venerdì 19 Dicembre 2025

In Bangladesh riesplode la rivolta della Gen Z: assaltate le sedi dei quotidiani

Migliaia di persone sono scese in piazza in Bangladesh, dopo l’annuncio della morte di Sharif Osman Hadi, trentaduenne leader giovanile della cosiddetta “Gen Z“, ferito gravemente in un attentato a Dhaka e deceduto giovedì in un ospedale di Singapore, dove era stato trasferito per le cure. La notizia della sua morte ha riacceso le proteste e ha scatenato la violenza nella capitale e in altre città, con centinaia di manifestanti che hanno preso d’assalto le sedi dei principali quotidiani del Paese, Prothom Alo e The Daily Star, considerate espressione di interessi politici contrari alla causa rivendicata dai dimostranti. La polizia e le truppe paramilitari sono intervenute per cercare di ristabilire l’ordine.

La morte di Hadi, noto come il “combattente di luglio”, ha agito da detonatore in un contesto politico già instabile. Hadi non era un attivista qualunque: portavoce della piattaforma Inquilab Moncho, o Piattaforma per la Rivoluzione, una realtà politica e culturale emersa dal movimento studentesco che l’anno scorso aveva contribuito alla caduta dell’ex primo ministro Sheikh Hasina, era divenuto la figura di riferimento per la mobilitazione giovanile e la richiesta di riforme democratiche. Il 4 agosto 2024, una violenta repressione lasciò circa 100 morti e scatenò una ondata di rabbia che costrinse Hasina a dimettersi e fuggire dal Paese il 5 agosto, ponendo fine alla sua lunga permanenza al potere e segnando una svolta nella politica del Bangladesh. Sotto l’Anti-Terrorism Act, la Commissione elettorale ha sospeso la registrazione del suo partito, la Awami League, impedendogli di partecipare alle elezioni del 2026.

Il 12 dicembre, il giorno dopo l’annuncio del calendario delle elezioni nazionali che si terranno il 12 febbraio, Hadi è stato colpito con un colpo di pistola alla testa sulla Box Culvert Road a Purana Paltan, a Dhaka. Gli investigatori hanno identificato come autore dell’omicidio un membro della Chhatra League, Lega studentesca del Bangladesh Awami League, cioè l’organizzazione giovanile e universitaria del partito ora fuorilegge. Secondo alcune fonti, il sospettato sarebbe fuggito in India. Molti dei manifestanti interpretano l’uccisione di Hadi come un atto deliberato per fermare il suo crescente sostegno popolare, e la sua figura è stata rapidamente trasformata in un simbolo di resistenza. La mobilitazione, iniziata come espressione di lutto e richiesta di giustizia, si è rapidamente radicalizzata nella notte, assumendo caratteristiche di una vera e propria rivolta urbana con slogan, blocchi stradali e attacchi vandalici. A Dhaka e in città come Chittagong, gruppi di dimostranti hanno assaltato non solo le maggiori testate giornalistiche, ma anche uffici politici e istituzioni collegate all’ex regime. Le sedi degli influenti quotidiani Prothom Alo e Daily Star, storicamente centrali nell’informazione nazionale, sono finite nel mirino perché accusate dai manifestanti di essere vicini all’India – che ha offerto ospitalità all’ex premier Hasina – e ostili alla causa della rivoluzione studentesca. Le redazioni sono state vandalizzate e date alle fiamme, con i giornalisti chiusi nelle redazioni, costretti a chiedere aiuto mentre il fumo avvolgeva gli edifici.

Il primo ministro ad interim, il premio Nobel per la Pace, Muhammad Yunus ha condannato le rivolte e sta cercando di contenere l’escalation. In un discorso alla nazione, il premier ha definito la morte di Hadi come «una perdita irreparabile per la nazione», ha dichiarato una giornata nazionale di lutto e ha invitato la popolazione a resistere alla violenza di massa attribuendo gli atti più estremi a «pochi elementi marginali» che cercano di sabotare il processo democratico. L’esecutivo ha promesso un’indagine trasparente sull’omicidio e ha fatto appello alla calma, mentre accusa forze esterne e interne di tentare di sfruttare il momento di debolezza per destabilizzare ulteriormente il Paese alla vigilia delle elezioni.

Intanto, la salma di Hadi è tornata in Bangladesh per i funerali che si terranno sabato pomeriggio. Il clima resta teso: nelle strade si alternano cortei pacifici e scontri con la polizia, mentre la retorica anti-India fra i manifestanti rischia di complicare i già fragili rapporti diplomatici nella regione. Con le elezioni di febbraio all’orizzonte, il Bangladesh si trova a un bivio: la capacità delle autorità di mediare e garantire un clima di partecipazione pacifica potrebbe definire non solo l’esito elettorale, ma la direzione futura di una nazione dove il desiderio di cambiamento democratico convive con il rischio di nuovi cicli di violenza.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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