È stato annullato il concerto, previsto per la prossima domenica 27 luglio alla Reggia di Caserta, del grandissimo direttore d’orchestra russo Valery Gergiev, reo di aver espresso simpatie per l’attuale presidente del suo Paese – almeno secondo i 700 intellettuali che, lo scorso 18 luglio, hanno indirizzato una lettera di protesta al governatore della Campania, Vincenzo De Luca.
Si tratta di una chiara crociata ideologica in chiave anti-russa più che anti-putiniana – crociata che si era già fatta sentire nel 2022 con l’annullamento di un corso universitario sul grande scrittore Dostoevskij, in quanto considerato un imprescindibile esponente della cultura russa. Apparentemente, per i benpensanti dell’Università Bicocca di Milano, andava stigmatizzato tutto ciò che è russo.
Così, ieri, lunedì 21 luglio, il governatore De Luca ha dovuto cedere alle «logiche di preclusione» e al «rifiuto di dialogare» dei 700 intellettuali, sorretti da numerosi partiti politici, e ha accettato di allontanare dall’Italia uno dei più grandi direttori d’orchestra al mondo, colpevole di aver espresso l’opinione che la guerra in Ucraina sia stata istigata dalla NATO per destabilizzare la Russia. Punto di vista vietatissimo nella nostra sedicente democrazia, la quale impone, come in un qualsiasi regime autoritario, un Pensiero Unico sui fatti ucraini.
Si tratta, tuttavia, di un Pensiero Unico pieno di contraddizioni: eccone una. Tutti sanno (ma molti cercano di dimenticare) che, sotto la presidenza di G.W. Bush, gli Stati Uniti hanno fatto molto di più di quanto la Russia di Putin stia facendo in Ucraina oggi. Infatti, nel 2003, gli USA hanno non solo invaso illegalmente il Paese sovrano dell’Iraq, ma l’hanno occupato per intero, bombardandolo selvaggiamente per ben 10 anni e al costo di oltre un milione di morti civili.
Eppure, per quanto all’epoca ci fossero forti proteste dirette contro Bush, non ci sono stati tentativi istituzionali di istigare un clima di odio verso la cultura e la società statunitensi. In Italia, i corsi universitari su Hemingway si sono tenuti regolarmente, nessuno si è sognato di cancellarli; e se il maestro statunitense James Levine non ha potuto tenere il suo concerto presso l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel 2021, è soltanto perché egli è purtroppo deceduto tre mesi prima. Nessuno chiedeva l’annullamento del suo concerto perché avrebbe messo in buona luce la cultura statunitense – come il concerto di Gergiev metterebbe in buona luce la cultura russa.
In pratica, non c’è stata nessuna campagna per estirpare l’influenza statunitense in Italia. Non c’è stata un’«inchiesta sull’utilizzo di fondi pubblici» per fermare eventi filo-americani, come invece hanno chiesto i 700 intellettuali per bloccare ogni evento filo-russo nel territorio dell’Unione Europea. Non c’è stata la richiesta di un «fondo culturale dedicato agli artisti che si oppongono» al regime a stelle e strisce, come invece oggi quei 700 intellettuali vorrebbero che ci fosse contro la Russia. Evidentemente, le invasioni e le occupazioni sono accettabili quando a farle è un Paese alleato, non un Paese competitore.
Anzi, per le classi dirigenti occidentali, oggi il Paese di Putin è diventato non solo un concorrente, ma potenzialmente un nemico in guerra. Un nemico da abbattere per eliminare un competitore, certo, ma anche e soprattutto per potersi impadronire delle sue immense ricchezze energetiche.
Così, dal momento che non sono bastati 18 pacchetti di sanzioni per far crollare la Russia, né un’estenuante guerra per procura “fino all’ultimo ucraino” (e quindi fino all’ultimo russo), il Regno Unito, la Francia e la Germania hanno deciso di alzare la posta: hanno formato un’alleanza per spingere l’UE a contemplare un conflitto diretto con la Russia per dare il colpo di grazia al suo regime attuale.
Quei tre Paesi occidentali si ricordano bene, infatti, come il crollo dell’URSS nel 1989 abbia poi consentito all’UE e agli USA di insediare a Mosca il debole Boris Eltsin, disposto a consentire alle industrie energetiche europee e statunitensi di accaparrarsi buona parte delle enormi ricchezze russe. Così, la Francia, la Germania e soprattutto il Regno Unito vogliono fare oggi. E non solo per il petrolio: infatti, il crollo della Russia consentirebbe all’Europa – insieme agli Stati Uniti – di poter più facilmente aggredire in seguito la Cina, costretta a difendersi da sola. Anzi, per molti osservatori, questo è l’obiettivo principale dietro il tentativo di intrappolare e di indebolire la Russia provocando la guerra estenuante in Ucraina.
L’ondata di propaganda antirussa che imperversa in Italia e in Europa da tre anni, dunque, sembrerebbe servire ai tre Paesi occidentali appena menzionati per raccogliere consensi per una guerra anche nucleare dell’Europa contro la Russia.
Bisogna combattere questo indottrinamento e contrastare la propaganda dilagante antirussa. Bisogna creare legami e scambi tra il popolo italiano e quello russo a tutti i livelli. Legami d’amicizia che rendano poi più difficili i tentativi del Potere di trascinarci in una guerra demonizzando la Russia. Legami che renderebbero più difficile cancellare le espressioni della cultura russa, come il concerto che Valery Gergiev avrebbe dovuto tenere questa domenica alla Reggia di Caserta.
Ho cercato una copia digitale del documento dei 700 firmatari, ma non l’ho trovata.
E’ stata pubblicata ufficialmente?
Chissà cosa ne pensa Barenboim…
Possono tranquillamente sostituirlo con un amico del grande benefattore Bibi…