Con la sentenza n. 76 del 2025, la Corte Costituzionale è intervenuta in maniera pregnante sulla normativa sul trattamento sanitario obbligatorio (TSO), giudicando parzialmente illegittimo l’articolo 35 della legge 833/1978. I giudici hanno stabilito che da ora in poi, infatti, il provvedimento del sindaco dovrà essere comunicato al paziente, che dovrà essere ascoltato dal giudice tutelare prima della convalida, e ricevere notifica del decreto. La Consulta ha stabilito che tali passaggi sono essenziali, anche in caso di infermità psichica, perché nessuno può essere privato dei propri diritti costituzionali. Le nuove garanzie si estendono anche alle proroghe del TSO. Resta però aperto il nodo applicativo: i colloqui da remoto, specie con pazienti sedati, rischiano di svuotare la riforma di efficacia.
Si tratta di una sentenza additiva, che aggiunge cioè elementi a una legge che, senza quegli elementi, presenta profili di incostituzionalità. Secondo la Consulta, i TSO sono illegittimi ove non siano effettuati davanti a un giudice. I giudici hanno infatti ritenuto incostituzionale la parte relativa al ricovero disposto, secondo la norma del 1978, dal sindaco. «L’audizione della persona sottoposta a TSO da parte del giudice tutelare prima della convalida assolve a diverse funzioni», spiega la Corte. «L’audizione è presidio giurisdizionale minimo, parte dello statuto costituzionale della libertà personale ai sensi degli articoli 13, 24 e 111 della Costituzione. In secondo luogo, svolgendosi presso il luogo in cui la persona si trova – normalmente un reparto del servizio psichiatrico di diagnosi e cura – è garanzia che il trattamento venga eseguito nel rispetto del divieto di violenza fisica e morale sulle persone sottoposte a restrizioni della libertà personale (articolo 13, quarto comma, della Costituzione) e nei limiti imposti dal rispetto della persona umana (articolo 32, secondo comma, della Costituzione)». In ultimo, aggiungono i giudici, «costituisce uno strumento di primo contatto, che consente al giudice tutelare di conoscere le condizioni in cui versa la persona interessata, anche dal punto di vista dell’esistenza di una rete di sostegno familiare e sociale», ed è «funzionale all’adozione, se del caso, dei provvedimenti provvisori in via d’urgenza di cui all’articolo 35, sesto comma, della legge numero 833 del 1978, rivolti, in base a una lettura costituzionalmente orientata, non solo alla conservazione del patrimonio, ma anche alla cura della persona».
A ogni modo, l’efficacia delle nuove garanzie previste dalla Consulta dipende in gran parte dall’effettiva possibilità per la persona sottoposta a TSO di partecipare al procedimento di convalida. Attualmente non esistono disposizioni chiare sulle modalità di questo “incontro” con il giudice tutelare: ad esempio, il Tribunale di Trento ha stabilito che l’audizione avvenga via videochiamata. Questo solleva due criticità principali. Primo, il collegamento a distanza può risultare inadeguato dal punto di vista tecnico (scarsa qualità audio/video, interruzioni) e relazionale, rendendo difficile un vero dialogo e la comprensione dello stato psico-fisico del paziente. Secondo, e più grave, è il rischio che l’udienza diventi un mero adempimento formale (“udienza pro-forma”) se il soggetto è sotto effetto di sedativi o psicofarmaci: in tali condizioni, l’interessato non può esprimersi consapevolmente né partecipare al contraddittorio, vanificando la tutela dei diritti di difesa e della libertà personale che la Corte ha voluto rafforzare.
Come evidenziato dal Direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Melegnano e della Martesana, Federico Durbano, il verdetto ha suscitato reazioni contrastanti tra i colleghi: da un lato si apprezza il rafforzamento delle garanzie costituzionali, dall’altro emergono dubbi su ruoli, responsabilità e procedure. In particolare, oltre ai rischi di “udienze pro‑forma”si segnalano criticità organizzative (spazi, piattaforme per video‑audizioni, coordinamento Tribunali‑Dipartimenti di salute mentale) e incertezze legali (gestione del paziente se manca la convalida entro 48 ore, divisione di responsabilità tra operatori, Polizie locali e giudici). Le risorse disomogenee tra territori aggravano il problema. Tra le proposte avanzate ci sono protocolli operativi coordinati a livello regionale/nazionale, investimenti per formazione e infrastrutture, maggiore integrazione fra sanità, giustizia e servizi sociali e promozione di una cultura giuridica nei professionisti. L’obiettivo condiviso è infatti quello di tradurre le novità costituzionali in prassi sostenibili e tutelanti per pazienti e operatori.