Si è definitivamente concluso il Maxiprocesso sulla “mafia dei pascoli”, frutto della più imponente operazione antimafia nell’ambito dei sussidi agricoli elargiti dall’Unione Europea e dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) e sfruttati illegalmente da uomini legati alla criminalità organizzata. La Cassazione ha infatti comminato un totale di 50 condanne – la più alta a oltre 20 anni di carcere – ai danni di soggetti legati al clan mafioso dei Batanesi e dei Faranda-Crascì, in prima linea nella perpetrazione delle truffe. Molti imputati sono invece riusciti a cavarsela grazie all’intervento della prescrizione. In definitiva, però, l’impianto accusatorio della Procura ha pienamente retto.
Il maxi-blitz da cui tutto è nato, denominato “Nebrodi”, ha avuto luogo nel 2020. Il processo di primo grado davanti al Tribunale di Patti sfociato dall’operazione si era concluso il 30 settembre 2022, con la disposizione di 90 condanne, per un totale di oltre 640 anni di carcere, 10 assoluzioni e una prescrizione. Erano state confiscate numerose imprese e ingenti somme di denaro. L’anno scorso, la sentenza è stata in parte modificata al ribasso, con i giudici che hanno comminato in tutto 65 condanne. In ultimo è arrivata la pronuncia della Cassazione, che ha messo il timbro sull’impianto accusatorio dei pm. Le pene più alte sono arrivate per i capi mafiosi riconosciuti dei Batanesi – diretta propaggine delle famiglie tortoriciane – ovvero Sebastiano Bontempo (20 anni e 6 mesi) e Vincenzo “Lupin” Galati Giordano (19 anni e 6 mesi). A scendere, hanno subito pene ingenti – tutte al di sopra dei 10 anni – anche i «partecipi» dei gruppi mafiosi Domenico Coci, Salvatore Bontempo, Sebastiano Conti Mica, Giuseppe Costanzo “u carretteri” Zammataro e Gino Calcò Labruzzo. Per quanto concerne i capi d’imputazione caduti in prescrizione, la Suprema Corte ha disposto rinvii alla Corte d’appello per ricalcolare le pene dove occorre eliminare i reati dichiarati estinti.
La “mafia dei pascoli” è un fenomeno criminale molto diffuso e articolato che riguarda l’infiltrazione della criminalità organizzata nelle attività legate alla gestione e allo sfruttamento dei terreni agricoli. In particolare, la mafia sfrutta i fondi europei destinati all’agricoltura tramite frodi nei sussidi per i pascoli e le attività agricole. I clan, attraverso minacce e intimidazioni e grazie all’impiego di prestanome o all’intestazione di pezzi di terra a persone insospettabili, ottengono illegalmente la gestione di terreni, pubblici e privati, per accedere ai finanziamenti europei della Politica Agricola Comune (PAC) senza svolgere alcuna reale attività agricola.
Nel 2024 è peraltro emerso come a richiedere e ottenere senza incorrere in nessun ostacolo i sussidi agricoli dallo Stato italiano e dall’Unione Europea siano state, negli ultimi anni della sua latitanza, anche le sorelle di Matteo Messina Denaro, boss di Castelvetrano che, da stretto alleato dei corleonesi di Totò Riina, ha avuto un ruolo di primo piano nella stagione stragista di Cosa Nostra. Si parla di somme, accreditate dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), che ammontano complessivamente a circa 17mila euro. I fondi sono entrati in maniera continuativa per 8 anni, dal 2015 al 2023, nelle casse della famiglia. Il boss Matteo è stato arrestato il 15 gennaio 2023 dopo trent’anni di latitanza ed è deceduto nel carcere dell’Aquila il 25 settembre dello stesso anno a causa di un tumore.




