sabato 15 Novembre 2025

Cosa nostra, ’Ndrangheta e Camorra alleate in Lombardia: chiesti 570 anni di carcere

La Procura di Milano ha avanzato una maxi-richiesta di 570 anni di carcere e la confisca di beni per più di 479mila euro al processo Hydra, che vede alla sbarra gli appartenenti al presunto “Consorzio” che, in Lombardia, riunirebbe esponenti di spicco legati ai sodalizi di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. La richiesta riguarda 75 imputati che hanno scelto l’abbreviato davanti al giudice per l’udienza preliminare. Se la sentenza confermerà l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri, si tratterebbe di una delle pronunce storicamente più importanti in merito agli affari delle mafie nel nord Italia.

Nello specifico, le richieste di condanna più alte (già ridotte di un terzo per la scelta dell’abbreviato) riguardano Giuseppe Fidanzati, Filippo Crea e Massimo Rosi (20 anni di carcere). Il primo, arrestato lo scorso gennaio nella sua casa milanese, è definito il “narcos” di Cosa Nostra e si trova ora nel carcere di Voghera. Figlio del superboss dell’Arenella Gaetano Fidanzati, avrebbe preso parte a diversi meeting in terra meneghina nella cornice del patto mafioso tra le tre mafie in Lombardia. Con lui c’era anche Errante Parrino, cugino di Matteo Messina Denaro: Fidanzati è stato inquadrato come il punto di tramite tra il sistema mafioso lombardo e la nota famiglia di Castelvetrano. Crea sarebbe invece un esponente di spicco della cosca calabrese Iamonte, che avrebbe operato a Milano e nel suo hinterland nell’ambito delle false fatturazioni, somministrazione dipendenti e cambio cash. Massimo Rosi è invece considerato il reggente del locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo. Sono stati inoltre chiesti 18 anni di carcere per Bernardo Pace, Giacomo Cristello e Giuseppe Pizzata, 16 anni per Rosario Abilone e Sergio Sanseverino e Antonio Grasso, 14 per Domenico Pace, 12 per Giuseppe Romeo e Daniela Sangalli. Ma questo è solo un pezzo del procedimento complessivo. Altri 59 imputati hanno infatti optato per il rito ordinario: il giudice dovrà decidere se rinviarli o meno a giudizio, aprendo dunque la strada all’eventuale dibattimento. 11 imputati, invece, mirano a patteggiare.

A ottobre, i giudici del Riesame avevano ufficialmente riconosciuto la presenza di un’alleanza tra le tre grandi associazione mafiose dello Stivale in Lombardia, ampiamente documentata dalle ricostruzioni dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano in merito agli incontri tra i loro membri, confluite appunto nell’inchiesta Hydra. Al centro del “patto”, hanno attestato i giudici, vi sarebbero stati la gestione del traffico di droga, l’infiltrazione del tessuto economico e imprenditoriale della regione, il riciclaggio e le estorsioni. Accogliendo le tesi dei pm, che un anno prima non erano state avallate dal gip, il Riesame ha ritenuto «ampiamente dimostrato che il sodalizio contestato abbia fatto effettivo, concreto, attuale e percepibile uso, anche con metodi violenti o minacciosi, della forza di intimidazione nella commissione di delitti come nella acquisizione del controllo e gestione di attività economiche», ovvero degli «ambiti di attività che, secondo il parametro normativo, tipizzano la natura mafiosa del gruppo».

Una forte spinta all’indagine è stata data dalla collaborazione con la giustizia di William Alfonso Cerbo, noto come “Scarface”, appartenente al clan catanese dei “Carcagnusi” e ritenuto uno dei vertici del sistema mafioso lombardo. Confermando l’esistenza e l’operatività del “Consorzio” delle tre mafie, Cerbo ha raccontato che esso sarebbe stato «creato nel 2019» al fine di «gestire il tesoro e gli affari di Matteo Messina Denaro». Cerbo ha partecipato personalmente al primo summit del Consorzio monitorato dalle forze dell’ordine, il 3 giugno 2020 al ristorante Sardinia di Inveruno. All’incontro – uno dei venti poi documentati – erano presenti anche Vincenzo Senese, figlio del boss della camorra romana Michele Senese, Gioacchino Amico e Giancarlo Vestiti, manager di vertice della nuova “Mafia Spa”.

«Il cardine di tutto è l’aspetto economico», ha spiegato il pentito, sottolineando come le mafie si siano consorziate proprio per massimizzare gli affari illeciti, lasciando invece alla discrezionalità di ogni componente il traffico di droga. Il suo ruolo all’interno dell’organizzazione era di primo piano: gli vengono contestati «compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere, conducendo attività illecite in ordine alla sfera delle attività economico-finanziarie illecite e delle intestazioni fittizie, contribuendo all’alimentazione della cassa comune, acquisendo il controllo di attività economiche, in particolare nel settore logistico e della ristorazione».

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Stefano Baudino

Laureato in Mass Media e Politica, autore di dieci saggi su criminalità mafiosa e terrorismo. Interviene come esperto esterno in scuole e università con un modulo didattico sulla storia di Cosa nostra. Per L’Indipendente scrive di attualità, politica e mafia.

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