La giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano Patrizia Nobile ha rinviato alla Corte Costituzionale il decreto legge con il quale il Governo ha qualificato la Fondazione Milano-Cortina 2026 come un ente di diritto privato. Nel farlo, la giudice ha accolto in parte la richiesta della Procura di Milano nell’ambito di un fascicolo riguardante un’inchiesta contro l’ex AD Vincenzo Novari, l’ex dirigente Massimiliano Zuco e altre cinque persone; gli indagati erano incaricati dei servizi digitali per i Giochi ed erano accusati di corruzione e turbativa d’asta. La qualifica della Fondazione come ente di diritto privato, però, esclude di fatto le ipotesi di reato perché comporta che le attività della Fondazione non siano disciplinate dalle norme del diritto pubblico. Secondo la gip, la presunta natura privata della Fondazione sarebbe «costituzionalmente illegittima» poiché essa presenterebbe tutti i requisiti fondamentali per essere definita pubblica. Il Governo avrebbe dunque agito «in violazione» delle direttive UE in materia di appalti pubblici.
La scelta della gip è stata resa nota oggi, giovedì 6 novembre. Con essa, la giudice accoglie in parte la richiesta della procura milanese che lo scorso aprile aveva chiesto l’archiviazione delle indagini per turbativa d’asta a carico dei sette indagati, sollevando tuttavia questioni di legittimità costituzionale. La gip sostiene che la Fondazione risponda a tutti i requisiti per essere definita un ente di diritto pubblico. Questi sono stabiliti dalla direttiva UE 2014/24, e recepiti dall’Italia dal Codice degli Appalti. I requisiti per qualificare una realtà come ente di diritto pubblico sono tre, e devono presentarsi tutti insieme: avere un interesse generale; essere dotati di personalità giuridica; essere finanziati per la maggior parte da autorità pubbliche, o gestiti da membri nominati dallo Stato. I criteri, insomma, ci sarebbero tutti. La qualifica come ente di diritto privato sarebbe dunque da considerarsi «costituzionalmente illegittima», poiché viola i «vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario» e dagli «obblighi internazionali».
Definire la Fondazione Milano-Cortina un ente di diritto privato ha avuto un effetto a cascata sulle indagini per corruzione e turbativa d’asta aperte dalla Procura di Milano nei confronti degli incaricati dei servizi digitali per i Giochi. Secondo quanto si è letto nelle carte dell’indagine, al fine di «favorire l’affidamento delle gare relative al cosiddetto ecosistema digitale» alla Vetrya (ora Quibyt), società di Orvieto cui sono stati assegnati i servizi digitali, Novari e Zuco avrebbero ottenuto dal rappresentante legale della società che si aggiudicò gli appalti, Luca Tomassini, «somme di denaro e altre utilità». Tali gare sarebbero state assegnate alla società con fatture emesse per i lavori «da parte di Vetrya e Quibyt», amministrate entrambe da Tomassini, e pagate «per importi complessivamente non inferiori» a quasi 1,9 milioni di euro dalla Fondazione. Se si accetta di considerare la Fondazione come un ente privato, non sussistono più i margini per i reati ipotizzati, perché essa non sarebbe tenuta a rispondere agli obblighi degli enti di diritto pubblico. Con la pronuncia di oggi, la gip ha rinviato la questione alla Corte Costituzionale, che dovrà esprimersi sulla vicenda; se dare ragione alla gip, aprirebbe nuovamente l’inchiesta.





