Era il punto di riferimento regionale di importanti uomini di Cosa Nostra e si prodigava, dall’alto della sua carica di deputato all’ARS, per i loro interessi, in cambio di un’ingente quantità di voti. Per questo motivo, Paolo Ruggirello – prima esponente del Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, poi di “Articolo 4” e infine, dal 2015, del Partito Democratico in Sicilia – è stato definitivamente condannato a 12 anni di carcere per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Ruggirello, su cui pesano in particolare i rapporti con il potente boss Pietro Virga, con cui si incontrò più volte, e con il mafioso Carmelo Salerno, dovrà ora tornare dietro le sbarre per scontare la sua pena.
La Corte di Cassazione ha dunque impresso il timbro definitivo sulla condanna a 12 anni di galera rimediata in appello da Ruggirello lo scorso 25 gennaio, che a sua volta aveva confermato la condanna inflitta al politico in primo grado dal Tribunale di Trapani nel 2023. «È emerso con tutta evidenza che Paolo Ruggirello, nel corso della propria carriera politica, ha sistematicamente potuto contare sul consenso elettorale fornito da autorevoli esponenti dell’associazione mafiosa trapanese, fra cui il pacecoto Filippo Coppola, il mazarese Michele Accomando, i campobellesi Giovanni Buraci, Vincenzo La Cascia e Filippo Sammartano, nonché i trapanese Pietro e Francesco Virga», avevano allora evidenziato i giudici. «La consorteria mafiosa per il tramite di propri associati o di soggetti ad esso contigui – hanno sottolineato – ha fornito il proprio appoggio all’elezione dell’imputato e quest’ultimo, deputato regionale, ha tenuto una condotta idonea a consentire a Cosa nostra di perseguire i propri fini criminali, offrendo un rilevante contributo al suo rafforzamento e consentendo l’ingerenza dell’associazione mafiosa nelle dinamiche amministrativo-politico sociali».
Ruggirello entrò all’ARS per la prima volta nelle file del Movimento per le Autonomie nella primavera del 2006. Poi, nel 2012, riottenne il seggio nella lista “Nello Musumeci presidente”, per approdare l’anno successivo in “Articolo 4” e, in ultimo, nel Partito Democratico nel 2015. «La capacità delle cosche mafiose di stringere rapporti con la politica nei diversi ambiti territoriali, locali, regionali e nazionali, e in momenti di uguale rilievo politico, cioè quello elettorale prima e quello istituzionale poi, ha permesso ai mandamenti mafiosi del territorio della provincia di Trapani, di mantenere ancora forte la propria forza criminale, esercitata al fine di conseguire un controllo occulto sulle istituzioni e sulle attività economiche», aveva messo nero su bianco il tribunale di Trapani, affermando senza esitazione che, come confermato dai contenuti delle intercettazioni esaminate, «l’esponente politico è stato un autentico referente politico» per gli uomini di Cosa Nostra.
La vicenda processuale è nata dall’inchiesta “Scrigno” del nucleo investigativo del comando provinciale dei Carabinieri di Trapani, coordinata dalla DDA di Palermo, in cui, oltre alla riorganizzazione delle cosche, sono emersi gli intrecci tra mafia, politica e imprenditoria nella provincia di Trapani. «Ruggirello – aveva spiegato nella sua requisitoria il pm Gianluca De Leo – si è mostrato perfettamente a conoscenza delle regole, delle dinamiche e delle competenze territoriali di Cosa Nostra, pronto a fare mercimonio della propria attività politica, utilizzando somme pubbliche per distribuire incarichi e consulenze». Il pm aveva sottolineato per esempio che nel 2014, in occasione dell’elezione di Giuseppe Castiglione (PD) a sindaco di Campobello di Mazara, appoggiato da Ruggirello, quest’ultimo in una telefonata con il boss Salerno – che a lui si rivolse per delineare alleanze e candidature – diceva «È salito il nostro sindaco»; ma anche che Ruggirello si sarebbe mosso in prima persona con l’obiettivo di affidare al figlio di Salerno il posto di addetto alla sicurezza all’Assemblea regionale siciliana.
Oltre ai contatti intrattenuti con Pietro Virga e un altro esponente della sua cosca mafiosa, Pietro Cusenza, avvenuti prima delle elezioni regionali del 2017, Ruggirello avrebbe poi avuto solidi legami anche con Lillo Giambalvo di Castelvetrano, condannato per estorsione e nipote del boss Vincenzo La Cascia, e con il mafioso Filippo Sammartano di Campobello di Mazara: due soggetti che, ha ricordato il pm, numerose inchieste hanno ricollegato al superboss stragista trapanese Matteo Messina Denaro.




