A 45 anni dalla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, costata la vita a 85 persone, la Corte di Cassazione ha chiuso il cerchio sulle responsabilità penali dell’eccidio, condannando definitivamente all’ergastolo Paolo Bellini, ex Avanguardia nazionale, come quinto esecutore materiale. Quest’ultimo è stato riconosciuto colpevole in concorso con gli ex NAR Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Gilberto Cavallini, già condannati in via definitiva. Confermate anche le condanne per Piergiorgio Segatel (sei anni per depistaggio) e Domenico Catracchia (quattro anni per false informazioni al PM). Nel corso dei processi a Bellini e Cavallini, i giudici avevano già inquadrato come mandanti, finanziatori e organizzatori dell’attentato il numero uno della P2 Licio Gelli, il capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato, l’ex MSI Mario Tedeschi e il faccendiere Umberto Ortolani, tutti deceduti.
L’ultimo verdetto costituisce dunque una pietra miliare del percorso processuale sulla strage di Bologna, che ora, almeno per quanto concerne l’esecuzione materiale della strage, storicizza la colpevolezza di un quinto uomo. Nelle motivazioni della sentenza di appello i giudici avevano scritto che, dal quadro probatorio, è emersa «con assoluta certezza» la piena colpevolezza di Bellini «in ordine agli orrendi delitti a lui contestati». Bellini fu infatti ripreso il 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna da un filmato amatoriale girato dal turista Harald Polzer, che ne ha attestato la presenza in loco pochi minuti dopo lo scoppio della bomba. Maurizia Bonini, ex moglie di Bellini, lo ha identificato come l’uomo ripreso dal filmato a camminare nell’area del binario 1 della stazione. Ulteriori testimonianze hanno poi indicato la presenza di Luciano Ugoletti, simpatizzante di estrema destra, «nelle immediate vicinanze della stazione subito prima dello scoppio della bomba», facendo emergere «la concreta possibilità» che Ugoletti avesse avuto come specifico compito quello di «sorvegliare l’auto del Bellini», parcheggiata nelle immediate vicinanze della stazione.
Il primo processo per la strage di Bologna iniziò nel 1987 e coinvolse oltre venti imputati, accusati di strage, banda armata, associazione sovversiva e calunnia aggravata. Tra loro figuravano esponenti dei NAR (Fioravanti, Mambro, Cavallini), di Avanguardia Nazionale (Delle Chiaie), della P2 (Gelli) e del SISMI (Musumeci, Belmonte, Pazienza). Dopo una complessa vicenda giudiziaria, la Cassazione confermò l’ergastolo per Fioravanti e Mambro come esecutori materiali dell’attentato. Gelli e Pazienza furono condannati a 10 anni per calunnia aggravata con finalità di terrorismo; Musumeci a 8 anni e 5 mesi e Belmonte a 7 anni e 11 mesi per aver eseguito i depistaggi. Tra il 1997 e il 2007 si svolse un secondo processo, che portò alla condanna a 30 anni dell’ex NAR Luigi Ciavardini, anche lui riconosciuto come esecutore materiale.
Nel 2017 si aprì un terzo processo a carico di Gilberto Cavallini, condannato all’ergastolo in via definitiva lo scorso gennaio per aver favorito gli altri attentatori fornendo loro rifugio, documenti falsi e un’auto. Proprio nella sentenza di appello di questo processo, i giudici hanno scritto che dietro alla strage di Bologna si sono «mossi in modo deviato, calunnioso e in spregio ai valori e alle istituzioni democratiche anche pubblici ufficiali che perseguivano proprie autonome strategie politiche, al di fuori di qualsiasi lecita investitura politico-istituzionale». Dai NAR, la sentenza ha infatti alzato la sua lente di ingrandimento sulla P2 di Licio Gelli e l’universo delle istituzioni deviate. «Può ritenersi che il Gelli – mettono nero su bianco i giudici – tramite i servizi da lui dipendenti e che a lui rispondevano, finanziò e attuò la strage, servendosi come esecutori di esponenti della destra eversiva (NAR, esponenti di Tp e per quanto da ultimo accertato dalla Corte d’Assise di Bologna, anche Avanguardia Nazionale)», trovando «terreno fertile in quei ragazzini che in quella fase avevano il convergente interesse, nella loro prospettiva ideologizzata, a disintegrare in radice le basi dello stato democratico». I depistaggi, chiariscono i giudici, vennero «posti in essere da appartenenti ai servizi (sia Sisde sia Sismi) tutti facenti parte della P2 o ad essa comunque collegati (Grassini, Santovito, Umberto D’Amato, Pazienza, Musumeci, Cioppa, Pompò, Belmonte), i quali tutti rispondevano direttamente o indirettamente a Gelli».
Anche la sentenza di secondo grado del processo Bellini si muove sulla medesima scia, attestando come il capo della P2 Licio Gelli sia «il consapevole finanziatore della strage di Bologna», circostanza che «spiega il movente dell’attività calunniosa e depistatoria da lui posta in essere, unitamente ad alti funzionari dello Stato, proprio in relazione alla strage di Bologna». La Corte ha sancito a chiare lettere che «i mandanti, gli organizzatori, i finanziatori ed alcuni degli esecutori materiali hanno agito con lo scopo di eversione dell’ordinamento democratico e di destabilizzazione delle istituzioni dello Stato». Tale verità è stata partorita per la prima volta nel 2020, quando la Procura generale di Bologna, nell’atto di conclusione delle indagini del processo appena terminato, aveva messo nero su bianco anche i nomi dei mandanti, finanziatori e organizzatori dell’attentato, oggi defunti. Licio Gelli e il suo braccio destro Umberto Ortolani sono stati indicati come i mandanti-finanziatori, mentre Federico Umberto D’Amato, capo dell’Ufficio Affari riservati del Ministero degli Interni e lo storico direttore del giornale Il Borghese e senatore del MSI Mario Tedeschi, sono stati ritenuti mandanti-organizzatori.
“il numero uno della P2 Licio Gelli, il capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale Federico Umberto D’Amato, l’ex MSI Mario Tedeschi e il faccendiere Umberto Ortolani, tutti deceduti.”
La speranza è che brucino all’inferno!