martedì 28 Ottobre 2025

ENI continua a registrare utili: 1,2 miliardi nell’ultimo trimestre

Nel terzo trimestre del 2025, ENI ha registrato un utile netto pari a 1,2 miliardi di euro. Tale cifra si riferisce all’utile rettificato (o “adjusted”), e dunque privato delle spese straordinarie; l’Ebit (Earnings Before Interest and Taxes – ossia utili prima degli interessi e delle tasse) rettificato, invece, è pari a circa tre miliardi. Tali risultati, per quanto in calo, risultano superiori a quanto stimato dal gruppo: Eni ha infatti aumentato per la seconda volta la propria stima annuale di generazione di cassa. È quanto riportato dal colosso energetico in un comunicato ufficiale. L’ebit rettificato dell’ultimo trimestre, rispetto allo stesso periodo precedente, ha registrato un calo del 12% dovuto a una flessione dei prezzi del petrolio che ha perso il 14% solo nell’ultimo trimestre andando a influenzare la prestazione del segmento E&P (l’esplorazione e la produzione), il “motore” principale del gruppo. La società ha comunque definito «solido» il risultato. Al contempo, hanno registrato risultati in crescita sia la divisione Gas (GGP e Power) che quella della Raffinazione, tornata in utile, mentre la chimica continua a registrare una perdita in un quadro complessivo a livello europeo che resta segnato da una prolungata recessione. Quanto ai primi nove mesi dell’anno, il risultato dell’utile operativo proforma rettificato si è attestata a 9,36 miliardi, in calo del 19% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima.

L’amministratore delegato, Claudio Descalzi, ha parlato di risultati «eccellenti» ponendo l’accento su un aspetto determinante che ha permesso la crescita finanziaria del gruppo, vale a dire l’aumento della produzione di petrolio, in crescita del 6% rispetto al 2024. Secondo Descalzi, ciò «ci consente di alzare la guidance annuale sino a 1,72 milioni di barili al giorno confermando il trend di accelerazione destinato a proseguire nei prossimi mesi grazie ai nuovi campi in sviluppo in Congo, Emirati, Qatar e Libia, e all’avvio della combinazione di business in Indonesia e Malesia che costituirà uno dei principali player sul mercato del Gnl nel continente asiatico». Negli ultimi mesi, infatti, ENI ha investito massicciamente in attività di ricerca di nuovi giacimenti e perforazione in Africa e in Asia: in particolare, ENI ha assegnato alla connazionale Saipem nuovi contratti per un valore di 135 milioni di dollari per esplorare nuove aree strategiche dall’Africa Occidentale la Mediterraneo fino all’Indonesia. Inoltre, ENI pochi mesi fa ha investito dieci miliardi di dollari in Indonesia (nel Kalimantan Orientale) per la produzione di gas naturale e GNL.

Un altro aspetto cruciale per i risultati del Cane a sei zampe è, secondo lo stesso amministratore delegato, il modello satellitare introdotto da ENI, che ha permesso di valorizzare i business legati all’“upstream” (si tratta dell’esplorazione e dello sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas) e alla transizione energetica. Il modello satellitare consiste nella creazione di società indipendenti in grado di accedere al mercato dei capitali con una loro autonomia, così da poter finanziare la propria crescita rivolgendosi a investitori specializzati. Secondo la società, ciò consentirebbe di «accelerare lo sviluppo dei nuovi business ad alto potenziale legati alla transizione energetica, ma mantenendo la solidità che ci contraddistingue nelle attività tradizionali […]». Se da un lato, il colosso energetico ha spesso sottolineato l’attrattività delle sue controllate per il mercato, dall’altro, tale modello si traduce in quella tendenza a privatizzare parti di società strategiche per la sicurezza nazionale che è proseguita e si è accentuata con il governo Meloni. Tra le operazioni di questo tipo, ENI non ha solo firmato a giugno un accordo con il fondo statunitense Ares Management che prevede la cessione del 20% delle azioni di Plenitude, ma ha anche ceduto il 25% del capitale sociale di Enilive al fondo statunitense KKR. Come si nota, si tratta prevalentemente di aziende americane che entrano nelle aziende strategiche italiane con ripercussioni economiche e geopolitiche.

È proprio questa strategia di business che prevede la privatizzazione di aziende strategiche che avrebbe contribuito secondo Descalzi all’aumento degli utili della società. L’amministratore delegato, infatti, ha citato proprio alcune di queste cessioni: «La valorizzazione dei nostri business continua con l’incasso dalla cessione del 30% del campo di Baleine in Costa d’Avorio, secondo il consolidato dual exploration model, e con l’avanzamento della cessione del 20% della quota di Plenitude al fondo Ares, per il quale tutte le condizioni sospensive sono state completate. Con questa operazione i due business di Enilive e Plenitude hanno determinato incassi per circa 6,5 miliardi negli ultimi due anni».

In sintesi, l’aumento degli investimenti in ricerche di nuovi giacimenti e in attività di perforazione in tutto il mondo e il modello satellitare – che comporta la cessioni di quote di minoranza a aziende straniere – ha consentito a ENI di registrare risultati migliori rispetto a quelli attesi. A ciò si aggiunge anche un contesto di prezzi del greggio deboli e di un euro in rafforzamento che hanno consentito al Cane a sei zampe un’ottima prestazione economico-finanziaria, a scapito però della tanto sbandierata transizione energetica e della difesa degli asset nazionali, specie di quelli considerati strategici.

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Giorgia Audiello

Laureata in Economia e gestione dei beni culturali presso l'Università Cattolica di Milano. Si occupa principalmente di geopolitica ed economia con particolare attenzione alle dinamiche internazionali e alle relazioni di potere globali.

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