venerdì 29 Marzo 2024

Il Summit delle Americhe si è concluso con un clamoroso fallimento per gli USA

Il Summit delle Americhe è lo strumento con cui gli Stati Uniti dal 1994 ribadiscono la loro presenza e l’ideologia neoliberale nel continente (a discapito della componente socialista), rappresentando una sorta di termometro politico che misura il consenso dei paesi aderenti all’Organizzazione degli Stati americani (OAS) nei confronti delle iniziative a stelle e strisce. Il IX Summit delle Americhe di Los Angeles – incentrato su svolta green dell’economia, ripresa post-Covid, migrazione e discussione generale sulla democrazia – ha messo sin da subito in evidenza le lacune dell’amministrazione Biden, con diversi paesi che hanno contestato le aspirazioni egemoniche di Washington sul continente – considerato il proprio “cortile di casa” – e la decisione di non invitare Cuba, Venezuela e Nicaragua, definiti dal presidente statunitense paesi non democratici.

Curioso come l’appello alla difesa dei diritti umani e della democrazia non valga però su scala universale. A maggio, Joe Biden ha ospitato il Summit Usa-Asean, che ha coinvolto tra i vari paesi Myanmar, Cambogia, Vietnam e Laos – considerati autoritari dal Democracy Index 2021 – e altre cinque democrazie che mostrano lacune su almeno una delle caratteristiche che connotano gli stati democratici: pluralismo, partecipazione, libertà, diritti umani e così via. Il mancato invito da parte degli Stati Uniti ha radici geopolitiche, relative ad attriti storici (come con Cuba) e a relazioni con Russia e Cina. Non a caso i tre paesi esclusi dal Summit sono coloro che all’interno del continente intrattengono le relazioni più intense con Mosca e Pechino. Nei giorni scorsi il Presidente del Nicaragua Daniel Ortega ha autorizzato l’ingresso nel paese a truppe, aerei e navi russe per scopi di “addestramento, pubblica sicurezza e risposta alle emergenze”, rafforzando così la storica vicinanza politica con la Russia.

Evo Morales, a sinistra, e Alberto Fernández, a destra.

Di fronte alla “contraddizione democratica” e al mancato invito di Cuba, Venezuela e Nicaragua, nove paesi hanno deciso di non partecipare con i propri capi di stato o di governo, inviando invece delle delegazioni. Alcuni dei leader presenti hanno poi manifestato a Biden il proprio disappunto. Tra questi, il primo ministro del Belize e attuale presidente della Comunità dei Caraibi (CARICOM), John Briceño, che ha definito imperdonabile la decisione di Washington. «Il vertice appartiene a tutti i paesi delle Americhe. È incomprensibile isolare quei paesi che hanno fornito una forte leadership e hanno contribuito in questo emisfero su questioni critiche dei nostri tempi. È la geografia e non la politica che definisce l’America», ha infine aggiunto. Anche il presidente argentino Alberto Fernández ha manifestato il suo disaccordo, dichiarando: «Essere il paese organizzatore di un summit internazionale non autorizza a imporre il diritto di ammissione o di esclusione dei paesi membri del continente. Auspico un’America Latina unita e senza esclusioni, il pensiero unico non può essere imposto in un mondo che esige armonia di fronte ai drammi comuni».

Spazio poi alla critica rivolta al blocco commerciale ed economico che Cuba subisce da 60 anni e il Venezuela dalla fine dello scorso decennio: misure che cercano di condizionare i governi ma che in realtà finiscono per danneggiare i popoli. Sul suo profilo Twitter, l’ex presidente boliviano Evo Morales ha commentato: “Secondo Biden, la democrazia è minacciata nel mondo. Ma l’unica minaccia contro i popoli democratici è l’interventismo statunitense che promuove colpi di stato, massacri e saccheggi di risorse naturali. Il Summit è naufragato e annuncia la fine dell’egemonia degli Stati Uniti“.

Belt and Road Initiative

Da decenni Washington punta a imporre il suo modello politico, economico, sociale e culturale sul continente, trovando dei nemici nel multipolarismo, nell’autoconsapevolezza dei popoli latini e nelle loro relazioni con Russia e Cina. Uno dei grandi fallimenti del Summit riguarda proprio l’economia, dal momento in cui era prevista la spartizione da parte di Biden degli oltre 40.000 miliardi di dollari del Build Back Better World, il progetto di finanziamento per i paesi in via di sviluppo annunciato al G7 del 2021. Al suo posto, la Casa Bianca ha lanciato il più modesto Americas Partnership For Economic Prosperity, un piano dai tanti obiettivi che però non fornisce dettagli né sul valore né sulle tempistiche, finendo per essere accolto con freddezza dai paesi interessati. Il ruolo di maggior investitore nel continente inizia così a essere minacciato dalla Cina, che negli ultimi 15 anni ha concesso circa 130 miliardi di dollari in prestiti a banche statali dell’America Latina e dei Caraibi e ha investito 72 miliardi per rilevare aziende nel continente. Allo stesso tempo, 20 paesi latinoamericani hanno aderito alla Belt and Road Initiative, l’infrastruttura che collega 70 paesi e rappresenta le “nuove vie della seta”.

Per quanto riguarda l’immigrazione, altro tema caldo del Summit, Biden ha avanzato la Dichiarazione di Los Angeles (un atto non vincolante), con cui si impegna a raddoppiare la quota di rifugiati accolti e a finanziare programmi per l’inserimento lavorativo dei migranti. Tuttavia, né i presidenti di Honduras, El Salvador e Guatemala – da cui proviene la maggior quantità di migranti che giungono alla frontiera sud degli Stati Uniti – né il presidente messicano erano presenti al vertice. Così, tra promesse e contestazioni si è chiuso uno dei Summit delle Americhe più fallimentari per gli Stati Uniti.

[Di Salvatore Toscano]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

4 Commenti

  1. Il continente Sudamericano si sta staccando sempre di più dalla egemonia USA e secondo analisti di spessore come Noam Chomski e Andrè Vlchek quasi tutta l’America Latina è libera dall’interferenza USA: Questo vertice e anche altri summit intra-americani stanno dando da anni segnali di indipendenza nei confronti degli yankee. Consiglio la lettura di un libro illuminante e bellissimo su questi aspetti, dello stesso Chomski, che si intitola Terrorismo americano e che smaschera tutte le interferenze USA nella storia contemporanea e moderna

  2. Ameri cani lo dice già la parola, ma state al vostro paese che di danni ne avete fatti a non finire.ma che volete essere i padroni arroganti e capitalisti e sottomettere tutti gli altri.fate solo danni e guerre ecco cosa sapete fare solo danni e guerre.poverini

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria

Grazie per aver già letto

10 dei nostri articoli questo mese.

Chiudendo questo pop up potrai continuare la lettura.
Sappi però che abbiamo bisogno di te,
per continuare a fare un giornalismo libero e imparziale.

Clicca qui e  scopri i nostri piani di abbonamento e supporta
Un’informazione – finalmente – senza padroni.

ABBONATI / SOSTIENI