Spesso sponsorizzato come uno dei materiali “più sostenibili” da usare in ambito moda, il poliestere riciclato è stato messo sotto al microscopio ed analizzato: un nuovo studio condotto dal Microplastic Research Group dell’Università di Çukurova e commissionato dalla Changing Markets Foundation, ha rilevato che in realtà rilascia più microfibre rispetto al poliestere vergine. Quella che doveva essere la soluzione, in realtà, sta generando ancora più problemi. Moltissimi marchi, proprio in questi mesi, hanno concluso una sorta di “sfida” per sostituire il poliestere con la sua versione riciclata in tutte le collezioni: Adidas, H&M, Puma e Patagonia hanno terminato questo passaggio quasi al 100% per motivi legati alla sostenibilità ambientale. Eppure, il poliestere riciclato da bottiglie di plastica, ha un lato tanto invisibile quanto oscuro.
Lo studio è stato svolto su un campione relativamente piccolo, prendendo in esame 51 capi di diverse aziende (Adidas, H&M, Nike, Shein e Zara – ovvero i maggiori produttori di capi in tessuti sintetici secondo una recente indagine di Changing Markets) realizzati con poliestere riciclato (il poliestere in questione deriva prevalentemente dal riciclo di bottiglie di plastica perché ad oggi non è possibile riciclare il poliestere da tessuto a tessuto). Dalla ricerca è emerso che il poliestere riciclato crea in media il 55% in più di inquinamento da microplastiche rilasciate durante il lavaggio rispetto al poliestere vergine; ma anche che le particelle sono più piccole (di circa il 20%), quindi più facilmente disperse nell’ambiente e dannose. Questo avviene perché tutte le fibre riciclate, subendo un processo di ri-lavorazione sia esso chimico o meccanico, si indeboliscono, si accorciano e diventano a tutti gli effetti più fragili, rompendosi più facilmente (le catene polimeriche sono più corte e la struttura più debole).
Tra i vari marchi presi in esame, l’abbigliamento in poliestere Nike si conferma il più inquinante, tanto per il tessuto vergine quanto per quello riciclato. In media, il poliestere riciclato del brand ha liberato oltre 30.000 microfibre per grammo di campione, quasi quattro volte il valore medio di H&M e più di sette volte quello di Zara. Per quanto riguarda Shein, invece, il risultato ha fatto insospettire: i suoi capi in poliestere riciclato rilasciano microplastiche all’incirca alla stessa velocità dei suoi capi in poliestere vergine. Il che fa presumere che i capi etichettati come “poliestere riciclato” in realtà fossero di poliestere vergine, traendo in inganno i propri clienti (altro che greenwashing!). Una mossa che non è nuova al mondo della moda, dove etichette e diciture sono spesso utilizzate in maniera impropria per farsi belli al pubblico e celare la verità.
Dietro al massiccio uso del poliestere nella moda c’è, prima di tutto, una questione economica. Questa fibra sintetica derivata dal petrolio sviluppata agli inizi del 900, è subito entrata a far parte del circuito fashion, per le sue proprietà ma soprattutto per il suo costo decisamente più contenuto rispetto a quello di altri materiali. La sua diffusione massiccia, unita alla sovrapproduzione, ha contribuito a moltiplicare i rifiuti e l’inquinamento. Il poliestere, come tutte le plastiche, si degrada in tempi molto lunghi e, per quanto riguarda i tessuti, ad ogni lavaggio rilascia grosse quantità di microplastiche.
Per questo il poliestere riciclato è stato accolto come il “salvatore” del sistema: la fibra magica ed ecologica che avrebbe permesso di continuare a produrre in maniera indiscriminata sotto l’etichetta verde sigillata dalle tre frecce che si rincorrono. Una soluzione rassicurante, che in realtà nasconde l’irrefrenabile dipendenza della moda dai materiali sintetici. E che nel frattempo sta aggravando il problema dell’inquinamento da microplastiche. Che si trattasse di greenwashing, prima ancora di questi nuovi test, c’è sempre stato il sospetto: adesso c’è la conferma.
L’uso di fibre sintetiche è un numero in continuo aumento, così come la sovrapproduzione, il consumo esagerato e lo spreco. Soluzioni tampone, modifiche progettuali ed interventi a fine ciclo di vita dei capi sono solo gocce in un mare di capi prodotti giornalmente. Le soluzioni concrete ed auspicabili sono rallentare, eliminare la produzione di fibre sintetiche e smettere di usare bottiglie di plastica per produrre abiti usa&getta.




