i politici europei. Torniamo una volta a sottolineare come questi siano gli incontri effettuati ufficialmente all’interno dei palazzi e degli uffici istituzionali dei politici, mentre niente sappiamo di incontri al di fuori delle sedi preposte – come in bar, ristoranti, sale convegni etc. – sebbene comunque tale comportamento non sia vietato e, quindi punito.

Possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che sono proprio gli incontri al di fuori delle istituzioni pubbliche a rappresentare le occasioni più frequenti di corruttela e accordi sotto banco e che dovrebbe essere assolutamente vietato che ciò avvenga, con punizioni precise, puntuali e severe nei confronti dei trasgressori. Inoltre è necessario attuare delle norme che impediscano i conflitti d’interesse e il sistema delle porte girevoli, annosa questione – di cui abbiamo già avuto modo di parlare – che risulta essere una vero disvalore per la democrazia.

[di Michele Manfrin]

 

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1 commento

  1. Credo intendesse “Bayer”, probabilmente si tratta di un errore di stampa.
    In merito alla chiusura dell’articolo, temo che vietare gli incontri fiori dalle sedi deputate avrebbe il solo effetto di renderli clandestini (pur se riconosco che il problema è oggettivo).

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