Cipro, isola divisa e da sempre crocevia strategico del Mediterraneo orientale, sta vivendo un fenomeno che, pur non essendo del tutto nuovo, ha assunto dimensioni inedite e preoccupanti dopo il 7 ottobre 2023: un numero crescente di cittadini israeliani si sta trasferendo sull’isola e sta acquistando in massa case e terreni. Ciò che in passato appariva come una normale tendenza d’investimento si sta trasformando, agli occhi di parte della popolazione cipriota, in una colonizzazione silenziosa che alimenta paure profonde, al punto che il secondo partito del Paese, l’AKEL (Partito Progressista dei Lavoratori), è arrivato ad affermare che «Israele sta occupando Cipro». L’isola è già segnata dalla storica divisione tra la parte cipriota e quella turca, e questo nuovo fenomeno rischia di acuire le tensioni, anche per via del crescente scontro tra Israele e Turchia in Siria. A ciò si sommano le dispute sull’estrazione di gas e idrocarburi nel Mediterraneo orientale, che coinvolgono Cipro, Grecia, Israele, Egitto, Turchia, Libia, Italia e Unione Europea. In questo contesto, l’espansione israeliana sull’isola diventa un ulteriore tassello di una partita geopolitica già complessa e carica di tensioni.
Come riportato da Great Reporter, dal 2021 a oggi gli investitori israeliani hanno acquistato oltre 4.000 proprietà sull’isola, facendo crescere rapidamente il numero di residenti israeliani a Cipro: dai 6.500 del 2018 si è passati a più di 15.000 nel 2025. Le preoccupazioni non riguardano tanto i numeri quanto le modalità di insediamento. Interi quartieri e nuovi villaggi vengono costruiti e riservati esclusivamente a cittadini israeliani, diventando comunità chiuse che replicano un modello di colonizzazione che molti ciprioti considerano inquietante e già visto a poca distanza dalle proprie coste, in Palestina. La denuncia più forte arriva dal partito di opposizione AKEL (Partito Progressista dei Lavoratori), secondo partito del Paese. «Israele ci sta occupando» e «a un certo punto scopriremo che la nostra terra non ci appartiene», ha dichiarato a giugno Stefanos Stefanou, segretario del partito. Secondo AKEL, il modello è chiaro: nascono rapidamente enclavi dotate di sinagoghe, supermercati kosher e scuole private, lo stesso schema coloniale applicato in Cisgiordania che ora sembra mettere radici in località come Pyla, Larnaca e Limassol.
La preoccupazione è che Cipro, per la sua posizione geografica strategica, possa trasformarsi in una pedina di un gioco geopolitico ben più ampio. In ballo ci sarebbero la sicurezza nazionale, la giustizia sociale e la stessa sovranità del Paese. AKEL denuncia il rischio della nascita di “enclavi-satellite” sotto influenza israeliana, centri di potere economico e potenziali basi di intelligence, anche a ridosso della Green Line – come a Pyla e Larnaca – la linea di cessate il fuoco che separa la zona greco-cipriota da quella turco-cipriota. In quest’area si trovano anche le basi britanniche della RAF, tra cui Akrotiri, utilizzata per missioni di ricognizione su Gaza. Un articolo pubblicato sul quotidiano israeliano Haaretz nel 2023 confermava inoltre la presenza del Mossad, che sfrutterebbe Cipro per “operazioni di rifugio” e di sosta.

La crescente influenza israeliana sull’isola è vista come un fattore di ulteriore destabilizzazione in un contesto regionale già fragile. L’alleanza strategica tra Israele e la parte greco-cipriota, rafforzata anche per contrastare la Turchia nello sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio sottomarini, espone Cipro a rischi rilevanti, soprattutto ora che lo scontro tra Israele e Turchia si intensifica in Siria. La storia dell’isola rende la situazione ancora più complessa: Cipro è divisa in due entità, la Repubblica di Cipro e la Repubblica Turca di Cipro del Nord. Questa spaccatura risale all’occupazione turca del 1974, giustificata da Ankara come intervento per proteggere la popolazione cipriota di origine turca dalle manovre di annessione alla Grecia portate avanti dalla dittatura dei colonnelli, intenzionata a porre fine all’indipendenza ottenuta dall’isola nel 1960. Con il crescere dell’influenza israeliana, è evidente che un ulteriore deterioramento dei rapporti tra Israele e Turchia rischierebbe di aggravare profondamente la frattura tra le due parti dell’isola.
Nel già complesso quadro geopolitico in cui si colloca Cipro, un ruolo centrale lo gioca anche lo sfruttamento dei giacimenti di gas e idrocarburi del Mediterraneo orientale, che attira l’interesse di Cipro, Israele, Turchia, Egitto, Grecia e Libia. L’Italia è coinvolta sia per la presenza di ENI nell’area sia per il progetto EastMed, il gasdotto che dovrebbe collegare Israele, Grecia e Cipro per fornire le risorse energetiche del Mediterraneo orientale all’UE. Il progetto, tuttavia, si è arenato dopo la fine del sostegno statunitense nel 2022. L’area rimane quindi un nodo cruciale di questioni geostrategiche, che spaziano dalla politica all’energia, e il fenomeno migratorio a carattere coloniale rischia di alterare ulteriormente equilibri già estremamente fragili.
Se non li fermano porteranno guerre, miseria e distruzione, per i Greci soltanto, naturalmente.