mercoledì 12 Novembre 2025

La guerra italiana alla canapa finisce davanti alla Corte di giustizia europea

Sarà la Corte di giustizia dell’Unione europea a stabilire se il mercato delle infiorescenze di canapa, inventato in Italia nel 2017 ed oggi legale in diversi Paesi europei, sia lecito, come sostenuto da aziende e associazioni da anni facendo riferimento ai regolamenti europei, a sentenze italiane ed internazionali e agli studi scientifici ad oggi disponibili, o non lo sia, come sostiene il governo che ha fatto una legge per criminalizzare il fiore di canapa. È l’epilogo di una storia iniziata nel 2022 quando, durante il governo Draghi, la Conferenza Stato-Regioni approvò un decreto che inseriva la canapa tra le piante officinali, limitandone però l’utilizzo a fibra e semi, e vietando dunque il fiore. È in quel momento che le associazioni di settore come Canapa Sativa Italia, Federcanapa, Sardinia Cannabis e Resistenza Italia onlus, si unirono per fare ricorso al Tar, affidandosi allo studio legale Legance di Roma e all’avvocato di settore Giacomo Bulleri.

La risposta del Tribunale amministrativo arriva un ano dopo, nel febbraio del 2023, ed è chiara: il decreto viene annullato perché non si possono limitare gli usi della canapa ad alcune parti per un generico principio precauzionale che va invece motivato con dati scientifici. Il Tar però non si è limitato ad annullare il comma incriminato del decreto, ma ha espressamente citato sia  una precedente sentenza del Consiglio di stato francese, che ha di fatto reso legale il commercio di CBD e cannabis light in Francia, sia la sentenza della Corte di Giustizia europea del 2020 che sottolineava che i prodotti legali a base di CBD di uno stato membro devono poter circolare liberamente in tutta Europa. Nonostante questo i Ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente e della Salute – a questo punto in Italia è in carica il governo Meloni – hanno deciso di impugnare tali sentenze, presentando ricorso al Consiglio di Stato. Nel frattempo c’è stato l’emendamento al decreto Sicurezza, con il fiore di canapa industriale considerato come uno stupefacente a prescindere, mentre la pronuncia del Consiglio di Stato è arrivata ieri, con un’importante ordinanza che, nel rimettere la decisione alla Corte di Giustizia europea, sottolinea però degli aspetti fondamentali.

Cosa dice il Consiglio di Stato

Innanzitutto richiama la sentenza del Tar del 2023, spiegando che l’Unione Europea “non opera alcuna distinzione tra le varie parti della pianta”.  Poi chiede alla Corte europea se le regole agricole europee (PAC e TFUE) ostino a una normativa nazionale che vieta coltivazione e uso delle infiorescenze e relativi derivati (CBD) da varietà ammesse. Fa poi notare che le limitazioni italiane a foglie e infiorescenze e derivati “danno luogo” a restrizioni a import/export non giustificabili per questioni di salute e ordine pubblico, dato che il THC è “estremamente contenuto”. Poi sottolinea che la produzione di cannabidiolo “sembra essere legale in altri Stati membri”, con effetti sulle restrizioni italiane al commercio intra-UE. Insomma, il Consiglio di Stato chiede alla Corte di Giustizia europea di chiarire se la normativa che prevede la legge sulla canapa, la 242 del 2016, per come è stata modificata da decreto Sicurezza, e il fatto che nel testo unico sugli stupefacenti siano inseriti fiori, foglie, oli e resine senza indicare le percentuali di THC, “sia compatibile con la normativa dell’Unione Europea”.

Addirittura mette nero su bianco che: “Il Collegio considera che dal quadro normativo europeo sopra tracciato emerge, sia pure implicitamente, la liceità della coltivazione delle varietà di cannabis sativa iscritte nel Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, il cui tenore di THC non superi determinati limiti; emerge inoltre la liceità di alcuni prodotti traibili dalle coltivazioni medesime: tali coltivazioni sono infatti ammesse a fruire degli aiuti della PAC, e le fibre ed i semi tratti dalle relative piante sono ammesse alla importazione.

Canapa: prodotto agricolo o stupefacente?

“Credo che questa ordinanza abbia colto in pieno le criticità emerse negli ultimi 10 anni e che continuano a creare confusione attorno alla canapa”, sottolinea l’avvocato Bulleri. “La questione in realtà è molto semplice: la pianta di canapa nella sua interezza (proveniente da varietà certificate e con basso tenore di THC) è un prodotto agricolo, per cui la legge sugli stupefacenti non può trovare applicazione. Mi auguro che il giudizio dinanzi alla Corte Europea sia l’occasione per introdurre un doveroso discrimine in modo da cambiare definitivamente approccio alla questione, cioè smettere di criminalizzare una pianta e concentrarsi sulla qualità e sicurezza dei prodotti ottenuti in modo da poter sviluppare l’intero potenziale della filiera”.

Cosa accade ora?

A livello giuridico il giudizio del Consiglio di Stato, dopo il rinvio alla Corte europea, è sospeso. E questa sospensione intanto si rifletterà sui processi in corso. È infatti molto probabile che, vista la pronuncia del massimo organo amministrativo italiano, i giudici di merito dei processi in corso si “accodino” alla decisione, sospendendo il giudizio in attesa della pronuncia. “È un passaggio decisivo”, conclude Mattia Cusani, presidente di Canapa Sativa Italia: “il Consiglio di Stato fotografa l’anomalia italiana e chiede alla CGUE se si possa davvero colpire solo le infiorescenze quando l’UE non distingue tra parti della pianta e il THC è minimo. Per le imprese e i negozi significa una prospettiva concreta di serenità legale e di tutela della filiera, nel rispetto delle regole europee.”

La situazione in Europa

Nel frattempo il Parlamento europeo ha approvato ad ottobre un emendamento proposto dall’eurodeputata di AVS Cristina Guarda per inserire i fiori e le foglie di canapa tra i prodotti agricoli regolamentati dall’Organizzazione Comune di Mercato (OCM). “L’ordinanza del Consiglio di Stato”, sottolinea proprio Cristina Guarda, “va nella stessa direzione dell’emendamento che ho promosso a Bruxelles per dare regole certe e non discriminatorie a tutta la filiera, anticipando al 2026 ciò che la nuova PAC prevederebbe solo dal 2028. Con il voto di ottobre, il Parlamento europeo ha riconosciuto l’intera pianta di canapa come prodotto agricolo, se proveniente da varietà a ridotto contenuto di THC: un segnale concreto di attenzione verso un settore che da anni chiede dignità e chiarezza.”

“La filiera italiana della canapa conta oltre 3mila imprese e 30mila lavoratori, molti dei quali giovani e donne. È una realtà innovativa per l’agricoltura italiana, capace di creare occupazione, reddito e prodotti sostenibili in linea con il Green Deal europeo. Eppure, il governo Meloni continua a discriminarla con norme anacronistiche, ideologiche e contrarie al diritto europeo. Ora abbiamo l’occasione di voltare pagina,” conclude.

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Mario Catania

Giornalista professionista freelance, specializzato in cannabis, ambiente e sostenibilità, alterna la scrittura a lunghe camminate nella natura.

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