domenica 10 Agosto 2025

Il Mali piega le multinazionali dell’oro al suo nuovo codice minerario

Alcuni grandi produttori di oro, tra cui la multinazionale quotata a Londra Endeavour Mining, hanno recentemente aderito al nuovo codice minerario del Mali, approvato dalla Nazione africana nel 2023 con lo scopo di sviluppare maggiormente l’economia del Paese. L’obiettivo del nuovo regolamento è convogliare maggiormente i guadagni provenienti dall’estrazione mineraria nelle casse dello Stato, riducendo allo stesso tempo le concessioni a favore delle grandi aziende straniere. Il Mali, tra i principali produttori di oro in Africa, ottiene così un risultato in netta contrapposizione con i dogmi liberisti e neocoloniali: imponendo alle multinazionali di unirsi allo Stato in società che ne controllino l’operato e a condividere effettivamente i profitti affinché le ricchezze del sottosuolo arricchiscano anche il Paese e non solo pochi azionisti. Una strada che si sta aprendo sempre più in Africa, a partire dalla regione più povera del Sahel, dove sempre più governi stanno tracciando nuove rotte per liberarsi dalle storiche catene imposte da poteri economici e politici di stampo coloniale

L’accordo con le società minerarie è stato annunciato alla televisione di Stato a fine luglio dal ministro delle Finanze Alousseni Sanou e dal ministro delle Miniere. Nello specifico, il memorandum d’intesa è stato siglato con Somika SA, di proprietà all’80% di Endeavour e al 20% dello Stato maliano, Faboula Gold e Bagama Mining, ma i termini dell’accordo non sono stati resti noti.

Le tre società rappresentano solo una parte della produzione aurifera del Mali. Faboula e Bagama hanno avviato la produzione nel 2021 con 500 chilogrammi ciascuna, ma tutte e tre sono rimaste per lo più inattive dopo l’entrata in vigore del codice minerario. Il direttore di Somika, Abdoul Aziz, ha reso noto che la costruzione di una nuova miniera della società «inizierà sei mesi dopo la firma dell’accordo e la produzione inizierà 18 mesi dopo», mentre il ministro delle Finanze maliano ha spiegato che «Somika ha un contratto di 10 anni e un fatturato annuo di 135 miliardi di franchi CFA (238,9 milioni di dollari). Bagama e Faboula hanno entrambe un contratto di cinque anni e un fatturato di 50 miliardi e 75 miliardi di franchi CFA», aggiungendo che ciascuna azienda creerà 2000 posti di lavoro.

Il nuovo regolamento sulla produzione, l’estrazione e la vendita di oro, opposto ai principi neoliberisti che limitano il ruolo dello Stato per favorire i privati, si inserisce in un contesto più ampio di decolonizzazione e sovranità che negli ultimi anni ha coinvolto la maggior parte degli Stati del Sahel. In questo quadro di rapidi cambiamenti, le società straniere iniziano a piegarsi alle nuove politiche socialiste e antimperialiste dei Paesi africani. Nello specifico, il nuovo codice adottato a partire da agosto 2023 consente al governo di acquisire una quota del 10% nei progetti minerari e di rilevare un ulteriore 20% entro i primi due anni di produzione commerciale. Inoltre, un’ulteriore quota del 5% potrebbe essere ceduta alla popolazione locale, portando la partecipazione statale e privata del Mali nei nuovi progetti al 35%, rispetto all’attuale 20%. Ma il regolamento ha anche abolito le tante esenzioni fiscali di cui godevano le compagnie minerarie straniere.

Secondo il ministro dell’Economia Alousseni Sanou e il ministro delle Miniere Amadou Keita, il nuovo regolamento garantirebbe ulteriori 500 miliardi di franchi CFA (803 milioni di dollari) all’anno per lo Stato e aumenterebbe il contributo del settore minerario all’economia fino al 20% del prodotto interno lordo, rispetto all’attuale 9%. Il governo maliano aveva annunciato la revisione del codice minerario dopo che un rapporto interno aveva mostrato come il Paese non ricevesse una giusta quota di profitti dall’attività mineraria. Ora, invece, il governo del Paese africano avrà la possibilità di sfruttare le competenze tecniche delle multinazionali per sviluppare il settore, trattenendo però buona parte dei profitti internamente e sviluppando così l’economia locale.

Il Mali, che è uno dei principali produttori d’oro dell’Africa, aveva cominciato a muoversi in questo senso già lo scorso gennaio, quando il governo aveva bloccato l’attività della canadese Barrick Gold, la seconda azienda mineraria più importante al mondo, nel sito di Loulo-Gounkoto, sostenendo che non rispettasse i termini di un contratto che prevedeva una redistribuzione più equa delle ricchezze estratte dalla cava per tutte le parti coinvolte. Tra i termini previsti, vi era proprio un aumento della quota statale dei benefici economici generati dal complesso minerario, secondo quanto previsto dal nuovo codice. Ma il Mali non è certo l’unico Stato del Sahel che si sta muovendo in questa direzione: recentemente, infatti, anche il Burkina Faso ha annunciato la nazionalizzazione delle miniere e ha avviato un processo più ampio di nazionalizzazione delle risorse naturali. Similmente, anche il Ghana ha cacciato le aziende straniere dal suo mercato dell’oro, ordinando di cessare la compravendita e l’esportazione del metallo prezioso e revocando le licenze di esportazione in vigore.

In generale, diversi Stati del Sahel sono accomunati dal medesimo sentimento antimperialista che negli ultimi anni ha portato all’attuazione di diversi colpi di stato nella regione per rovesciare i governi filoccidentali e sostituirli con giunte militari sovraniste e nazionaliste. In seguito ai golpe, in diversi Stati africani sono state cacciate le truppe europee, soprattutto quelle francesi, presenti sul territorio e si è dato avvio al processo di nazionalizzazione delle risorse naturali in una prospettiva chiaramente antiliberista. Protagoniste di questi sviluppi in direzione anticolonialista sono soprattutto Mali, Niger e Burkina Faso che hanno dato vita nel 2024 all’Alleanza degli Stati del Sahel, con l’intenzione di portare avanti un’agenda di decolonizzazione e di indipendenza rispetto alle influenze occidentali. Un obiettivo che queste nazioni stanno realmente perseguendo e di cui il nuovo codice minerario del Mali costituisce un esempio concreto.

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Giorgia Audiello

Laureata in Economia e gestione dei beni culturali presso l'Università Cattolica di Milano. Si occupa principalmente di geopolitica ed economia con particolare attenzione alle dinamiche internazionali e alle relazioni di potere globali.

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