giovedì 13 Novembre 2025

Trump ai festini di Epstein: cosa emerge dalle mail divulgate

Il caso Epstein torna a deflagrare sulla scena politica americana. Tre e-mail diffuse ieri dai democratici della House Oversight Committee chiamano nuovamente in causa il presidente americano Donald Trump, citato come presenza interna al circuito di festini e frequentazioni d’élite che orbitava attorno al finanziere pedofilo, morto in circostanze mai chiarite nel 2019. Il materiale trapelato è sufficiente a incrinare la versione del presidente americano di totale estraneità ai fatti e a scatenare la reazione della Casa Bianca, che torna a parlare di “bufale” e della pubblicazione di un “leak selettivo” che non prova «assolutamente nulla». Le nuove carte si intrecciano con il memoir postumo di Virginia Giuffre, con i dubbi di Mark Epstein sul presunto suicidio del fratello e con le accuse dello scrittore Michael Wolff, che descrive Trump ed Epstein “come fratelli”.

Le mail pubblicate provengono da un lotto di oltre 23.000 documenti forniti dall’eredità di Epstein al Comitato di Sorveglianza della Camera, in risposta a una citazione in giudizio e ricostruiscono contatti indiretti, scambi logistici e riferimenti a eventi mondani. Nulla che provi reati diretti, ma abbastanza per riaprire il capitolo controverso del rapporto di amicizia intercorso tra Trump ed Epstein, soprattutto in un momento in cui l’FBI ha archiviato il caso – sostenendo che non esistono liste clienti né prove di ricatti sistematici ai danni di politici e imprenditori di alto livello – generando l’ira della basa MAGA. Il primo messaggio del 2011, indirizzato a Ghislaine Maxwell, contiene un riferimento esplicito a Trump, indicato come «il cane che non ha abbaiato», sostenendo che Virginia Giuffre – allora minorenne – aveva trascorso “ore” con l’allora magnate senza che il suo nome fosse mai stato menzionato. Giuffre, però, nelle sue deposizioni e nel memoir postumo, ha sempre insistito che Trump non era tra gli uomini che l’avevano vittimizzata, descrivendolo come «estremamente amichevole» durante un incontro al Mar-a-Lago. Anche membri dello staff di Epstein hanno confermato le visite di Trump, ma senza comportamenti sospetti. In una seconda mail del 2019, indirizzata allo scrittore Michael Wolff, Epstein sostiene che Trump «ovviamente sapeva delle ragazze» e che avesse chiesto a Maxwell di “fermare” alcune frequentazioni, riferendosi indirettamente al divieto d’ingresso imposto a Epstein a Mar-a-Lago. Trump sul suo social Truth bolla la vicenda come una “bufala” riesumata dai democratici per distogliere l’attenzione dalla fine dello shutdown e da altri dossier politici. Ai nuovi sviluppi si intrecciano le irregolarità mai chiarite della notte tra il 9 e il 10 agosto 2019, quando Epstein fu trovato senza vita nella cella del Metropolitan Correctional Center. Le autorità federali hanno chiuso il caso parlando di suicidio, ma il quadro registrato è tutt’altro che lineare: telecamere fuori uso, controlli saltati per ore, trasferimento del compagno di cella poco prima della morte e totale assenza di immagini del corpo all’interno della cella. A queste anomalie si aggiunge la voce del fratello, Mark Epstein, che accusa Trump di mentire e parla apertamente di omicidio e di insabbiamento della verità.

Per Trump, l’uscita delle mail è un problema più politico che giudiziario, che arriva con un tempismo chirurgico, nel momento in cui stava incassando consenso per lo scandalo BBC e la fine dello shutdown. Da mesi, il tycoon ha adottato toni da offensiva: attacca i democratici, li accusa di orchestrare una manovra per destabilizzare la sua amministrazione. Da paladino della “verità” contro le élite corrotte del Deep State, a presidente che ora liquida la vicenda come un «argomento noioso» che non dovrebbe «interessare a nessuno», Trump ha compiuto l’ennesima giravolta che ha spaccato la base MAGA. Ora, chiamato in causa, quel terreno rischia di incrinarsi: il caso Epstein si è trasformato, infatti, da cavallo di battaglia della campagna elettorale a una bomba a orologeria. Le mail non lo incriminano di un reato, ma tirano in ballo la sua presenza in un ecosistema di potere trasversale: politici, banchieri, dirigenti di multinazionali, membri di famiglie reali, apparati dell’intelligence. È una rete internazionale mai esposta del tutto, che rende ancora “radioattivo” il caso Epstein. Le nuove carte diffuse non sono l’ultima parola: sembrano piuttosto l’inizio di un regolamento di conti trasversale che può colpire non solo Trump, ma tutto l’establishment che ha intessuto relazioni con Epstein e Maxwell. In questa partita, la posta in gioco non è solo la presidenza, quanto la credibilità del potere.

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Enrica Perucchietti

Laureata con lode in Filosofia, vive e lavora a Torino come giornalista, scrittrice ed editor. Collabora con diverse testate e canali di informazione indipendente. È autrice di numerosi saggi di successo. Per L’Indipendente cura la rubrica Anti fakenews.

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1 commento

  1. Difficile affermare che the Donald dica tutta la verità, come d’altronde ci hanno mostrato TUTTI i presidenti Usa. Un democratico liberal come Bill Clinton, davanti alla commissione d’inchiesta e sotto giuramento affermó di non aver avuto “contatti” con la stagista Monica. Probabilmente pensando che la fellatio non fosse un contatto…

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