venerdì 29 Marzo 2024

La guerra in Ucraina avrà anche conseguenze spaziali

Se i rapporti tra Russia e mondo occidentale erano incrinati ancor prima dell’invasione dell’Ucraina, ora sono ridotti in macerie. Per quanto i risultati di questa tensione siano evidenti sul piano politico-economico, le sue ripercussioni riverberano anche sulla sfera accademica della ricerca scientifica, con il progetto della International Space station (ISS) che rischia di essere profondamente compromesso.

La stazione orbitale in questione nasce da una collaborazione tra le agenzie spaziali di Stati Uniti (NASA), Canada (CSA), Europa (ESA), Giappone (JAXA) e Russia (Roscosmos), ognuna delle quali ha prestato al progetto le competenze tecniche dei propri specialisti, ma anche le strumentazioni materiali che tengono in piedi l’intera struttura. Nello specifico, Mosca ha messo in campo il modulo della base che ospita i propulsori, propulsori che sono tanto vitali per modificare l’orbita dell’ISS, quanto essenziali per assicurarsi che questa non finisca a collassare contro la Terra.

Fino a non molti anni fa, Roscosmos e NASA vivevano di un rapporto simbiotico e di reciproco interesse. Da che gli USA hanno rinunciato agli shuttle, la Russia si era fatta carico del remunerativo compito di trasportare gli astronauti americani in orbita, quindi è giunta l’azienda privata SpaceX e il monopolio si è infranto. Questa rottura, affiancata ai crescenti malumori politici successivi all’invasione russa in Crimea, ha spinto Mosca a manifestare a più riprese la sua potenziale intenzione di abbandonare il progetto di ricerca, intenzione che ancora oggi non è però mai stata formalizzata ufficialmente. 

Considerando l’odierno clima belligerante, anche il più velato riferimento a una possibile defezione viene tuttavia preso profondamente sul serio e, anzi, la NASA sta già valutando il da farsi qualora la situazione dovesse volgere per il peggio. Dmitry Rogozin, uomo a capo di Roscosmos, non sta d’altronde cercando di calmare le acque, anzi getta benzina sul fuoco lanciando affermazioni provocatorie, il tutto mentre RIA Novosti, agenzia di stampa controllata dal Cremlino, pubblica un video che sornionamente mostra il modulo russo abbandonare l’ISS.

Ponendo le mani avanti, la NASA sta esercitando una certa «flessibilità» guardando con interesse alle possibili soluzioni offerte dai cargo prodotti dal gruppo Northrop Grumman, mentre Elon Musk, leader di SpaceX, si dice già pronto a scendere in campo per offrire un’improbabile soluzione salvifica. Per quanto sia un traguardo della collaborazione scientifica e un monumento alla conclusione della Guerra Fredda, la base orbitale mostra infatti profondi acciacchi di anzianità – si consideri che inizialmente si stimava di smantellarla nel 2015 – ed è difficile credere che le parti coinvolte abbiano tempo e risorse da utilizzare per sostenere un qualsiasi espediente che vada oltre al rattoppare una stazione che comunque verrà dismessa nel giro di sette o otto anni.

Rinunciare al ruolo di Roscosmos sarebbe dunque un colpo durissimo per la politica, ma anche per la base spaziale stessa e gli accademici da ambo le parti caldeggiano vocalmente perché la collaborazione sia consolidata in nome del progresso scientifico. «Sarebbe molto difficile per noi operare in solitaria», fa notare Kathy Lueders, Amministratrice del programma spaziale umano della NASA. «L’ISS nasce da una partnership internazionale che è stata creata con dipendenze condivise […], sarebbe profondamente triste per le operazioni internazionali, se non fossimo in grado di continuare a cooperare pacificamente nello spazio».

[di Walter Ferri]

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