La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha dichiarato «manifestamente infondato» il ricorso di Alfredo Cospito contro il regime carcerario del 41-bis. I giudici hanno stabilito che le autorità italiane hanno fornito prove sufficienti per giustificare la misura detentiva, anche considerando il peggioramento delle sue condizioni di salute, causato dallo sciopero della fame che l’anarchico ha portato avanti per mesi per protestare contro un regime carcerario definito “di tortura” non solo dal legale di Cospito, Flavio Rossi Albertini, ma anche da un rapporto di Amnesty International e, in alcuni suoi aspetti, in passato proprio dalla stessa CEDU. Il 41-bis è un regime carcerario di totale isolamento pensato originariamente per i boss mafiosi, tuttavia Cospito ci si trova dal maggio 2022 in quanto accusato di aver pubblicato proclami giudicati “sovversivi” su riviste anarchiche mentre si trovava in carcere.
Il ricordo era stato presentato alla CEDU il 15 marzo 2023. Per quasi sei mesi Cospito non ha mangiato, mettendo a rischio la propria vita per denunciare le proprie condizioni carcerarie e dei quasi 750 detenuti che vivono nelle stesse sezioni. Davanti alla corte Cospito ha ribadito che il 41-bis gli era stato applicato arbitrariamente, denunciando la natura invasiva delle restrizioni subite in quel regime nonché la mancanza di un’adeguata motivazione per la quali era lì recluso. Ha anche ribadito che le sue condizioni di salute erano incompatibili con la detenzione e che temeva di essere obbligato a cure mediche forzate, dato il lungo sciopero della fame a cui si stava sottoponendo, iniziato il 20 ottobre 2022 e finito il 9 aprile 2023.
La Corte Europea in passato aveva evidenziato criticità tra il regime del 41-bis e tre articoli della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: il numero 3 (che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti), il numero 8 (che stabilisce il diritto inviolabile alla vita privata e familiare) e il numero 13 (che prescrive il diritto a un ricorso effettivo da parte dei detenuti). Nonostante questo, la CEDU ha rigettato il ricorso sentenziando che: “l’ordinanza ministeriale dà una descrizione dettagliata e personalizzata, basata su prove fornite da diversi organismi e agenzie statali, tra cui, tra l’altro, i precedenti penali, le sue condanne penali, il suo ruolo all’interno di quelle che sono definite associazioni sovversive e, in particolare, alcuni movimenti anarchici”, evidenziando come le comunicazioni dalla prigione del detenuto “incitassero alla violenza”. Sulle condizioni di salute, la CEDU sostiene che Cospito fosse informato sugli effetti e sulle conseguenze dello sciopero della fame e anche del tipo di trattamento medico gli sarebbe stato somministrato a causa del deterioramento delle sue condizioni di salute.
Alfredo Cospito è stato condannato a 23 anni per “strage”, nonostante “l’attentato” di cui è stato giudicato responsabile è stato il collocamento di un ordigno esplosivo a basso potenziale e collocato appositamente di notte, quando non vi era nessuno che potesse rimanere ferito, fuori da una caserma dei carabinieri. Da maggio 2022 è sottoposto al regime di 41-bis nel carcere di Bancali, a Sassari, in Sardegna, rinchiuso per 23 ore al giorno in una cella posta in parte sotto al livello del mare. Dopo lo sciopero della fame è stato inoltre sottoposto ad aggiuntive forme di controllo e pena, giudicate punitive e di vendetta dall’avvocato, come il divieto di acquistare libri e il sequestro della foto dei genitori morti che teneva appesa dentro la cella.
Vari processi per la quale è stato accusato sono caduti in un nulla di fatto, come l’inchiesta Sibilla, una delle ragioni per la quale è stato mandato in 41-bis. Un’inchiesta che accusava 12 persone tra cui Cospito di istigazione a delinquere e di istigazione all’eversione, aggravate dalla finalità di terrorismo semplicemente per la pubblicazione di una rivista anarchica denominata Vetriolo.
«Prendiamo amaramente atto della decisione, tutto sommato scontata, la giurisprudenza della Cedu è nota e non lasciava grandi speranze di successo», ha dichiarato l’avvocato difensore, Flavio Rossi Albertini. «Tra pochi mesi scadrà il termine di quattro anni del provvedimento applicativo e vedremo quali saranno i pareri che giungeranno al Ministro Nordio sulla necessità o meno del rinnovo. Già nel 2022 la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo aveva rivisto il proprio parere sulla necessità del 41 bis per Cospito associandosi alla difesa nel richiedere una revoca anticipata del l’afflittivo regime detentivo. Nonostante l’attuale fase politica sia improntata al populismo penale e alla repressione del dissenso, speriamo che la direzione nazionale confermi il convincimento espresso».