Rispunta anche quest’anno, tra gli emendamenti alla legge di bilancio, il voucher da 1.500 euro per chi iscrive i figli alle scuole paritarie di primo e secondo grado. La misura, avanzata da Mariastella Gelmini per Noi Moderati, si aggiunge a quella portata avanti dalla Lega, a firma di Massimiliano Romeo, che vorrebbe esentare le paritarie dal pagamento dell’IMU. Le opposizioni denunciano l’ennesimo privilegio concesso agli istituti privati, accusando il Governo di continuare ad avvantaggiare le scuole private e sottrarre risorse al sistema statale.
L’emendamento, sostenuto da Forza Italia e Fratelli d’Italia, prevede che il contributo venga corrisposto alle famiglie con un ISEE sotto i 30 mila euro, limitatamente al primo anno di iscrizione. Il voucher, secondo la maggioranza, consentirebbe alle famiglie “di ceto medio” di orientarsi verso la scuola ritenuta più adatta ai figli, riducendo i costi delle rette delle paritarie. Per coprire il costo della misura, stimato in 20 milioni di euro, Noi Moderati intende provvedere con un taglio al fondo per gli interventi strutturali di politica economica. Le opposizioni respingono questa impostazione, parlando apertamente di un “regalo” mascherato da misura sociale, ricordando che le scuole paritarie non sono istituzioni pubbliche e che la Costituzione, pur prevedendo la libertà di istituire scuole non statali, stabilisce che esse non debbano gravare sulle finanze dello Stato. Il timore, sottolineano PD, M5S e Alleanza Verdi-Sinistra, è che la misura alimenti un sistema educativo parallelo, sostenuto con fondi pubblici, ma privo degli obblighi della scuola statale, contribuendo a una progressiva privatizzazione dell’istruzione. Il favore dell’attuale esecutivo alle scuole paritarie è stato ben espresso dalla stessa premier Meloni ad agosto, dal palco del Meeting di Rimini: «L’Italia rimane l’ultima Nazione in Europa senza un’effettiva parità scolastica, e io credo che sia giusto ragionare sulla questione con progressività, con buonsenso, ma soprattutto sgombrando il campo da quei pregiudizi ideologici che per troppo tempo hanno impedito di affrontare seriamente il tema».
La tendenza a elargire sempre più fondi statali alle scuole paritarie è cominciata, però, ben prima dell’insediamento dell’attuale esecutivo. Nel 2020, gli istituti paritari avevano ricevuto ben 150 milioni di euro di fondi del PNRR dal governo. Nel 2022, all’interno della legge di bilancio, il governo Meloni aveva previsto un finanziamento di 70 milioni di euro agli istituti paritari. Successivamente, attraverso due decreti firmati dal ministro per l’Istruzione Valditara, il governo aveva stanziato per l’anno 2024-2025 750 milioni di euro per le scuole paritarie, con un aumento di ben 50 milioni rispetto all’anno precedente. Nel 2024, ad avanzare un contributo di 1.500 euro per le famiglie che avessero scelto le scuole paritarie per l’istruzione dei propri figli era stato Fratelli d’Italia a firma dei deputati Lorenzo Malagola e Giovanni Coppo, scatenando le critiche feroci delle opposizioni. La differenza rispetto al voucher proposto oggi da Noi Moderati era sostanzialmente la soglia del reddito, fino a 40 mila euro. Alla fine, la polemica aveva portato a una marcia indietro e l’emendamento non era stato approvato.
Secondo associazioni di docenti, sindacati e analisti, l’aumento dei fondi alle paritarie rischia di sottrarre risorse a un sistema pubblico già provato da organici instabili, edifici inadeguati e investimenti insufficienti. La costante crescita dei finanziamenti statali alle scuole private è parte di un processo iniziato anni fa, alimentato da politiche di liberalizzazione che hanno spinto l’istruzione verso logiche sempre più di mercato. Già nella prima manovra dell’attuale governo la scuola pubblica è risultata marginale, mentre il sostegno alle paritarie è stato ulteriormente ampliato in continuità con gli esecutivi precedenti. Ne emerge una direzione chiara: il rafforzamento del privato procede insieme al progressivo indebolimento del sistema statale, delineando un modello educativo che rischia di spostare l’attenzione dall’interesse collettivo alle dinamiche del mercato.





Ma che male c’è?
Perché perdersi in battaglie del tubo da Marxisti Sionisti, invece di tenere gli occhi fissi sulle porcherie della NATO finché resterà ad esclusiva guida militare dei Generali USA e di Netanyahu?
Da Corneli non si vincono le guerre se ci si perde per strada su mille vicoli.