Oggi è il 4 ottobre, il giorno di san Francesco d’Assisi. Il mio pensiero scruta con intensa emozione e profondità l’avventura di quest’uomo che radicalmente intese conformarsi ai precetti della povertà e della carità nel solco e nell’imitazione di Gesù Cristo.
Francesco che cantò la natura come creazione divina, che scelse la rinuncia e i doni della terra e del cielo come unica dote. Francesco che con i suoi frati cercò un luogo dove praticare il culto e finalmente caritatevolmente ottenne dai monaci del Subasio una piccola chiesa malandata e dismessa, la Porziuncola. E che per riconoscenza offrì una cesta di pesce ai monaci ottenendo in cambio una piccola giara d’olio. Non è un altro mondo, è una testimonianza e un messaggio che ciascuno può accettare o rifiutare declinandolo secondo la propria visione. Il saluto dei francescani è «pax et bonum», pace e bene. E allora come si fa oggi ad accettare che, mentre si ripristina la festa del santo di Madonna Povertà, venga sottovalutato, equivocato, perfino deriso e disprezzato l’apporto di pace di chi si è messo in moto per la Palestina e venga sostenuto un piano di “pace” per quella terra che richiama l’antico motto riferito da Tacito: «desertum fecerunt et pacem appellaverunt», hanno fatto un deserto e l’hanno chiamato pace. Come si fa?!
Non si governa per falsificare la realtà, per gettare la gente, i popoli nella miseria irreparabile. Non si governa cancellando la verità. L’Italia è ancora una nazione che può formulare valutazioni e decisioni indipendenti o è diventata l’eco inconsistente di chi ha deliberato altrove?
L’attuale governo con arroganza e cinismo obbedisce a poteri che ci sovrastano. E allora come dobbiamo definirlo?