lunedì 15 Dicembre 2025

Reportage da Taiwan: l’isola in bilico dove si gioca il futuro delle relazioni globali

Il 13 gennaio 2024 il popolo taiwanese si recherà alle urne per le elezioni presidenziali, un appuntamento elettorale fondamentale per gli equilibri in Asia e in tutto il mondo. Dopo un autunno caratterizzato da proposte, alleanze e nuovi assetti politici, l’elettorato taiwanese dovrà scegliere chi, fra tre candidati, sarà il prossimo presidente del paese.

Anche in un piccolo paese situato sulla costa che lambisce da un lato l’isola di Formosa e dall’altro la Cina meridionale l’atmosfera è in fermento. La difficoltà imposta dalla barriera linguistica sfuma la percezione dell’attuale dibattito politico, che è presente nella vita quotidiana, tra le bancarelle di un mercato, tra le ciotole di spaghetti o le code di persone che attendono il quotidiano camion della spazzatura. Attraversando la regione si osservano le dinamiche che interessano città come Taipei, la capitale non ufficiale di uno stato dallo statuto governativo poco chiaro, e quelle, simili, nelle cittadine e nei piccoli borghi. 

Il primo aspetto chiave mi svela un dato interessante: molte persone non hanno ancora chiaro chi votare. Dopo otto anni di governo a trazione democratica, rappresentato dalla presidente Tsai Ing-Wen, prima presidente donna a capo del paese, Taiwan si ritrova in una situazione fortemente controversa, a causa della relazione tra l’isola e la Cina. In una condizione di decennale bipartitismo, il DPP, Partito Progressista Democratico, ha offerto per più di vent’anni un’alternativa al KMT, Kuomintang, il partito nazionalista cinese fondato da Sun Yat-Sen nel 1919 e principale rivale del Partito Comunista cinese di Mao durante gli anni della rivoluzione culturale. Sotto la guida di Chiang Kai-Shek, nel 1947, in seguito alla sconfitta contro i comunisti, i nazionalisti fuggirono insieme a 2 milioni di cinesi verso l’isola di Taiwan, della quale Chiang Kai-Shek divenne governatore. Il Kuomintang ha incarnato gli ideali conservatori della popolazione per molti anni, imponendo una dittatura sull’isola e attuando la legge marziale dal 1949 al 1987, anno in cui il figlio del dittatore, Chiang Ching-Kuo allargò le maglie del controllo di regime e permise la formazione di partiti d’opposizione, tra i quali, il DPP. Attualmente il KMT ha dovuto cambiare la sua idea politica, modellandosi sul tema cinese e inserendosi sagacemente tra la democrazia e l’indipendenza.

I tre candidati per questa tornata elettorale sono tutti personaggi già noti e relazionati con l’attività politica nel governo o nelle municipalità più influenti del paese. Il favorito dai sondaggi è Lai Ching-Te, candidato per il Partito Progressista Democratico e attuale vicepresidente. Dopo essere stato sindaco della città di Tainan e primo ministro nel 2019 sotto il governo Tsai Ing-Wen, è noto per una visione sull’indipendenza taiwanese più radicale rispetto a quella mostrata dal governo negli ultimi otto anni. Proprio su questa tematica si distanzia diametralmente il candidato del Kuomintang e attuale sindaco di New Taipei Hou Yu-Ih, che promette di attuare una politica di maggiore dialogo con Pechino, cercando di attenuare la tensione che negli ultimi anni ha tenuto sotto scacco lo stretto di Taiwan. Il partito del Kuomintang nel corso dei decenni ha cambiato in maniera sostanziale la strategia politica nei confronti dello stato comunista; inizialmente il sogno di Chiang Kai-Shek era quello di unificare lo stato cinese sotto l’effigie della Repubblica di Cina. Difatti, fino al 1971, non solo Taiwan era uno stato riconosciuto dall’ONU, ma rappresentava l’unico governo cinese riconosciuto dall’Occidente. Dopo la cessione dei protettorati di Hong Kong e Macao, Taipei e Pechino accordarono nel 1992 attraverso un incontro svoltosi a Hong Kong una visione comune sulla politica della “Una sola Cina”, ma da entrambi i lati sembra chiaro come ancora oggi non ci sia un’idea chiara sul futuro della regione-stato. Infine, il terzo candidato è Ko Wen-Je, rappresentante del Taiwan People Party. Dopo aver ricoperto per molti anni il ruolo di medico nell’Ospedale Universitario di Taipei, nel 2014 si candidò come sindaco della capitale e vinse le elezioni. Inizialmente, Ko e il candidato del KMT hanno stipulato un patto per correre insieme alla presidenza, nonostante ciò, a pochi giorni dalla partenza della campagna elettorale, è stata smentita l’alleanza e la conseguente partecipazione di Ko Wen-Je come indipendente. Tra i due partiti storici il leader del TPP si colloca nel mezzo, appoggia lo status quo dell’isola e rigetta l’indipendenza, optando per una revisione congiunta con Pechino del trattato del 1992.

[Attivisti del TPP nel mercato di Raohe di Taipei. Credit: Armando Negro]
I mercati notturni caratterizzano le strade di ogni città taiwanese, Taipei ne ospita quotidianamente una decina, mentre le cittadine più piccole aprono le numerose bancarelle a cadenza settimanale. In questi giorni di campagna elettorale si possono incontrare spesso numerosi attivisti, che, con cartelli, megafoni e vistosi palloni promozionali, fanno propaganda per i rispettivi candidati. Tra tutti sono quelli del Taiwan People’s Party i più presenti: senza la necessità di intavolare una conversazione, questi sparuti gruppi di persone fermano chiunque, regalando pacchetti di fazzoletti con la confezione decorata con il volto del candidato.

Attraversando la città di Hsinchu, capoluogo della medesima contea, mi imbatto in un evento elettorale del TPP. Interfacciandomi con l’addetta stampa del candidato, ottengo il permesso di rivolgere alcune domande a Ko Wen-Je, in quel momento impegnato in una conferenza; dopo aver steso e consegnato dei quesiti riguardanti la sua posizione sulla relazione tra Taiwan e Cina e la sua idea riguardante il Consenso del ’92, svanisce la possibilità di effettuare l’intervista: il candidato, a detta della sua assistente, si è rifiutato di rispondere

I programmi elettorali a confronto

[Fazzoletti promozionali del TPP sul tavolo da lavoro di una sarta nel mercato notturno di Houlong. Credit: ]
I temi essenziali sui quali si basano i programmi elettorali sono il diritto alla casa, l’assistenza sociale, la tutela al lavoro e le politiche di welfare. Per quanto riguarda queste tematiche, i candidati non si distanziano enormemente tra loro, oscillando tra l’implemento di incentivi per i datori di lavoro e l’innalzamento del salario minimo nell’ambito occupazionale, l’abbassamento delle tasse per l’acquisto delle prime case o degli affitti, e si può notare come questi due macro-argomenti siano principalmente rivolti ai giovani. Le divergenze principali si presentano sulle tematiche educative, sanitarie, energetiche e di politica estera.

Riguardo all’istruzione i rappresentanti del TPP e del DPP propongono un importante investimento nello studio dell’inglese, offrendo, nel caso del candidato di centro, la gratuità dei libri in doppia lingua e l’istituzione di test d’ammissione universitari in cinese e in inglese, oltre all’estensione del ciclo d’istruzione obbligatoria. Il secondo propone l’eliminazione delle tasse universitarie, dei nuovi sussidi per gli studenti a basso reddito e investimenti per incentivare lo studio all’estero. Il candidato del KMT invece, oltre a promettere l’aumento del bilancio di governo sull’istruzione, propone assistenza scolastica gratuita fino alle 19.00 per le famiglie con bambini nei primi gradi scolastici e sussidi per gli studenti che ricorrono all’istruzione privata.

Le politiche sanitarie del candidato progressista sono fortemente legate alla tutela della salute mentale, con l’incremento di cliniche specializzate, sessioni di terapia gratuite anche per bambini e rinnovamento delle infrastrutture per migliorare l’accessibilità. Gli altri due candidati propongono incentivi e sgravi fiscali sull’assicurazione sanitaria nazionale per individui con basso reddito e di età superiore a 65 anni. 

Inoltre, i tre programmi elettorali si soffermano sull’incremento della natalità, tra le quali spicca la proposta di Ko Wen-Je di legalizzare la gestazione per altri, quella di Lai Ching-Te di migliorare i servizi di assistenza infantile e applicare sussidi per le famiglie che affidano i bambini inferiori a 2 anni a centri pubblici di assistenza. Hou Yu-Ih propone sostegni a chi si affida a servizi di assistenza privati e di rendere gratuiti quelli pubblici, e spicca l’idea di un sussidio straordinario per le donne tra i 30 e i 40 anni che ricorrono al congelamento degli ovuli e di aiuti per il mantenimento dei suddetti.

Sulle politiche energetiche i tre candidati sono in accordo sull’utilizzo di fonti di energia rinnovabile, nonostante divergano sull’applicazione del nucleare. Difatti, Taiwan ospita quattro centrali nucleari, delle quali due sono state disattivate, la terza inizierà il processo di disattivazione nel 2024 mentre sulla quarta, in costruzione fino al 2014, il popolo taiwanese si è pronunciato con un referendum nel 2021 approvando la cessazione della costruzione. Rimanendo quindi sulla stessa linea del governo precedente, Lai Ching-Te propone il totale abbandono del nucleare, mentre i candidati dell’opposizione sono favorevoli all’utilizzo di questo tipo di energia.

Questione taiwanese, riunificazione cinese o indipendenza?

[Furgone del DPP adibito per la sfilata del candidato alle elezioni legislative della Contea di Miaoli. Credit: ]
Il tema più caldo di questa tornata elettorale è chiaramente la relazione della Repubblica di Cina con la Repubblica Popolare Cinese, osservato con cautela non solo dalla popolazione, ma da tutto il panorama politico internazionale. Comizio del DPP nella cittadina di Houlong.

I tre candidati affrontano la condizione taiwanese con l’intenzione di mantenere invariato lo status quo che l’isola possiede, divergendo però sull’attualizzazione del Consenso del 1992. Questo trattato difende tacitamente la visione di una Cina unita, senza però scendere nel dettaglio sulla condizione di subordinazione dell’una o dell’altra parte. Difatti se Xi Jinping afferma la necessità della riunificazione cinese, appellandosi spesso direttamente al volere dei “compatrioti” delle due sponde, come è avvenuto nell’ultimo discorso di Capodanno, sembra ormai chiaro che il volere del Kuomintang di unificare la Cina sotto la bandiera nazionalista appaia altamente improbabile. Proprio su questo Lai Ching-Te e il DPP basano la loro politica sullo stretto, rifiutando categoricamente il Consenso, mantenendo la sovranità nazionale di Taiwan e dichiarando, spesso ambiguamente, il desiderio di indipendenza. Il timore principale è infatti l’attuazione della politica “Una Cina, Due Sistemi”, la soluzione politica proposta da Deng Xiaoping, sotto la quale è avvenuta la riunificazione con Macao e che porterà all’annessione di Hong Kong nel 2047.

La controparte nazionalista, accusa Lai Ching-Te di essere eccessivamente provocatore e di far piombare l’isola in uno stato di tensione tale da mettere in pericolo la sicurezza dei cittadini. La proposta di Hou Yu-Ih è quella di inserirsi in un punto intermedio che rifiuti l’indipendenza, l’unificazione e l’escalation militare. Condividendo con gli altri due partiti l’interesse verso la costruzione di un dialogo con Pechino, il candidato non si allontana dal Consenso del ’92, ma ne propone una ratificazione sulla Costituzione e sulle leggi della Repubblica di Cina. Infine, Ko Wen-Je propone di revisionare i trattati con Pechino, proponendo una nuova versione del Consenso, aggiornata e denominata diversamente, con il fine di apparire più convincente all’interesse dei taiwanesi.

Nonostante i candidati si dimostrino granitici sulla necessità di mantenere lo status quo di Taiwan, il timore di un’aggressione cinese si riflette sui programmi e sulle proposte di difesa militare. I tre candidati propongono di aumentare il bilancio del governo per la difesa in una percentuale tra il 2,5% (DPP) e il 3% (TPP) o oltre (KMT). Inoltre, affrontano l’idea di promuovere la produzione interna di munizioni e armi e aderire a progetti internazionali come il partenariato economico regionale globale (RCEP) più funzionale per il candidato di centro o a quello globale e progressivo per il partenariato trans-pacifico, più indipendente dall’influenza cinese secondo il candidato progressista. I tre candidati convergono sull’incremento della durata della leva militare obbligatoria da quattro mesi a un anno.

La Cina non assiste passivamente al dibattito elettorale, il 21 dicembre ha annunciato la sospensione delle tariffe preferenziali su 12 prodotti petrolchimici, tra cui propilene e parassilene, citando in causa le barriere commerciali imposte da Taiwan sulla stessa categoria di prodotti. L’incombenza cinese fa quindi da sfondo al panorama elettorale; se da un lato Taiwan propone un dialogo costruttivo con l’altro lato dello stretto, nella stessa misura cerca di allontanarsi dalla dipendenza cinese, cercando partner commerciali con il resto del mondo, i quale però, vivono con terrore un’ipotetica mossa invisa a Pechino. 

Su un piccolo treno locale che attraversa le città e i villaggi rurali situati sulla costa occidentale dell’isola, mi cade casualmente l’occhio sul cellulare di un ragazzo che osserva il dibattito nel quale, il 28 dicembre, i tre candidati si sono sfidati, rispondendo alle domande di cinque giornalisti. Non lontani dalle dinamiche televisive a noi più familiari, i tre si sono accusati di illeciti politici, finanziari e, chiaramente, di stringere relazioni con il vicino cinese. Lai Ching-Te si è difeso dalle accuse dei due rivali appoggiando il mantenimento dello status quo, ma senza mai menzionare un processo definitivo verso l’indipendenza. Rimane di fatto saldamente ancorato alla politica della presidente Tsai, la quale, mantenendo la sovranità taiwanese, ha optato per una posizione morbida nei confronti di Pechino. Quattro delle cinque domande poste dai giornalisti riguardavano la Cina e, attraverso queste, i candidati hanno alzato i toni lanciandosi rispettivamente attacchi e accuse. Convergendo sulla pericolosità delle infiltrazioni cinesi nelle elezioni, i candidati dell’opposizione hanno tacciato il DPP di aver creato tensione con la Cina in varie maniere, menzionando la visita di Nancy Pelosi, ex speaker della Camera degli Stati Uniti, nell’agosto del 2022, o l’organizzazione, poi sfumata, di un concerto di Taylor Swift sull’isola. Secondo un sondaggio del Taiwanese Public Opinion Foundation (TPOF, 台灣民意基金會) il 48,9% della popolazione taiwanese è a favore dell’indipendenza.

Analizzando la storia taiwanese dal XVII secolo in poi, assistiamo al susseguirsi di fenomeni di colonizzazione, inizialmente avvenuti sotto l’impero Qing, per poi passare, durante la Seconda guerra mondiale, a quella giapponese ed infine ritornare sotto la sfera cinese durante gli anni della dittatura del KMT. I popoli nativi, suddivisi in ventisette etnie, delle quali sedici riconosciute ufficialmente dal governo, hanno gradualmente mescolato i propri costumi con quelli appartenenti all’etnia Han, in una fase di convivenza durante i primi secoli, per poi cedere alla supremazia cinese durante gli ultimi decenni del Novecento. Fino alla nascita del DPP, l’idea di un’indipendenza taiwanese, maggiormente legata ad un’ipotetica identità formosana, non ebbe mai la possibilità di ottenere una rappresentazione politica, in quanto osteggiata dal progetto di riunificazione attuato dal regime nazionalista.

[Furgone del DPP adibito per la sfilata del candidato alle elezioni legislative della Contea di Miaoli.]
La sensazione che si percepisce, nonostante la presenza di cartelloni, attivisti e di camion elettorali che attraversano le strade, trasmettendo messaggi di propaganda dai megafoni, è che la popolazione non sia particolarmente interessata al dibattito elettorale, in particolare nella fascia di persone che va dai 40 ai 60 anni. Chiedendo un’opinione sull’attuale atmosfera politica, ho ottenuto generalmente poche risposte, spesso confluenti in un vago «Non so, non ho visto i dibattiti, aspetto che arrivino a casa i programmi elettorali per decidere», come nel caso di Carrie, abitante della città di Zhunan, nella contea di Miaoli. Ma i giovani cosa pensano del panorama elettorale? 

«Non ho ancora deciso» mi svela Ben, un ragazzo di Tainan, che dopo aver trascorso alcuni anni a Tokyo e aver viaggiato più volte nel continente nordamericano, vive a Taipei e si occupa di analisi e ricerca di dati. «Non sono particolarmente soddisfatto degli ultimi anni di governo, ci sono ancora grandi disequilibri sociali.» Di parere opposto è invece la sua compagna, Cypress, che sta vivendo con particolare attenzione le elezioni, anche a causa del suo lavoro. «Io lavoro nell’ambito dell’uguaglianza di genere; nel caso specifico delle elezioni, il mio lavoro è quello di approfondire e spiegare in che modo i candidati e i rispettivi partiti affrontano le tematiche di genere, permettendo così alle persone di votare con maggiore consapevolezza.» Per lei la scelta migliore è votare il Partito Progressista Democratico. Sebbene l’intero dibattito politico, spesso anche nelle nostre latitudini, sembri riguardare il pericolo di un’aggressione cinese, per Ben e Cypress quest’eventualità appare piuttosto remota. «Assolutamente no» afferma Ben «dopo l’invasione russa in Ucraina e la situazione a Gaza, non avrebbe senso per la Cina ricorrere ad un’aggressione militare».

La complessa relazione, culturale oltre che geopolitica, nei confronti della Cina resta una tematica che tocca il futuro dei più giovani. Me lo dimostra Henry, un bambino di cinque anni, che giocando con delle bandierine, stringendo tra le mani quella taiwanese, percuote con rabbia quella cinese. Questi bambini, com’è consuetudine qui, frequentano un doposcuola, in questo caso incentrato sull’apprendimento dell’inglese. Osservando il suo comportamento non posso che pensare che a tavola, in famiglia, si discuta della situazione sullo stretto, e lui, assorba inconsciamente le opinioni e le idee dei suoi genitori.

Sfogliando un atlante con Wendy, Niu Niu ed Ace, tre adolescenti che frequentano una scuola serale d’inglese, osservo come, tra gli stati dell’Asia, manchi un approfondimento su Taiwan; chiedo, quindi, cosa provino nel non vedere, tra quelle pagine, il proprio stato rappresentato come gli altri. Non ottengo risposta. Forse il livello d’inglese dei ragazzi non è sufficientemente fluente per trattare quella questione, ma mi accontento della risposta che segna il loro volto, un’espressione marcata tra l’abitudine e la rassegnazione.

In una decennale dicotomia tra Cina comunista e Cina nazionalista, i giovanissimi percepiscono come remota, se non obsoleta, una storia che non li riguarda più. Lontani, per il momento, dal condividere le cause degli indigeni, le nuove generazioni incarnano il modello dei nuovi taiwanesi, frutto delle mescolanze tra cinesi, nativi, giapponesi, indonesiani, thailandesi e molte altre nazionalità provenienti dal Sud Est asiatico. Sulla lista dei candidati di questa tornata elettorale, questi ragazzi non possono evidentemente apporre la propria preferenza, ma è chiaro che nelle matite degli elettori c’è la responsabilità e il dovere di scegliere per il futuro di chi ancora non può decidere.

[di Armando Negro]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

1 commento

  1. Tutto molto interessante, ma forse i taiwanesi non sanno che all’occidente non interessa un fico secco dei loro problemi e delle loro speranze. L’importante è che decidano di rimanere come sono dagli anni 50 ad oggi: dittatura o repubblica sono corollari.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria