Il 26 settembre scorso, a 24 ore dal suo arresto, Sylla Mamadou Khadialy moriva nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. 35 anni, senegalese, l’uomo era stato fermato il 25 settembre perchè accusato di due aggressioni. Attivista, sarto, autista Piedibus e calciatore dilettante, Mamadou era era conosciuto e stimato all’interno della comunità. Il garante dei detenuti della Campania e quello di Caserta chiedono chiarezza, sottolineando che l’uomo avrebbe avuto bisogno di cure psichiatriche urgenti in ospedale. I familiari denunciano l’uso ravvicinato di sedativi senza adeguata documentazione, somministrati tra pronto soccorso, Polfer e carcere. Numerose associazioni locali hanno organizzato una mobilitazione a Caserta per chiedere verità e giustizia per la sua morte.
Dopo il fermo per presunti reati di aggressione, Mamamdou si trovava al momento dell’arresto in un forte stato di agitazione, tanto da essere trasferito all’ospedale di Caserta, dove avrebbe ricevuto una terapia farmacologica – probabilmente un sedativo -, per essere poi trasferito al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Il garante dei diritti dei detenuti della provincia di Caserta, Salvatore Saggiomo, ha riferito che «al momento dell’ingresso in carcere, Sylla Mamadou presentava uno stato di dissociazione dalla realtà, manifestando una forte agitazione e atteggiamenti aggressivi verso chiunque si avvicinasse», motivo per il quale «è stato posto in isolamento nella cella di matricola», dove avrebbe risposto con violenza ai tentativi di avvicinamento del personale sanitario. Secondo quanto riferito da Saggiomo, le condizioni di Mamadou erano tali per cui il medico psichiatra avrebbe ritenuto opportuno «un trasferimento in una struttura ospedaliera specializzata in emergenze psichiatriche acute». A quel punto è stato richiesto l’intervento del 118, ma il TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) non sarebbe mai stato effettuato. «Il personale sanitario ha somministrato farmaci, ma il medico penitenziario non è stato informato né sulla tipologia né sul dosaggio, e rimane poco chiaro come il detenuto sia stato dimesso dall’ospedale nonostante fosse ancora in stato di alterazione e aggressività». Poche ore dopo, la morte.
Organizzazione e collettivi attivi sul territorio campano si sono immediatamente mobilitati per chiedere verità su quanto accaduto a Mamadou. «Non si può morire così, nei luoghi che dovrebbero tutelare le persone, dove invece si trova opacità e disumanizzazione» hanno commentato in una nota l’ex OPG occupato Je So Pazzo, Movimento Migranti e Rifugiati Napoli e altre realtà locali. «Conoscevamo Sylla da oltre 7 anni, siamo diventati amici e compagni condividendo momenti di divertimento durante le assemblee e le manifestaizoni; e poi durante le battaglie per portare alla luce, grazie anche alla sua determinazione, la realtà malata dei centri di accoglienza nel casertano. Grazie a quella lotta riuscimmo a ottenere il suo trasferimento ed entrò a far parte della comunità dello Sprar di Caserta». Nella giornata di ieri, 30 settembre, proprio a Caserta si è svolto un presidio, con le persone che si sono mosse da piazza Dante fin sotto alla Prefettura per chiedere alle istituzioni di dare una risposta su quanto accaduto.
Negli ultimi anni, il carcere di Santa Maria Capua Vetere è salito più volte agli onori della cronaca per le violenze portate a termine contro i detenuti. Nel 2022, 105 tra funzionari e poliziotti finirono a processo per tortura, lesioni, abuso di autorità, falso in atto pubblico e cooperazione nell’omicidio colposo del detenuto algerino Lakimi Hamine, 28 anni, posto in isolamento dopo un pestaggio e ritrovato poi morto. I fatti avevano avuto luogo nel 2020, in pieno lockdown per la pandemia da Covid 19, quando nel carcere si sollevò una protesta dei detenuti alimentata dal terrore del contagio e dall’alto tasso di sovraffollamento. Gli agenti avevano risposto con immane violenza, come dimostrato dalle stesse immagini delle videocamere del carcere. Negli anni successivi, una trentina tra coloro che erano coinvolti nei fatti sono stati reintegrati.