venerdì 19 Aprile 2024

La Cina avrebbe 11 stazioni di polizia occulte in territorio italiano

La Cina è vicina, più di quanto non sia lecito pensare, almeno stando ai dati raccolti da Safeguard Defenders. Il gruppo per i diritti civili spagnolo sostiene infatti che Pechino possa vantare almeno 102 “stazioni di polizia” abusive distribuite in molteplici nazioni strategiche, tra cui l’Italia. Sul suolo del Bel Paese vengono riconosciute ben 11 realtà di questo genere, uffici che sorveglierebbero con attenzione le comunità cinesi presenti a Roma, Milano, Bolzano, Venezia, Firenze, Prato e in Sicilia. Come se non bastasse, queste istituzioni ombra sarebbero state consolidate grazie al sostegno di accordi bilaterali.

Non è la prima volta che Safeguard Defenders affronta l’argomento, tuttavia quest’ultimo report aggiornato evidenzia come le centrali semi-ufficiali siano molto più diffuse di quanto non fosse stato riscontrato appena pochi mesi fa. All’epoca, i politici cinesi avevano reagito alle accuse sostenendo che i poli diplomatici esistano esclusivamente al fine di sostenere gli espatriati e i turisti nella gestione delle pratiche burocratiche e nel rinnovo dei documenti, tuttavia è difficile non notare che testate quali l’agenzia di stampa cinese Xinhua abbiano esplicitamente parlato in passato di “pattuglie di polizia sino-italiane”.

Paesi Bassi, Canada, Stati Uniti, Spagna, Portogallo, Regno Unito e Irlanda hanno avviato indagini nei confronti di queste controverse realtà, in alcuni casi si sono persino verificate delle chiusure. L’Italia si è mossa apparentemente in controtendenza: a settembre le Autorità di polizia avevano confessato a Giulia Pompili de Il Foglio di non essere affatto preoccupate poiché i centri incriminati “gestiscono solamente pratiche amministrative, non la sicurezza pubblica”. Il ruolo degli uffici in questione si confonde d’altronde con gli accordi di cooperazione siglati il 27 aprile 2015 dall’allora Ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, il quale aveva assicurato proprio un memorandum per i pattugliamenti congiunti delle due polizie. La scarsa chiarezza nei confronti dei confini e delle modalità degli accordi presi dalle due Amministrazioni non dovrebbe essere però di stimolo a ignorare le accuse, anzi dovrebbe rimarcare la necessità di una maggior attenzione. Una speranza sembra altresì emergere da alcune indiscrezioni raccolte da La Repubblica. Gli informatori del quotidiano hanno infatti confessato che l’intelligence italiana stia scandagliando la vicenda ormai dalla scorsa primavera, un dato auspicabile che però dev’essere ancora confermato dalle istituzioni competenti.

Le rivelazioni esposte da Safeguard Defenders non sono infatti leggere e non andrebbero affatto prese sottogamba: l’indagine identifica in Milano un centro di sorveglianza e spionaggio che Pechino sfrutterebbe per costringere i dissidenti a rientrare nella madre patria. Le pratiche impiegate dalla polizia cinese prevederebbero dunque molestie, minacce, intimidazioni, ma anche adescamenti e rapimenti, tutte le armi di una campagna “persuasiva” che si muove parallelamente ai canali ufficiali e che l’organizzazione spagnola aveva già denunciato in un report pubblicato nel gennaio del 2022. 

Safeguard Defenders è un’organizzazione non governativa nata nel 2016 dalle forze congiunte dello svedese Peter Dahlin e dello statunitense Michael Caster, personaggi che in passato avevano già fondato Chinese Urgent Action Working Group, una ONG specializzata nel promuovere i diritti umani che è stata chiusa dal Governo di Pechino. All’epoca, il sito China Change aveva riscontrato che Dahlin e la sua compagna si fossero trovati a dover subire le attenzioni indesiderate delle autorità locali. 

[di Walter Ferri]

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