giovedì 11 Dicembre 2025

Spotify sostituisce le band che la boicottano con l’intelligenza artificiale

«Sto cercando di cogliere l’ironia in questa situazione, ma seriamente: siamo spacciati». Così ha reagito Stu Mackenzie quando ha scoperto che su Spotify era comparso un profilo falso della sua band e che alcune loro canzoni erano state ricreate utilizzando l’intelligenza artificiale. Il gruppo aveva abbandonato la piattaforma alcuni mesi fa, dopo che era emerso che il CEO dell’azienda investiva milioni nell’industria bellica. Spotify si è affrettata a cancellare il profilo falso con tante scuse, eppure la musica prodotta con l’IA sta conquistanto uno spazio sempre più ampio sulla piattaforma.

La band in questione sono i King Gizzard & The Lizard Wizard, gruppo rock australiano che nel corso degli anni ha raccolto milioni di fan in tutto il mondo grazie a uno stile eclettico e a una produzione tanto ricca quanto ossessiva: 27 album in studio pubblicati tra il 2012 e il 2025. Nel mezzo c’è anche l’anno di grazia 2017, quando la band di Melbourne ha fatto uscire cinque album in dodici mesi, ognuno profondamente diverso dagli altri. L’unico filo conduttore? Titoli assurdi e musica ancora più fuori dagli schemi. Tra questi dischi c’era anche Flying Microtonal Banana, album in cui Mackenzie e compagni sperimentavano la musica microtonale, cioè basata su intervalli di note più piccoli rispetto al sistema musicale tradizionale. 

Il singolo di lancio del disco era Rattlesnake. Ed è stata proprio Rattlesnake la scintilla del caso Spotify. A luglio la band aveva annunciato il ritiro di tutto il proprio catalogo dalla piattaforma dopo che il CEO dell’azienda aveva deciso di reinvestire circa 600 milioni di profitti derivati dagli ascolti musicali nella produzione di droni militari. Da quel momento il profilo ufficiale dei King Gizzard era rimasto vuoto.

Qualche giorno fa, però, un utente di Reddit ha notato qualcosa di strano: un nuovo profilo chiamato King Lizard Wizard, che conteneva diverse canzoni della band, ricostruite interamente con l’intelligenza artificiale. Tra queste la più ascoltata era proprio Rattlesnake, imitata nel suono, nella struttura e persino nei testi.

La segnalazione del plagio su Reddit

I brani risultavano credibilmente simili agli originali, tanto da far pensare che chi li avesse generati avesse semplicemente fornito a un modello IA i testi e qualche riferimento musicale, chiedendo poi di imitare lo stile della band. «Una brutta imitazione dell’Intelligenza Artificiale – commentava l’autore del post su Reddit – dall’estetica al nome della band, fino alla copia delle loro canzoni. Trovo tutto questo assolutamente deplorevole e chiuderò il mio account su Spotify».

Mentre la notizia iniziava a circolare online, il profilo, che nel frattempo aveva raggiunto oltre 34.000 ascoltatori mensili, è stato rimosso. Spotify si è affrettata a prendere le distanze dall’accaduto, definendolo una «violazione delle policy sulla proprietà intellettuale».

Non si tratta di un caso isolato. La musica prodotta con l’intelligenza artificiale sta diventando una presenza fissa nel mercato discografico. A ottobre, nel Regno Unito, il brano I Run del duo dance HAVEN era entrato nella Top 40 dei singoli più ascoltati, ma la verione originale è stata poi rimossa da tutte le piattaforme in quanto la voce generata con l’IA risultava troppo simile a quella della cantante britannica Jorja Smith. 

Il profilo fake comparso su Spotify

Non solo: a giugno i Velvet Sundown, gruppo interamente virtuale, hanno raggiunto un milione di ascoltatori mensili su Spotify. Nessuna voce, nessuno strumento, nessun musicista in carne e ossa: solo codice generato da un programma di intelligenza artificiale.

Non è necessariamente un male. L’IA può essere uno strumento creativo potente: permette a chiunque di comporre musica seguendo la propria ispirazione, sperimentando liberamente anche stili complessi come la musica microtonale, senza dover conoscere un linguaggio musicale avanzato o affrontare i costi di produzione e registrazione.

Dall’altra parte, però, il rischio di sconfinare nel plagio o appropriarsi del lavoro altrui è elevato, e il caso King Gizzard lo dimostra chiaramente.

A questo punto la domanda non è più se l’intelligenza artificiale avrà un ruolo nella musica dei prossimi anni, ma quanto spazio le verrà concesso: se saremo noi oppure l’algoritmo a cercare di capire, in futuro, come fare a suonare un quarto di tono senza andare in crisi esistenziale.

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Fulvio Zappatore

Nato a Cesena nel 1984, muove i primi passi nel giornalismo scrivendo articoli per la stampa locale. Dopo la laurea in Storia contemporanea diventa professionista e inizia a dedicarsi anche al giornalismo televisivo. Collabora a L’Indipendente come corrispondente dall’Emilia-Romagna.

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